«Cuochi italiani in fuga in Svizzera? Chi è causa del suo mal pianga sé stesso»

«Ci rubano anche i cuochi». È il titolo in prima pagina della Prealpina, che denuncia, dopo il caso degli infermieri, la «crisi di personale nei ristoranti», in «fuga» verso la Svizzera. Secondo il giornale lombardo, bar e ristoranti del Varesotto sarebbero alle prese con una vera e propria emorragia di professionisti del settore: camerieri, ma anche cuochi, che sempre più spesso passano il confine alla ricerca di una busta paga più pesante.
Da noi interrogato, il presidente di GastroTicino Massimo Suter ha commentato: «Furto di cuochi? Un'uscita più che legittima, ma non è stata scoperta l'acqua calda. È qualcosa di storicamente riconosciuto il fatto che la Svizzera risulti più attraente rispetto all'Italia, per determinati mestieri». Tra questi, spiega Suter, sicuramente anche quelli che riguardano il settore della gastronomia. «Il problema della mancanza di forza lavoro qualificata interessa anche il Ticino. Ma forse in Italia ci si sta rendendo conto che a livello di realtà salariale si è rimasti parecchio indietro: su questo tema c'è sicuramente margine di manovra».
Del resto, ricorda il presidente di GastroTicino, nella vicina Penisola si è a lungo discusso sul contratto collettivo per chef e camerieri, scaduto anni fa e arrivato a un rinnovo solo nello scorso mese di giugno: «Chi è causa del suo mal pianga sé stesso», commenta Suter.
Ma non è solo la questione dei salari a definire i contorni di una crisi, quella della forza lavoro nel settore della gastronomia, che, appunto, tocca ancora il Ticino. «Anche da noi la mancanza di personale è un problema cronico. Paradossalmente, la situazione congiunturale (il forte calo nella cifra d'affari registrato negli ultimi sei mesi nella ristorazione, ndr) ci ha dato una mano a nascondere l'evidenza: nel nostro settore manca del personale».
Difficoltà
Meno di un mese fa, del resto, la Federazione degli esercenti e degli albergatori del Ticino aveva lanciato l'allarme: «La ristorazione è in ginocchio». Con cali nelle cifre d'affari che variano fra il 20 e il 50%, l'associazione di categoria teme che alcune attività potrebbero essere costrette a chiudere tra fine anno e l'inizio del 2025.
Evidente, negli ultimi mesi, l'impatto del maltempo, che nella nostra regione ha scoraggiato il turismo: mentre il resto della Svizzera è alle prese con vere impennate di pernottamenti (da alcuni definite "overtourism"), il nostro cantone ha registrato cali: -3,7% a 0,3 milioni nel mese di giugno e -5,8% a 1,0 milioni nel primo semestre. Ma come già evidenziato a suo tempo dal comunicato diffuso da GastroTicino, Suter sottolinea che il problema va al di là del turismo. A pesare sono in particolare l’inflazione, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, e l’impennata dei premi delle casse malati: tutti fattori che spingono la popolazione a «risparmiare tagliando le spese non indispensabili quali, appunto, quelle legate alla ristorazione». «La ristorazione non è legata esclusivamente ai dati dei pernottamenti. Ci basiamo anche sul mercato interno e sul turismo di giornata. È chiaro, oggi, che la situazione congiunturale nel nostro territorio, con un calo del potere d'acquisto della clientela, si ripercuote anche sulle entrate dei ristoranti. I clienti ci vanno con minor frequenza o non ci vanno proprio. Chi ci va, spende di meno rispetto a quanto faceva in anni migliori», sottolinea Suter.
Insomma, se il meteo, da un paio di settimane, sta concedendo al cantone giornate soleggiate che invogliano maggiormente a uscire, il problema della congiuntura economica rimane: «Lavoriamo duramente, come sempre, ma con margini di guadagno minori».