Disordini, l’FC Chiasso salva gli ultras
CHIASSO - Si è dissolto nelle ultime ore l’alone di mistero che da settimana scorsa avvolgeva le possibili misure da adottare nei confronti degli ultras dell’FC Chiasso che il 4 maggio, al termine dell’incontro col Vaduz, avevano fatto irruzione a bordo campo e nell’area degli spogliatoi per insultare e minacciare i giocatori della loro squadra dopo la sconfitta patita sul rettangolo verde: contrariamente alle indicazioni fornite sei giorni fa sia dal direttore generale della società calcistica Nicola Bignotti sia da Ivan Belloni, presidente dell’agenzia di sicurezza incaricata del servizio d’ordine allo stadio Riva IV, da parte del club non è stata inoltrata alcuna denuncia alla polizia cantonale. Quindi, dato che per sanzionare i tifosi responsabili di intemperanze all’interno di un impianto sportivo deve essere la società padrona di casa a segnalare l’accaduto alle forze dell’ordine, non partirà un’inchiesta. Di fatto, come conferma adesso lo stesso Bignotti smentendo quanto dichiarato settimana scorsa, nessun sostenitore della compagine rossoblù rischia la diffida da stadio e il divieto d’area. Nonostante dai filmati trasmessi nei giorni scorsi si riconoscano diversi autori dell’invasione a bordo campo - tra cui figurano ultras locali noti per essere già stati banditi da tutti gli stadi elvetici ed avere subito condanne penali, nonché un paio di dipendenti comunali, uno della cittadina e uno di Castel San Pietro - l’FC Chiasso ha infine deciso di graziare gli esagitati. Che cosa ha indotto il club a fare marcia indietro rinunciando, in un momento in cui - anche sulla scorta dei recentissimi disordini dei quali si sono macchiati dei tifosi del Grasshopper - viene invocato il pugno di ferro contro la teppaglia che infesta gli stadi, a sanzionare i facinorosi? Bignotti sostiene che l’agenzia di sicurezza non ha fornito all’FC Chiasso i nominativi dei responsabili dei disordini di una decina di giorni fa e per questo la società avrebbe rinunciato a sporgere denuncia alla polizia. Facciamo però notare che, da un lato, si possono fare le denunce contro ignoti fornendo alle forze dell’ordine i mezzi, in primis le immagini, per identificarli e, dall’altro, che buona parte degli esagitati è stata già riconosciuta dai filmati ed è ben nota anche ai vertici del club chiassese. Allora, il direttore generale del team rossoblù ammette che «abbiamo ritenuto di non fare denuncia perché all’interno dello stadio non c’è stata violenza, quanto accaduto è stato più fumo che arrosto». Così, però, vengono tollerati comportamenti gravi, che nulla hanno a che fare con lo sport. Dopo l’aggressione verbale subita al termine dell’incontro col Vaduz, tra i giocatori del Chiasso c’è anche chi è stato scortato sino a casa dalla polizia per il timore di subire atti di violenza. All’interno della società ha prevalso allora la paura di prendere le distanze dagli ambienti più caldi della tifoseria chiassese? «Non è questo il problema, noi abbiamo censurato subito i modi» della protesta, taglia corto Bignotti.
Ci rivolgiamo allora a Belloni, chiedendogli perché giovedì scorso abbia annunciato l’avvio di un’inchiesta da parte della Cantonale su quanto accaduto dentro il Riva IV. Il presidente della Swiss Agency Security SA rivela che subito dopo la partita col Vaduz era stato l’ufficiale di picchetto della polizia a dirgli che «sarebbero partite due inchieste separate», una a carico dei tifosi del Principato - in effetti oggetto di sanzioni per danneggiamenti fuori dallo stadio, area sorvegliata dalle forze dell’ordine - e l’altra sui sostenitori rossoblù responsabili di intemperanze dentro l’impianto. L’ufficiale, prosegue Belloni, «sottintendeva che il club avrebbe denunciato i fatti avvenuti all’interno dello stadio». Passo che, invece, l’FC Chiasso ha, come detto, preferito non compiere. «La società di sicurezza - osserva il suo presidente - ha emesso il proprio rapporto sull’accaduto e da venerdì è tutto in mano all’FC Chiasso. Il club ha però deciso di chiudere la vicenda».
Pericolo di sanzioni scampato, allora, per gli ultras del Chiasso. Chi tira il sospiro di sollievo più forte sono i due dipendenti pubblici riconosciuti nei filmati sui disordini del 4 maggio a bordo campo. In caso di diffida e di conseguente segnalazione da parte della polizia cantonale i due avrebbero rischiato provvedimenti di carattere disciplinare da parte del datore di lavoro. Con la polizia impossibilitata ad adottare misure, i tifosi in forze ai Comuni di Chiasso e Castello non dovranno rendere conto del loro comportamento ai rispettivi Municipi. In ogni caso, quello di Chiasso aveva già deciso di soprassedere. «Il dipendente comunale - fa sapere il sindaco della cittadina Bruno Arrigoni - si è scusato per iscritto sia con il Municipio sia con l’FC Chiasso. Si è inoltre «autosospeso» per le prossime partite interne ed esterne del club (ne mancano solo 3 al termine del campionato di Challenge League, ndr). Non abbiamo ricevuto scritti dal club o rapporti vari. Per noi la questione è chiusa». Dal canto suo, comunica la cancelleria comunale, l’Esecutivo di Castel San Pietro, appreso del coinvolgimento nei disordini di un proprio collaboratore, ha discusso della vicenda nella seduta di inizio settimana. Per poter avviare gli accertamenti del caso verranno richieste informazioni alla polizia cantonale. Polizia che, in assenza della necessaria denuncia dell’FC Chiasso, non potrà chiaramente fornire il supporto richiesto alle autorità comunali.