Fuori programma

Due rivoluzioni, una sola storia

Al Rivellino presentato ieri il documentario «For Our and Your Freedom» firmato dalla cineasta ucraina Larysa Artiugina – Collegata da Kyev via Zoom, l'autrice ha ribadito l'importanza dell'arte: «Il nostro Paese ripartirà non soltanto con le armi ma con la cultura»
Mattia Sacchi
09.08.2022 06:00

1991. Un anno importante nella Storia europea. Mentre in Italia Tangentopoli era ancora in incubratrice ma pronta a esplodere, il Consigliere Federale Flavio Cotti era impegnato nei negoziati per l’entrata della Svizzera, che festeggiava il suo 700simo anniversario, nello Spazio economico europeo definendoli «una serie ininterrotta di delusioni», tanto da chiedersi se non fosse meglio fare direttamente richiesta per l’adesione alla Comunità Europea. Per una Confederazione che cercava di far parte di un’entità più vasta, altri cercavano di fare esattamente il contrario, lottando per la propria indipendenza da un’Unione, quella Sovietica. Che nel ‘91 si sgretolò, proprio a causa delle rivoluzioni in Lituania e in Ucraina, a distanza di pochi mesi l’una dall’altra. «Due Paesi che condividono lo stesso destino, proprio per questo ci sentiamo vicini a loro in questo difficile momento storico», racconta Renaldas Gudauskas, direttore della Biblioteca Nazionale Lituana Martynas Mažvydas. Gudauskas è in questi giorni a Locarno per presentare «For Our and Your Freedom», documentario lituano-ucraino proiettato ieri pomeriggio al Rivellino, che per l’occasione ha anche ospitato una suggestiva installazione olografica dell’artista Arturas Luksevicius. «Per questo progetto – racconta la regista Larysa Artiugina, che per la «prima» si è collegata da Kyev via Zoom per rispondere alle domande degli spettatori -  sono stati coinvolti soldati, volontari e gente comune,  provenienti sia dalla Lituania che dall'Ucraina, i quali condividono i loro pensieri sull'amicizia tra i due paesi, la lotta comune per l'indipendenza della Lituania occupata dall'URSS nel 1991 e il contributo del popolo ucraino a questa difficile battaglia. Ma si parla anche delle manifestazioni filoeuropee del 2014, dell'aggressione della Russia cominciata in Crimea e proseguita poi in Lugansk e Donetsk. Nel film inoltre sono presenti anche i volontari lituani che all'epoca stavano organizzando gli aiuti per l'esercito ucraino».

 

 «Sebbene non siamo nel programma ufficiale – prosegue la cineasta ucraina -, per noi il Pardo è una splendida occasione per dialogare con il mondo culturale europeo. Perché non è solo tramite le armi, ma anche attraverso il sostegno culturale che il nostro Paese ripartirà. L’arte è un modo di raccontare i nostri tempi e smuovere le coscenze, oltre a essere la fiamma che tiene vivo un popolo e la sua identità». Un concetto ribadito dal direttore della biblioteca lituana: «L'unità nazionale, il patriottismo e la maturità civica dei cittadini sono cruciali di fronte alle minacce esterne: la cultura è essenziale per perseguire questi obiettivi. È uno strumento di diplomazia e di informazione. E quando un popolo è informato riflette ed è in grado di distinguere il bene dal male, rigettando l’autocrazia per scegliere l’indipendenza». Certo, è difficile parlare di cultura e di arte quando un popolo è impegnato a fronteggiare un’invasione. «In realtà so che sembra assurdo, ma la guerra sta ispirando molti artisti, che sentono il bisogno di raccontare quanto stiamo vivendo – ribatte Artiugina -. Non necessariamente ritraendo nelle varie forme artistiche le imprese militari. Ma anche mostrando la bellezza della libertà e della vita, che va comunque avanti. E parlare di vita quotidiana, di amore e di futuro, è un atto rivoluzionario di una forza devastante». Anche la cultura diventa quindi parte di una rivoluzione. E della ricostruzione di un Paese, come sottolinea Gudauskas: «La generazione di giovani lituani nata subito dopo l’indipendenza del 1991 ha generato un movimento artistico importante, forse perché c’era una ricerca di risposte sulla propria identità e sui cambiamenti vissuti, sia individualmente che come società. Cambiamenti a cui abbiamo provato a dare un risposta con la costruzione, 10 anni fa, della biblioteca nazionale che abbiamo concepito non solo per leggere libri ma anche per assistere a eventi culturali di ogni genere. Come diceva un nostro intellettuale, la biblioteca è un luogo dove le persone incontrano altre persone e la mente incontra altre menti. E questi incontri portano sempre un arricchimento di valori: perciò sono convinto che la ricostruzione dell’Ucraina dovrà passare necessariamente dalla cultura».

 

 

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