«È un fenomeno luganese che non si può cantonalizzare»
Quella del Governo cantonale è una presa di posizione interessante e che tra le righe fa emergere anche qualche critica per come - a volte e a più livelli istituzionali - la politica si è approcciata al tema dell’autogestione. È questo che emerge dalle risposte date dal Consiglio di Stato alla mozione - presentata a fine giugno da Tiziano Galeazzi (UDC) - intitolata «Un’eventuale autogestione cantonale ma con regole chiare!». Mozione che chiedeva «un’alternativa di localizzazione dell’augestione», non per forza a Lugano («che il raggio di ricerca sia all’interno dei confini cantonali») e la definizione di una «task force» più incisiva per la soluzione del problema. Il Governo reputa però la definizione «autogestione cantonale» un po’ una forzatura. «L’autogestione - viene spiegato - è un’esperienza che si tiene nel Luganese, distinta da altre situazioni analoghe. È un’esperienza localizzata sul territorio, che si è sviluppata a Lugano o quantomeno nel Luganese per scelta delle persone promotrici di quell’aggregazione sociale». In Ticino, è vero, esperienze autogestite sono nate in passato in altri centri (per esempio a casa Cinzia a Bellinzona o ai Cantieri della gioventù a Locarno), «senza che - sottolinea il Governo - nessuno abbia mai chiesto di “cantonalizzare” fenomeni che tipicamente nascono e crescono attorno a un luogo scelto da chi intende sviluppare questi contesti».
«Non sceglie l’ente pubblico»
«Esperienze - continua il Governo - che nascono in luoghi normalmente vicini ai centri urbani, quasi mai in periferia, per volontà di chi intende proporli. La loro localizzazione non è scelta dall’ente pubblico ed è ben difficilmente pianificabile o ricollocabile senza la volontà delle persone direttamente interessate». Una frase con cui il Consiglio di Stato sembra rivolgersi a chi in questi anni ha parlato di «trovare» una sede alternativa per l’autogestione. L’ente pubblico può - se decide di farlo - «cercare» o «proporre» una sede alternativa, questo sì, ma per arrivare a una soluzione definitiva occorre coinvolgere gli autogestiti.
La mancanza di un riferimento
Coinvolgere gli autogestiti, appunto. Ma come, se il gruppo non ha alcun rappresentante? «L’ente pubblico - sottolinea ancora il Governo - non si occupa dell’autogestione in senso stretto, nel senso che essa è una modalità di funzionamento scelta dalla persone che si riconoscono in questa esperienza. Riteniamo che non tocchi all’ente pubblico decidere se questa esperienza debba funzionare tramite un’assemblea permanente, se debba darsi dei rappresentanti o dei portavoce, eccetera. Le persone che vi partecipano hanno deciso il loro sistema di governance, hanno la libertà di farlo e naturalmente hanno le responsabilità delle conseguenze che ciò implica».
Una scelta che appunto comporta - e il Governo lo riconosce - un problema giuridico, «perché non avere un soggetto riconosciuto con il quale discutere rende le cose più difficili». Non a caso è stato uno dei principali ostacoli osservati in questi anni.
«Occorre pragmatismo»
«Imporre a queste persone - scrive il Governo - una modalità di funzionamento nella quale non si riconoscono non è utile. Ogni discussione si bloccherebbe immediatamente». Per il Governo dunque occorre pragmatismo. «Come accadde 20 anni fa», quando venne creata, quasi ad hoc per poi firmare la convenzione con il Cantone e la Città che affidava agli autogestiti l’ex Macello, l’associazione ALBA, che rappresentava i molinari. Li rappresentava idealmente, non giuridicamente. «È necessaria la volontà concorde delle parti di accettare di ricorrere all’artificio pragmatico al quale si ricorse allora, ed è necessario individuare una nuova associazione che possa fungere da rappresentante indiretto degli autogestiti». Ma pragmatismo, secondo il Consiglio di Stato, dovrà essere dimostrato anche dai molinari, che quell’associazione dovranno in qualche modo riconoscerla.
Legalità e collettività
E di nuovo si parla di pragmatismo quando si affronta il tema della legalità. «Concetto - viene spiegato - che non può essere banalizzato ma che deve essere approcciato con un ragionamento più ampio, che punti a risolvere il problema e a riportarlo in un contesto nel quale la collettività possa riconoscersi, magari senza condividere appieno l’azione dell’ente pubblico, ma avendo in cambio quella pace sociale che è nell’interesse di tutti». In estrema sintesi: qualche regola sarà necessaria; però, visto che si parla di autogestione, l’ente pubblico potrebbe essere chiamato a chiudere qualche occhio. Troppi paletti cozzerebbero con il concetto stesso su cui si basa l’autogestione, che smetterebbe di essere tale e non verrebbe accettata da una parte dei molinari.
I prossimi passi e le soluzioni proposte
Nelle settimane e nei mesi che hanno seguito la demolizione di parte dell’ex Macello si è parlato molto di trovare un mediatore e - come proposto da Galeazzi - di attivare maggiormente la task force. «Confermiamo la volontà di collaborare a trovare un’alternativa di localizzazione dell’autogestione luganese benché - e questa è una frecciatina al Municipio di Lugano - non possa non essere rilevato che sia la stessa Città di Lugano ad aver di fatto sciolto la convenzione nella quale era contenuto l’impegno del Governo in questa direzione». Alternativa logistica che, per il Consiglio di Stato, dovrà tenere conto delle volontà espresse dalle parti e delle reali possibilità di individuare una sistemazione concreta e confacente. «Il Governo non ritiene necessario per il momento istituire nuovi gruppi di lavoro o task force. Auspichiamo che innanzitutto gli autogestiti riescano autonomamente ad addivenire a una posizione che raccolga le loro richieste precise nei confronti delle collettività pubbliche; posizione da cui un futuro mediatore possa partire incrociando queste richieste con quelle espresse dal Municipio e da altri eventuali soggetti, Cantone compreso». Una volta conosciute le precise richieste degli autogestiti e di altri soggetti implicati, e costituita l’associazione che potrà rappresentare anche se solo indirettamente l’autogestione luganese, si potrà partire con una mediazione.