È stata fatta luce su decenni di abusi, violenze e insabbiamenti
Uno dei casi scuola è avvenuto all’inizio degli anni Sessanta e ha come protagonista un sacerdote condannato a due anni di carcere per «atti immorali ripetuti e continuati con e di fronte a fanciulli». Si tratta della sua seconda condanna. Prima in un comune della Svizzera centrale, nella diocesi di Coira, poi nell’altipiano, nel territorio di competenza della diocesi di Basilea, il presbitero aveva abusato sessualmente di almeno 67 bambini e bambine. I responsabili della Chiesa cattolica non lo avevano rimosso dal suo incarico dopo la prima condanna, continuando invece ad affidargli mansioni nell’ambito della cura pastorale che comprendevano il contatto con minori. Inoltre, avevano deliberatamente tentato di nascondere il crimine mediante un trasferimento. Così, all’uscita dal carcere, il sacerdote è stato nominato parroco, operando in diverse comunità parrocchiali per quasi quarant’anni.
Questo e altri casi sono documentati nel «Rapporto sul progetto pilota per la storia degli abusi sessuali nel contesto della Chiesa cattolica», realizzato da un team di ricercatori dell’Università di Zurigo (guidato dalle professoresse Monika Dommann e Marietta Meier) su mandato della Conferenza dei vescovi svizzeri e di altre organizzazioni ecclesiastiche. «Per decenni sono stati tenuti nascosti casi di violenza sessuale da parte del personale ecclesiastico, sono state ignorate le vittime e i fatti sono rimasti impuniti. È giusto portare alla luce i crimini del passato: prenderli sul serio è un dovere nei confronti delle vittime», aveva dichiarato alla fine del 2021 mons. Joseph Bonnemain (ora vescovo di Coira), al momento della firma del contratto con l’ateneo zurighese. Il team ha documentato 1.002 casi di abuso e di violenza sessuale dal 1950 ai nostri giorni, grazie all’accesso ai vari archivi della Chiesa cattolica svizzera, dove sono conservati gli atti relativi agli abusi perpetrati da sacerdoti, dipendenti o da rappresentanti di altri ordini religiosi. I casi venuti alla luce coinvolgono 510 persone accusate (quasi tutti uomini) e 921 vittime (il 74% minorenni e nel 39% donne). «I casi identificati sono senza dubbio solo la punta dell’iceberg», dicono le direttrici della ricerca, perché in un anno di lavoro non è stato ancora possibile consultare tutti gli archivi (congregazioni, scuole, organismi diocesani). Il grosso dei casi analizzati è avvenuto nel secolo scorso, il 12% fra il 2000 e il 2022.
Nella cura pastorale
Tre in particolare gli ambiti presi in considerazione. Più del 50% degli abusi è stato commesso nel contesto della cura pastorale. Un esempio illustrativo ha come protagonista un sacerdote condannato nel 1989 a 12 mesi di carcere per aver abusato di diversi ragazzi. «Nelle indagini della diocesi di Coira emerse che, nonostante la condanna giudiziaria del 1989, non era mai stato avviato alcun procedimento ecclesiastico contro K. M. e non erano state imposte sanzioni o condizioni vincolanti», si legge nel rapporto. «Anche se tra la condanna e il 2008 non erano stati segnalati ulteriori abusi, in quegli anni, un sacerdote con una storia di abusi riconosciuta dalla magistratura («fornicazione ripetuta e continuata») e una predisposizione certificata psichiatricamente alla pedofilia è stato assegnato a diverse funzioni pastorali senza alcuna restrizione. In questo modo, K. M. ha continuato ad avere contatti regolari e non sorvegliati con bambini e giovani». Il secondo settore interessato (30% dei casi) è quello costituito dalle attività svolte da membri della Chiesa nel settore educativo e assistenziale (scuole, collegi). I n terzo luogo sono stati scoperti casi (2%) nell’ambito delle attività svolte da altri ordini e movimenti spirituali.
Coperture e silenzi
«La Chiesa ha sistematicamente insabbiato, nascosto o banalizzato gli abusi sessuali per un lungo periodo di tempo» affermano i ricercatori, sottolineando che nonostante l’abuso sessuale su minori sia un grave reato penale del diritto canonico, spesso questo non è stato applicato. «Molti casi furono invece messi sotto silenzio, soffocati o banalizzati». Le autorità ecclesiastiche hanno spostato sistematicamente i colpevoli e i clerici sono stati trasferiti anche all’estero per sfuggire alla giustizia civile. Il benessere e la protezione dei parrocchiani sono stati sacrificati in favore degli interessi della Chiesa e dei suoi rappresentanti.
Si rilevano anche i silenzi da parte delle stesse vittime di abusi e i condizionamenti: «Spesso le persone vittime di abusi sessuali sono state diffamate sia dai dipendenti ecclesiastici, sia dal loro contesto sociale e sono state accusate di essere complici delle aggressioni, quando l’accaduto non era completamente tabù». Il rapporto mette in evidenza anche alcune specificità cattoliche degli abusi. In particolare, parla di «costellazioni di potere spirituale, sociale ed economico della Chiesa cattolica (...) Sebbene il potere non porti automaticamente all’abuso, l’abuso senza potere è impensabile». Il rapporto riconosce che dall’inizio di questo secolo c’è stato nn cambiamento radicale nel modo di operare della Chiesa svizzera. La ricerca, comunque, continuerà per esaminare anche le peculiarità della Chiesa, che potrebbero aver contribuito agli abusi, come la morale sessuale, il celibato e il complesso rapporto con l’omosessualità.