Giudiziaria

Di quella piscina a Canobbio resteranno solo i gonfiabili

Il Tribunale federale ha respinto il ricorso della proprietaria che si opponeva alla demolizione – L’opera è stata realizzata nonostante l’ordine del Municipio di sospendere i lavori e una licenza edilizia negata –«Chi pone l’autorità di fronte al fatto compiuto deve aspettarsi che prevalga il ripristino della situazione»
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Valentina Coda
15.03.2024 06:00

Non ci sono solo furiose liti tra vicini per l’altezza delle siepi a scalare i vari gradi di giudizio e approdare davanti ai giudici di Mon Repos. Questa volta al Tribunale federale è comparsa una piscina, che è stata edificata a Canobbio in barba alle norme edilizie. Il motivo? Non figurava nella domanda, inoltrata al Comune, per costruire due abitazioni unifamiliari. Le autorità comunali si sono accorte dopo della sua esistenza, e i lavori sono stati ultimati nonostante l’ordine di sospenderli, oltre al diniego della licenza edilizia in sanatoria. Risultato? Anche i «togati» di Losanna hanno respinto il ricorso dell’attuale proprietaria e ordinato la demolizione della piscina.

Questione (anche) di metri

È il 2013 e viene chiesto al Municipio di Canobbio il permesso per costruire due abitazioni a dieci metri dal bosco. Licenza edilizia in mano, i lavori iniziano. Ma durante un controllo del cantiere, l’autorità comunale si rende conto che sul terreno si sta costruendo una piscina non prevista nell’incarto. Il Municipio intima così al vecchio proprietario di fermare i lavori e di inoltrare una domanda in sanatoria. Ma la richiesta per la realizzazione della piscina indica sette metri dal limite del bosco, e non più dieci. Quindi, licenza edilizia negata in sanatoria, ordine di demolizione e ripristino della situazione.

La nuova proprietaria del terreno, subentrata a quello precedente, inizia così una serie di ricorsi: da una parte critica «l’inadeguatezza della motivazione della risoluzione del Municipio, che avrebbe emanato l’ordine di demolizione senza preventivamente concederle la possibilità di esprimersi» e dall’altra «la mancata assunzione di mezzi di prova da lei proposti, in particolare il mancato esperimento di un sopralluogo da parte del Consiglio di Stato prima e della Corte cantonale poi», oltre al fatto che «non sarebbe stata determinata concretamente e correttamente la distanza dal bosco» della piscina.

«Di fronte al fatto compiuto»

Il Tribunale federale ha recentemente sentenziato che sì, quella piscina è «un’opera abusiva» e deve essere demolita, appoggiando quindi le decisioni del Consiglio di Stato prima e del Tribunale cantonale amministrativo poi. Nel dettaglio, i giudici di Mon Repos hanno stabilito che «chi pone l’autorità di fronte al fatto compiuto deve quindi aspettarsi che, di fronte agli inconvenienti che derivano da un ordine di demolizione, prevalga il ripristino di una situazione conforme al diritto».

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