E se il ritorno di Swiss ad Agno passasse da un aereo svedese?

Le parole sono importanti. A maggior ragione se, a pronunciarle, è un peso massimo come Dieter Vranckx, amministratore delegato di Swiss al passo d’addio. Sì, un ritorno della compagnia di bandiera a Lugano-Agno «rientra nel campo delle possibilità» come ha spiegato lo stesso dirigente in un’intervista al Corriere del Ticino. Sono bastate poche frasi per riaccendere, fra gli altri, l’entusiasmo dell’ASPASI, l’Associazione passeggeri e aeroporti della Svizzera italiana. Il cui pensiero è riassumibile nella massima «è arrivato il momento di investire per riattivare i voli da e per Lugano».
Bene, benissimo. Ma come stanno, davvero, le cose? Vranckx, a mo’ di condizione, ha insistito su un aspetto. Un eventuale ritorno di Swiss in Ticino si farà se e soltanto se, sul mercato, spunterà un aereo elettrico affidabile. In grado di collegare un aeroporto regionale come quello di Agno agli scali di Ginevra e Zurigo senza inquinare. Più facile a dirsi che a farsi, verrebbe da dire. Soprattutto perché l’aviazione sembrerebbe orientarsi, più che altro, sul cosiddetto SAF – il carburante sostenibile – e l’idrogeno. Eppure, qualcuno che sta pensando, intensamente, a un aereo elettrico c’è. Eccome, se c’è. Parliamo di Heart Aerospace, azienda svedese che – addirittura – entro la fine del decennio intende certificare il suo ES-30. Eccola, una possibile soluzione.

«Bisogna fare qualcosa»
«Come industria, dovevamo fare qualcosa» insiste, da noi contattato, Simon Newitt, presidente nonché direttore commerciale di Heart Aerospace. Qualcosa, nello specifico, per le comunità regionali, al netto del grande obiettivo di decarbonizzare l’aviazione entro il 2050. «Alcuni decenni fa, penso ad esempio alla Scandinavia, le zone più remote godevano di buoni collegamenti aerei. E questi collegamenti erano essenziali allo sviluppo dei rapporti fra le persone». Il settore, tuttavia, con il passare del tempo è cambiato. Fra le altre cose, gli aeroporti regionali hanno conosciuto un lento ma inesorabile declino. «Ci sono oltre 5 mila aeroporti negli Stati Uniti, ma solo cinquecento, circa, hanno delle rotte commerciali».
Gli scali regionali, più degli altri, hanno sofferto e stanno soffrendo. «L’intero segmento, in termini di mercato, sta affondando. Anche la disponibilità di aerei con capacità ridotte è diminuita. Ma adesso, grazie alla tecnologia, possiamo invertire il trend. Lo sviluppo delle batterie, ad esempio, è arrivato a un punto tale da consentirne l’uso per l’aviazione. Sì, pure su un aereo commerciale». Con i passeggeri, insomma.
La rivoluzione silenziosa
L’elettrificazione, chiediamo a Newitt, è quindi la sola soluzione per il corto, cortissimo raggio? Sì. «Se pensiamo ai voli intercontinentali, sarà difficile elettrificare quel settore» racconta il dirigente di Heart. «Quantomeno nei prossimi decenni. La soluzione, per quel tipo di voli, sarà legata all’uso del SAF. Ma se pensiamo a voli più corti, nel raggio di 500 chilometri, voli che non prevedono alternative su strada o ferrovia tanto brevi, allora l’aviazione elettrica può fare, concretamente, la differenza».
Heart, dicevamo, sta sviluppando un modello che dovrebbe ottenere la certificazione entro la fine del decennio. «Si tratta di un aereo ibrido, in grado di volare con una certa autonomia in elettrico per poi passare alla spinta, tradizionale, dei motori turboelica». La buona notizia, in questo senso, è che «grazie all’evoluzione delle batterie possiamo pensare di allungare, un domani, il raggio d’azione in modalità elettrica». Secondo la scheda ufficiale, l’ES-30 alla fine del decennio sarà in grado di volare per 200 chilometri senza ricorrere al carburante, mentre alla fine del decennio successivo arriverà a 400 chilometri.


Ambizioni e piccoli passi
Heart, prosegue Newitt, sta procedendo a piccoli, grandi passi. Con ambizione ma, allo stesso tempo, senza bruciare le tappe. «Credo che siamo fortunati, innanzitutto, a essere in Svezia. I Paesi nordici hanno politiche molto aggressive in termini di riduzione delle emissioni. Analogamente, sono Paesi che necessitano e necessiterebbero di rotte regionali. L’interesse rispetto a ciò che facciamo sta crescendo, per contro, anche in altre parti del mondo: Nuova Zelanda, Messico, Giappone. E i nostri obiettivi non sarebbero possibili senza questo interesse, per tacere del supporto che riceviamo dalle compagnie aeree, dai singoli scali o dai governi».
Scandinavian o, se preferite, SAS è forse il vettore che, più di altri, intende integrare nelle proprie operazioni gli aerei elettrici. Tempo fa, aveva addirittura già messo in vendita i biglietti per i futuri voli a zero emissioni. «Scandinavian – conferma Newitt – è con noi sin dal principio. Ha sostenuto il nostro progetto e firmato una lettera d’intenti per acquistare i nostri aerei in futuro. Questa compagnia, allargando il discorso, è parte di noi. Ci aiuta a livello di design e sviluppo. Soprattutto, vuole dimostrare che, come Heart, vuole essere parte del cambiamento e contribuire alla decarbonizzazione dell’aviazione. Ma abbiamo ricevuto ampio sostegno anche da United Airlines, Air Canada e Air New Zealand».
E le tempistiche?
D’accordo, ma le tempistiche? Vranckx, nell’intervista concessaci, aveva detto che potrebbero volerci molti anni ancora prima di vedere un aereo elettrico sul mercato. Newitt e Heart, invece, hanno un’altra visione al riguardo: «Siamo aggressivi sul tema e non ce ne scusiamo, proprio perché questo settore necessita, più di altri, di essere decarbonizzato. La parola chiave è urgenza. Posso confermare che, secondo i nostri piani, porteremo il nostro ES-30 sul mercato entro la fine del decennio». Urca. Significa che, rovesciando la questione, l’azienda confida in una risposta celere, e sicura, da parte dei regolatori. «Quella dell’aviazione è un’industria molto complessa, dominata dal concetto di sicurezza. Heart non si sta muovendo in solitaria, non è un’azienda verticale che fa o può fare tutto. Sin qui, posso garantire che sono stati adottati e rispettati gli standard più stringenti imposti dai regolatori in ottica certificazione. Detto che, pensando agli obiettivi, siamo molto aggressivi, stiamo andando avanti passo dopo passo, in maniera chiara, rigorosa e trasparente. Il nostro cammino verso il mercato, va da sé, rispetterà tutti gli scalini necessari».
La spinta dei passeggeri
Il fatto che, riavvolgendo il nastro, i biglietti messi in vendita da SAS per i futuri voli elettrici siano andati a ruba, beh, in un certo senso testimonia che la strada intrapresa da Heart è quella giusta. O, meglio, che gli stessi passeggeri siano quantomeno curiosi rispetto all’aereo «silenzioso». «Se usciamo un attimo dal discorso aviazione e pensiamo all’insieme dei trasporti, stiamo assistendo a una forte, fortissima ondata di elettrificazione. Un domani, le persone saranno felici di salire a bordo di un aereo come l’ES-30. Proprio perché saranno consapevoli di fare qualcosa, a loro volta, per il pianeta. E poi, scusatemi, ma quale sarebbe l’alternativa? Continuare a volare su aerei convenzionali e inquinanti? Continuare a bruciare combustibili fossili? Continuare, pensando agli aumenti dei biglietti, a pagare perché le compagnie trasferiscono ai passeggeri i costi legati alla compensazione delle emissioni? Noi di Heart stiamo sviluppando una soluzione sicura e pulita. Una soluzione che può frenare l’emorragia del traffico regionale, oramai in picchiata. Complice la cosiddetta flygskam, la vergogna di volare, nata in Svezia. Le persone, tuttavia, vogliono tornare ad amare l’aviazione, vogliono sentirsi connesse, a maggior ragione in un mondo polarizzato e diviso come quello attuale. Se è per questo che la nostra azienda si chiama Heart, ovvero cuore in italiano? Non vogliamo ancora svelare i motivi dietro al nostro nome, preferiamo continuare a lavorare sodo». Per completare la rivoluzione silenziosa.