Da casa popolare a concept store, con nuovi ristoranti in arrivo: tutte le vite del Quartiere Maghetti
Ottanta posteggi, 60 appartamenti, 40 negozi, 24 spazi commerciali, un parco giochi, un cinema. Solo alcune cifre per caratterizzare il Quartiere Maghetti, dal 1984 presente in questa forma architettonica, colorata dal 1999 e rimodellata negli spazi commerciali dal 2017. Con Riccardo Caruso, direttore della Fondazione Maghetti, disegniamo un quadro della situazione attuale e futura del Quartiere.
Concetto convincente
«Il presente e il futuro del Quartiere riprendono quanto era stato concepito all’inizio degli anni Ottanta – spiega Riccardo Caruso – quando la proprietà aveva deciso non tanto di costruire uno stabile qualsiasi, quanto un vero e proprio quartiere, sia abitativo, sia commerciale». Un’idea rivelatasi vincente. «Malgrado le difficoltà contingenti, si è sempre mantenuta la stessa linea di condotta orientata a rispondere alle richieste delle persone, ossia proporre una variegata qualità di servizi». «Da quello che percepiamo, la popolazione e i diretti interessati sembrano apprezzare questa scelta e ciò è per noi motivo di grande soddisfazione».
Il comparto commerciale
“Il restyling messo in atto nel 2017 ha portato alla creazione di una sorta di galleria che sta dando buoni risultati», osserva Caruso. «Il Quartiere è un passaggio centrale, un ponte tra il centro cittadino e le vie che conducono in altre zone della città. Non si voleva che questo spazio fosse solo ‘un palazzo con dei negozi sotto’, ma un luogo elegante che da via di transito potesse costituire anche un luogo di sosta attrattivo grazie alle sue diverse proposte».
Piazza Maghetti
In merito all’immediato futuro, Riccardo Caruso spiega che la piazza Maghetti, pensata come luogo di ristorazione per eccellenza, a breve troverà due nuovi inquilini. «Il fulcro del progetto, sin dall’inizio prevedeva che la piazza fungesse da spazio privilegiato per le attività gastronomiche. Vicissitudini varie hanno portato al suo svuotamento, ma entro due mesi - pandemia permettendo - i due spazi laterali che abbracciano la piazza verranno occupati da due ristoratori che proporranno offerte culinarie esclusive».
E il tetto mobile?
Non si materializzerà invece progetto di copertura mobile della piazza. «Si sarebbe trattato di un investimento molto importante, ma per il momento è stato accantonato perché non ci è più stato richiesto», osserva il direttore della Fondazione Maghetti. «Un Quartiere per il quale si è investito comunque molto, portandolo a riposizionarsi a pieno titolo nel centro di Lugano, sia a livello di immagine e di nuove attività, sia per il completamento della pavimentazione pedonale», conclude Riccardo Caruso. Un passaggio di 100 metri quadrati in cui il visitatore può davvero trovare e fare molte cose, come darsi una sfoltita ai capelli, visitare una mostra, rifocillarsi in un bar, parlare di cinema con il responsabile Ferruccio Piffaretti, rendere visita a don Emanuele Di Marco, direttore del ‘nuovo’ Oratorio.
C’era una volta
Guardando il campetto sintetico e i due canestri per la pallacanestro dell’Oratorio, la memoria riporta all’Oratorio maschile. Don Emanuele lascia spazio a don Domenico Galli, oggi sacerdote a Coldrerio. Grande appassionato di sport, eccolo indossare training e scarpe da ginnastica e arbitrare una partita di calcio organizzata dalla Società “Libertas”. Dall’ultimo piano della casa popolare un bambino li guarda. È Roberto Sorci, oggi segretario comunale di Cadempino, inquilino del Maghetti dal 1963 al 1981. «Che emozione pensare a quella casona quadrata con tutti quegli appartamenti semplici e spartani che circondavano l’Oratorio. Abitavo all’ultimo piano sopra la Croce Verde di Lugano. Sentivi partire le ambulanze a sirene spiegate a tutte le ore e le partite di calcio del sabato pomeriggio s’interrompevano per farle uscire». Un grido dal campo di basket: «Bernardino, passa la palla». A passarci la testimonianza, Bernardino Bulla, oggi Presidente del Consiglio d’Amministrazione di BancaStato. «Bei tempi quelli dell’Oratorio! Oltre a consentirci di trascorrere il tempo libero in modo sano e al sicuro da influenze nefaste ci ha consentito di fare delle conoscenze di cui serbo ancora piacevole memoria. Assieme ai miei quattro fratelli, siamo stati tutti indirizzati dai nostri genitori alla frequentazione dell’Oratorio, dove aveva sede la Sezione degli Esploratori cattolici della Ceresio. Oltre allo scoutismo, si approfittava del campo da calcio e di quello di pallacanestro così come del locale del “trottolino” e del cinema Astra, fruibile al prezzo scontato di 0.50 cts. previa timbratura di una cartolina per coloro che frequentavano la messa della domenica. Il campo da calcio era in ghiaietto. Atroce. Chi cadeva andava a sangue. Il sedime dedicato alla pallacanestro, dove si allenava la Fides, puro asfalto altamente abrasivo. Non un salotto, ma quanto ci siamo divertiti».