Da bambino sfuggì ai nazisti: è diventato un grande cardiologo

LUGANO - I promotori del convegno di giovedì e venerdì a Lugano lo descrivono come «una leggenda vivente della cardiologia», ma il ritratto di Eugene Braunwald, novant’anni il prossimo agosto, non può limitarsi agli studi, alle cattedre e alle onorificenze che ha accumulato nella sua carriera. La sua è una storia che ha attraversato la storia, quella con la «s» maiuscola. È passata anche dalla Svizzera, dove il dottore sta per tornare come ospite d’eccezione. La mattina del 30 luglio 1938, in una Vienna da poco annessa alla Germania di Hitler, la situazione è diversa. William Braunwald e la moglie Claire, di origini ebree, dicono ai figli Jack e Eugene di prepararsi per uscire: si va a fare un pic-nic. Al piccolo Eugene sembra strano, perché in quel periodo i bambini come lui non possono lasciare le mura di casa, nemmeno per andare a scuola. La famiglia prende con sé qualche panino, un termos e poche altre cose, e presto diventa chiaro che non ci sarà nessun pranzo all’aperto: è una fuga. I Braunwald prendono un taxi e poi un treno che li porti lontano. Il nostro Paese lo vedono passare dai finestrini; la loro destinazione è Londra, che raggiungono dopo due giorni di viaggio. «Arrivammo stanchi e spaventati – ricorderà il professore – Ero l’unico della famiglia a saper parlare inglese, dato che un tutor me lo aveva insegnato». Anche se ha solo nove anni, il ruolo dell’interprete tocca a lui. I primi tempi in Inghilterra non sono facili, poi Eugene inizia ad ambientarsi, conosce nuovi amici e diventa uno studente modello. Sembra aver trovato la serenità, finché gli eventi storici incrociano un’altra volta il suo cammino. Il 1. settembre 1939 i nazisti invadono la Polonia e la Gran Bretagna, dopo aver dichiarato guerra alla Germania, decide che tutti i ragazzini di Londra devono rifugiarsi in campagna. Sono più di cinquecentomila, compresi Eugene e il fratellino Jack. Di loro si prende cura la famiglia Whites, finché un giorno arriva un telegramma. Ancora un viaggio. «È deciso – scrivono i loro genitori – andiamo in America». Un altro treno riporta i bambini da mamma e papà e insieme, a bordo di un piroscafo, raggiungono gli Stati Uniti. Comincia una nuova vita per Eugene, che inizialmente studia per diventare ingegnere. Se la cava, ma la tecnologia «pura» non lo soddisfa del tutto. «Volevo in qualche modo combinare la scienza con le persone – spiegherà il dottore – e non c’è nulla che lo faccia più della medicina. Alla fine ho scelto la cardiologia perché in essa c’è più ingegneria di qualsiasi altra specialità medica. In cardiologia mi occupo di pompe, come nell’ingegneria meccanica. Ma anche di elettricità, quindi c’è anche un po’ d’ingegneria elettrica. Con la cardiologia, così, sono riuscito a combinare i miei interessi». E li combina bene, a giudicare dai riconoscimenti ottenuti negli anni. Porta avanti i suoi studi anche in Messico, la cui scuola di cardiologia, a detta sua, è la più valida. «Noi abbiamo la tecnologia – dirà – ma loro hanno la pratica. Il miglior libro di cardiologia è il paziente stesso».
Farmaci sotto la lente
Al Palazzo dei congressi, in occasione del convegno della Società Internazionale di Farmacoterapia Cardiovascolare (www.iscp2019.com) che torna in terra elvetica dopo ventisette anni, esperti da tutto il mondo discuteranno sui medicamenti per la cura e la prevenzione delle malattie cardiovascolari, come quelli per il controllo dell’ipertensione arteriosa, dei disturbi dei grassi, del diabete e dello scompenso cardiaco. Braunwald parlerà di alcune medicine non ancora sul mercato che potrebbero prevenire l’infarto miocardico. Il suo è un intervento atteso, immaginiamo. La Svizzera, stavolta, non è solo un passaggio.