Sanità

È meglio vaccinare i nostri bimbi contro la varicella, lo sapevate?

Da gennaio l’UFSP raccomanda questa vaccinazione fra quelle di base: perché? Ne parliamo con Lisa Kottanattu, specialista in pediatria e malattie infettive, caposervizio dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana dell’Ente ospedaliero cantonale
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Marcello Pelizzari
29.01.2023 15:00

Qualcuno, portando i propri figli dal pediatra, se ne sarà accorto. Sì, da gennaio la vaccinazione contro la varicella – in Svizzera – è raccomandata come vaccinazione di base, con due dosi, per tutti i bambini fra i 9 e i 12 mesi. A dirlo è l’Ufficio federale della sanità pubblica, l’UFSP. La vaccinazione, leggiamo, va effettuata di preferenza con un vaccino combinato quadrivalente (MORV) che protegge da quattro malattie: morbillo, orecchioni, rosolia e varicella. Di più, l’autorità sanitaria raccomanda pure la cosiddetta vaccinazione di recupero contro la varicella, una o due dosi, «per tutti i bambini, gli adolescenti e gli adulti» tra i 13 mesi e i 39 anni che non hanno ancora contratto la malattia né ricevuto complessivamente due dosi di vaccino. E i costi? Da gennaio sono coperti dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie. L’assicurazione di base, quindi. 

Perché farla?

Ma perché vaccinare i nostri piccoli contro un virus tradizionalmente ritenuto blando? Abbiamo girato questa e molte altre domande alla dottoressa Lisa Kottanattu, caposervizio dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC). «Tendenzialmente – spiega la nostra interlocutrice – nella maggior parte dei casi è un virus che causa un’infezione di lieve entità. Febbre e tipiche vescicole che provocano prurito. È una malattia cosiddetta dell’infanzia, relativamente blanda. È pur vero, però, che in età pediatrica vi sono – in minima parte – delle complicazioni. Secondo l’OMS, che prende in considerazione non solo dati pediatrici, nel 3% dei casi si sviluppano complicazioni, mentre nello 0,5% si rende necessario un trattamento in ospedale. Queste complicanze aumentano con l’aumentare dell’età. Nei bambini le vediamo, certo: nell’ultimo mese, ad esempio, sono stati trattati due bambini che hanno avuto delle sovrainfezioni batteriche a seguito di una varicella, e necessitanti di una terapia antibiotica in vena. Tra le altre complicazioni, ci sono quelle respiratorie, ad esempio polmoniti virali, e quelle neurologiche, ad esempio cerebellite, vasculite cerebrale, ictus». 

«Il rischio di queste complicanze aumenta con l’aumentare dell’età», dice Kottanattu. L’UFSP spiega inoltre che il virus della varicella resta in circolo nell’organismo per tutta la vita. Dovesse riattivarsi in età adulta, può provocare il fuoco di Sant’Antonio, ossia l’Herpes Zoster. Che non è proprio una passeggiata… Significa che, per tutto questo tempo, abbiamo sottovalutato un simile rischio? «Prima che venisse raccomandata per i bambini fra i 9 e i 12 mesi – prosegue la dottoressa – la vaccinazione per la varicella era comunque consigliata tra gli 11 e i 14-15 anni alle ragazze e ai ragazzi che non avevamo contratto la malattia in precedenza. E questo con lo scopo di evitare l’infezione e, di conseguenza, l’aumentato rischio di possibili complicazioni». 

La questione no-vax

Secondo uno studio, il 96% circa dei bambini nati e cresciuti in Svizzera ha contratto la varicella. Riproponiamo la domanda di partenza, formulata in altro modo: come hanno reagito i genitori alla notizia che nel percorso vaccinale dei loro figli dovranno includere anche il preparato per questo virus? «Lavorando in ambito ospedaliero, non ho sentito così tante reazioni, anche perché siamo confrontati con una casistica diversa rispetto a quella con cui hanno a che fare le colleghe e i colleghi che operano sul territorio e che più spesso affrontano il tema delle vaccinazioni con i propri pazienti. Parlando spesso con i miei colleghi, posso però dire che molti genitori medici hanno vaccinato i propri figli piccoli contro la varicella, e questo ancora prima della nuova raccomandazione dell’UFSP». 

Rovesciando la questione, a Kottanattu chiediamo se la raccomandazione dell’UFSP andasse pubblicizzata di più, viste le possibili complicazioni in età adulta. O, in alternativa, se sia sufficiente in questo senso il rapporto diretto fra le famiglie e il pediatra di fiducia: «Se c’è un vantaggio, in Svizzera, è proprio la possibilità, da parte dei pediatri, di effettuare controlli di routine e di informare i genitori, chiarendo eventuali dubbi. Allo stesso modo, anche i medici di famiglia sono aggiornati e possono indicare la vaccinazione qualora si trovassero di fronte a un paziente adulto che non ha mai avuto la varicella».

La varicella, ancora più del morbillo, è considerata una banale malattia dell’infanzia. Quasi tutti noi l’abbiamo avuta da piccoli. Posso immaginare che ci saranno famiglie restie alla vaccinazione
Lisa Kottanattu

La parola vaccini, negli ultimi due anni, ha contribuito a dividere, se non spaccare, la società. Complice il coronavirus. Ma anche prima della pandemia c’era un certo scetticismo nei confronti dei vari preparati, tant’è che il nostro Paese in passato ha dovuto fare i conti con la recrudescenza del morbillo. Come la mettiamo con la varicella? I no-vax, detto in altri termini, torneranno alla carica? «È possibile» risponde Kottanattu. «Proprio perché la varicella, ancora più del morbillo, è considerata una banale malattia dell’infanzia. Quasi tutti noi l’abbiamo avuta da piccoli. Posso immaginare che ci saranno famiglie restie alla vaccinazione». 

I pediatri sono convinti?

Il discorso, ad ogni modo, non deve riguardare solo il Ticino e la Svizzera. Lo abbiamo imparato proprio durante la pandemia, in fondo. «Nel nostro Paese, il virus della varicella è molto diffuso» chiarisce la dottoressa. «Nelle zone tropicali, invece, lo è molto meno. E così, le persone che da questi Paesi emigrano e vengono a vivere da noi hanno un rischio maggiore di non essere immuni e dunque di contagiarsi anche in età adulta con, appunto, maggiori rischi. Non dobbiamo dimenticarci delle donne in gravidanza non immuni: contrarre la varicella nelle prime venti settimane di gestazione può causare, fino al 2% dei casi, una sindrome da varicella congenita con, a volte, gravi danni agli organi del nascituro». 

Riassumendo, «nella maggior parte dei casi parliamo davvero di una malattia lieve». Ma è vero che, di fronte a complicanze, «non è mai un’esperienza piacevole». La mortalità è stimata a 3 casi su 10 mila. 

Eppure nel 2021, stando a un sondaggio, solamente il 77% dei pediatri, in Svizzera, avrebbe incluso la vaccinazione contro la varicella fra quelle raccomandate. Nel frattempo, chiediamo in conclusione a Kottanattu, quella percentuale si è alzata? «Purtroppo non ho dati a disposizione in tal senso. Nel 2021 erano già 45 i Paesi in tutto il mondo, tra i quali Australia, Germania, Italia e Stati Uniti, che raccomandavano la vaccinazione contro la varicella quale vaccinazione di routine per i lattanti. Le esperienze fatte negli Stati Uniti mostrano inoltre che i bambini vaccinati contro il virus della varicella hanno un rischio di ammalarsi di Herpes Zoster diminuito del 78%. Da un punto di vista scientifico, i dati hanno mostrato un ottimo profilo di sicurezza ed efficacia».

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