È morto Fishel Rabinowicz, l'artista centenario sopravvissuto all'Olocausto
Sabato 26 ottobre è morto a Locarno l’artista centenario Fishel Rabinowicz, in Città da quasi 70 anni. Era uno degli ultimi superstiti della Shoah ancora in vita. Era in Città da quasi 70 anni e l’artista – che tra gli altri è stato formatore, quando era impiegato come capodecoratore all’allora Innovazione (oggi Manor), del «collega» locarnese Pierre Casé – a settembre aveva esposto le sue opere nel salone d’onore di Casorella, la casa delle collezioni dietro il castello Visconteo. Per l'occasione, era stato ricevuto dal Municipio a Palazzo Marcacci il giorno del suo centesimo compleanno. Ad ascoltare la sua testimonianza erano presenti anche il figlio, José, oltre a cugini, amici e la presidente della Fondazione Gamaraal di Zurigo – che si occupa del sostegno ai superstiti all’Olocausto – Anita Winter. È stata un’occasione per ascoltare la sua testimonianza.
La sua vita è stata segnata dalla brutalità dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Il 26 maggio 1941, i nazisti catturano l'allora diciassettenne. Successivamente viene inviato in nove diversi campi di lavoro forzato e di concentramento. «Da quel momento in poi, non sono più stato un essere umano, ma solo un numero», aveva dichiarato Rabinowicz a posteriori. I suoi compiti consistono nella posa di binari ferroviari e nella costruzione di strade. Il 9 febbraio 1945 inizia la marcia della morte di 325 chilometri verso il campo di concentramento di Buchenwald: 55 giorni di tormento. Quando gli americani liberano il campo l'11 aprile, è vicino alla morte. Ha 21 anni e pesa 28 chili.
Rabinowicz – nato nel 1924 a Sosnowiec, in Polonia, terzo di dieci figli in una famiglia ebrea tradizionale – ha sempre attribuito il fatto di essere stato risparmiato alla coincidenza, come ricorda un articolo pubblicato sulla Neue Zürcher Zeitung, ma molti dei suoi familiari – tra cui i suoi genitori e sei fratelli – erano stati assassinati dai nazionalsocialisti. Solo i suoi due fratelli maggiori erano riusciti a sopravvivere.
Dopo lunghi soggiorni in sanatori tedeschi e svizzeri, inizia la sua formazione come grafico e decoratore nel 1949. In seguito si trasferisce a Locarno e mette su famiglia. Nonostante il vissuto traumatico riesce a riprendersi. Lavora, come detto, per quarant’anni nel grande magazzino e forma molti apprendisti, tra i quali appunto l’artista locarnese Pierre Casè. Ed è sempre nell’arte che trova una forma di terapia per affrontare il passato e lasciare un monito ai posteri, affinché non si ripetano gli orrori del passato.
Le opere grafiche realizzate nella «Regina del Verbano» testimoniano la sofferenza subita, ma anche la possibilità di guarigione, la resilienza e il perdono. Quando nel 2010 il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu presentò una delle sue opere all'allora cancelliera tedesca Angela Merkel, Rabinowicz ne fu molto soddisfatto. Ma per lui era molto più importante raggiungere la generazione successiva con le sue opere e quindi lottare contro l'oblìo. In occasione della Giornata della Memoria del 2022, il presidente della Confederazione Ignazio Cassis aveva fatto visita all'allora 97.enne. Una foto dell'incontro li mostra seduti a un tavolino da tè. Una delle sue opere più personali, «Il sopravvissuto», mostra l'alfabeto ebraico precipitare nel caos nel disordine, mentre una lettera cerca di rimanere sola e abbandonata in cima.
«Ha lanciato un impressionante monito contro il razzismo e l'antisemitismo», si legge nel suo necrologio. «Facendo delle sue immagini una testimonianza, creando un'opera impressionante con i suoi lavori toccanti e grafici, affinché il mondo non dimentichi mai».