Fece esplodere il bancomat di Comano: condannato 5 anni dopo
Alla fine di agosto il giudice Amos Pagnamenta aveva rispedito l’incarto al mittente, ovvero alla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, per quanto riguarda il procedimento penale a carico di uno dei due uomini che nell’ottobre del 2019 fece esplodere il bancomat della Raiffeisen a Comano. La parte di pena da espiare pattuita dalla pubblica accusa e dall’avvocato Michele Sisini – tre anni di carcere, di cui otto mesi da scontare – era troppo bassa. L’atto d’accusa, quindi, andava adeguato.
Questa mattina si è tornati in aula con un nuovo giudice, una nuova proposta di pena (questa volta non concordata tra le parti) e con una sentenza. Il presidente della Corte delle assise criminali, Mauro Ermani, ha condannato un 31.enne cittadino moldavo e rumeno a 27 mesi interamente da scontare dietro le sbarre per tentato furto, danneggiamento con danno considerevole, esplosione e infrazione alla Legge federale sugli stranieri. Inoltre, non potrà mettere piede in Svizzera per 7 anni.
«Lo sapevo»
Torniamo indietro per un attimo a quanto accaduto quel martedì 22 ottobre di cinque anni fa. Tra le 2.45 e le 3.30 il bancomat della Raiffeisen in via Cureglia a Comano saltò letteralmente in aria.
L’imputato e un suo correo (tuttora latitante) erano muniti di attrezzi da scasso e di una bombola di gas acetilene da 5 litri. Fecero esplodere l’apparecchio tramite una miscela di gas e un innesto a filo elettrico, ma non riuscirono a scardinare la cassaforte. Così, scapparono a mani vuote lasciando dietro di loro un danno allo sportello del bancomat quantificato in 138 mila franchi e del DNA sulla maniglia. In sede di inchiesta si verrà poi a sapere che il 31.enne era stato condannato per furto in Italia neanche un mese prima del colpo di Comano. Colpo che non è stato l’ultimo, perché tre settimane dopo l’imputato venne arrestato in Austria per fatti analoghi. Dopo il carcere decise di cambiare vita e iniziò a lavorare nella compravendita di auto. Lo stesso lavoro che lo scorso febbraio lo portò in Svizzera dal valico di Basilea, dove venne arrestato. D’altronde, è stato l’imputato stesso a dirlo: «Sapevo di essere ricercato e sapevo che prima o poi mi avrebbero catturato».
Bombola di gas da 5 litri
L’imputato ha ammesso integralmente i fatti, ma in modo «non spontaneo» secondo la procuratrice pubblica. Piuttosto, «come conseguenza dei riscontri probatori agli atti». «Seppur vero quel giorno ha agito di notte e in una zona isolata, ha fatto esplodere una bombola di gas da cinque litri senza tenere conto delle conseguenze. I danni sono stati solo materiali, è vero, ma piuttosto ingenti». Motivi, questi, che hanno portato la procuratrice pubblica a proporre una pena detentiva di 24 mesi e l’espulsione dalla Svizzera per 8 anni.
Il patrocinatore dell’uomo ha fatto leva sul fatto che quanto accaduto risale a cinque anni fa ed è stato «un periodo circoscritto della vita dell’imputato, in cui aveva vari problemi economici e si è prestato, su richiesta di terzi, a commettere episodi di questo tipo». Inoltre, il furto è «solo tentato e l’esplosione non è stata sufficiente per scardinare la cassaforte».
Secondo Sisini, la pena opportuna per il suo assistito doveva essere parzialmente sospesa e non superiore a 24 mesi. Ermani, come detto, ha deciso diversamente. «La sua colpa è più vicina al grave che al medio: ha precedenti specifici importanti e non si è per nulla distanziato dall’ambiente criminogeno a cui appartiene».