La domenica del Corriere

Dal «fifone» al «pasticcione», le pagelle di metà legislatura

Governo e Parlamento alla lente di quattro giornalisti
©Chiara Zocchetti
Red. Cantone
02.03.2025 20:00

A grandi passi siamo quasi giunti a metà legislatura e per Governo, Parlamento e partiti è tempo di pagelle e di chiedersi: qual è lo stato di salute della politica cantonale? Una domanda a cui quattro giornalisti che si occupano di cronache parlamentari (Laura Milani, Teleticino; Paolo Ascierto, RSI; Paolo Gianinazzi, Corriere del Ticino e Jacopo Scarinci, laRegione) hanno provato a rispondere nell’ultima puntata de La Domenica del Corriere, sollecitati dalle domande del vicedirettore Gianni Righinetti.

La puntata, va da sé, è partita dalla pagella al Governo. Un Esecutivo che, a mente di Milani, «meriterebbe un ‘quattro meno meno’: non mi sembra ci siano stati grandi cambiamenti. Ho ritrovato negli scorsi giorni degli appunti del 2016 e i temi erano sempre quelli: revisione della spesa, sgravi contro sussidi. E quindi mi sembra ci sia un certo immobilismo, in un Governo collegiale fino allo sfinimento. Ma va anche detto che non ha un compito facile tra le mani».

«Darei al Governo due note distinte – ha invece affermato Gianinazzi –: come amministratore può anche prendere un 4,5. Ma come organo politico prende un’insufficienza. È vero che non è facile governare quando bisogna fare risparmi, ma ho un po’ l’impressione che i consiglieri di Stato dimentichino di essere dei politici che rappresentano il popolo e si limitino a essere dei super-funzionari. Manca il dare una direzione al Paese».

Per Ascierto, invece, potremmo definirlo «un Governo fifone», poiché «manca un po’ di coraggio nel portare avanti certi temi, magari anche controversi. Lo hanno fatto con la riforma fiscale, ma ci sono temi che sono fermi da anni». Si pensi, ha aggiunto, «al sistema sanitario, che dovrebbe essere la priorità». «Un Governo insufficiente», ha tagliato corto Scarinci: «Anche con tutta la buona volontà non riesco a dare una sufficienza». A mancare, sono «due elementi fondamentali in questa fase storica: non c’è alcuna visione (e i preventivi lo testimoniano) e non c’è coraggio (perché è un Governo chiuso in un dipartimentalismo sfrenato). Sembra dunque un Consiglio di Stato pauroso dell’essere potenzialmente divisivo. E poi è il Parlamento a dover fare le veci del Governo».

Già, e del Gran Consiglio, che cosa dire? Il matrimonio tra Legislativo e Esecutivo – ha chiesto Righinetti – è impossibile? «Se il Governo è fifone – ha risposto Ascierto – allora il Parlamento è pasticcione. Andare d’accordo? Sarebbe bello, ma prima di tutto dovrebbero iniziare ad andare d’accordo le forze politiche che stanno in Parlamento. Veniamo da un preventivo votato da 33 deputati, un terzo del Parlamento. In questa fase, ricucire sarà durissima».

«Non è possibile fare ogni anno le stesse discussioni sul preventivo», ha dal canto suo affermato Gianinazzi: «Il problema è che in Parlamento ogni volta si trova un nuovo ‘triciclo’, una nuova alleanza. Dovrebbero invece essere in grado di fare ragionamenti sul lungo termine, più strutturali». Va anche detto, ha quindi aggiunto Scarinci, «che il Consiglio di Stato si sente solo perché ha davanti a sé un Parlamento che a parole dice che bisogna risparmiare, ma poi quei risparmi li toglie. Il Parlamento dovrebbe essere più vicino al Governo nel dare una linea chiara» al Paese. È maggiore la debolezza del Governo – ha dunque chiesto Righinetti – o l’inefficacia del Parlamento? «Il matrimonio è impossibile – ha risposto Milani –, perché non fanno altro che rimbalzarsi la colpa. Ma la colpa viene da entrambi: il Governo manca di visione, ma è difficile dare una visione quando hai di fronte un Parlamento inconcludente. Manca una linea, anche all’interno degli stessi partiti. Non ci sono alleanze molto chiare». Un concetto ribadito da Scarinci: «Non abbiamo ancora capito se queste finanze vanno risanate oppure no. Il Parlamento non ha ancora una linea chiara. È una maggioranza non identificabile, che non esiste, ma che dovrebbe» dire chiaramente in quale direzione andare. «Il Consiglio di Stato i suoi tagli gli ha fatti. Il Parlamento no, soprattutto nel 2024», ha rincarato Ascierto. «Poi arrivano gli 80 milioni della BNS e tutti dicono come spenderli». In tutto ciò, ha chiosato, «c’è un po’ di populismo».