Festival, rimane sul tavolo l'ipotesi di anticipare a metà luglio l'inizio della kermesse
Era stata annunciata a maggio. Ed è arrivata in porto forse con qualche anticipo sul previsto. La prima «rivoluzione» del Festival targato Maja Hoffmann è stata quella organizzativa. Un rivolgimento necessario, e spiegheremo perché. Ma anche autentico. Reale. La Locarno di Marco Solari, uomo solo al comando - ancorché capacissimo e in grado di reggere sulle sue spalle il peso dell’intera struttura - è definitivamente archiviata.
L’assemblea ordinaria convocata oggi nella sala consiliare di Palazzo Marcacci ha approvato, senza nemmeno discuterle, tutte le proposte di modifiche dell’organizzazione e dello statuto. E ha detto sì per acclamazione all’ingresso nel CdA di Roberto Cicutto, produttore cinematografico italiano e presidente della Biennale di Venezia tra il 2020 e il 2024, e di Gilles Marchand, direttore generale della SSR dal 2017 e sino alla fine di questo mese.
Due nomi di peso e di «grande esperienza», ha detto Maja Hoffmann presentandoli. Due consiglieri che sicuramente si troveranno a proprio agio nel Festival ideale della presidente, una manifestazione «che intende allargare il proprio sguardo al cinema di tutto il mondo».
Ma il cambiamento più significativo ha riguardato senza dubbio l’architrave organizzativo del Festival, ovvero la creazione di una nuova e più ampia direzione i cui componenti lavoreranno collegialmente: sia nella gestione operativa, sia in quella artistico-culturale. Ferma restando la piena autonomia del direttore artistico.
Una direzione articolata in sei dipartimenti e presieduta da Raphaël Brunschwig, managing director del Festival dal 2017 e adesso promosso nel ruolo di chief executive officer (CEO). Sarà Brunschwig a coordinare i responsabili di ciascun dipartimento: Giona A. Nazzaro, confermato alla direzione artistica; Markus Duffner, direttore di Locarno Pro; Stefano Knuchel, direttore di Locarno Factory; Mattia De Sassi, direttore operativo; Liliana Sampietro, direttrice finanziaria; Oliver Osborne, direttore del dipartimento comunicazione.
Perché questa scelta? «Se potessi usare una terminologia militare, che di questi tempi sarebbe meglio evitare, direi che abbiamo aumentato considerevolmente la potenza di fuoco del Festival a beneficio dell’offerta - spiega al Corriere del Ticino il vicepresidente del CdA ed ex consigliere di Stato Luigi Pedrazzini -. Sono state messe assieme persone portatrici di esperienze diverse ma con la capacità di elaborare i necessari progetti in grado di acquisire nuove partnership, nuovi sponsor. Se a questo uniamo l’ingresso nel board dei due consiglieri di amministrazione proposti dalla presidente Hoffmann, entrambi votati alla creatività e alla missione culturale del Festival, credo che si possa comprendere quanto più forte, adesso, sia la nostra organizzazione».
L’obiettivo principale resta incrementare la capacità di autofinanziamento. «Certo, è così - dice ancora Pedrazzini -, ma nuovi partner arrivano nella misura in cui siamo in grado di elaborare progetti e proposte allettanti. Qualcosa che non viene calato dal cielo, ma nasce dal dialogo, dalla riflessione comune di chi è chiamato a elaborare programmi e idee».
Molto cambia, quindi. E non perché tutto rimanga com’è. Locarno, come detto, entra in una dimensione organizzativa nuova. Ma conferma, anzi rafforza, l’autonomia decisionale del direttore artistico. Garantita dallo statuto e ribadita a più voci anche durante l’assemblea di oggi.
Musica per le orecchie di Giona A. Nazzaro, che intervenendo subito dopo la presidente Hoffmann ha ricordato il «successo di un’edizione», la 77., «salutata con estremo favore dal pubblico, con vette di presenze davvero sorprendenti». Il «radicamento fortissimo» del Festival, ha detto Nazzaro, «è l’elemento in più che permette a Locarno di esistere, ciò da cui trae alimento». Il direttore artistico ha definito quello con il pubblico un «patto di fiducia, un contratto sociale non vincolante». Ed è tornato a smentire «il luogo comune dei film di Locarno che non escono dal recinto del Festival», citando l’ingresso nella short list degli Oscar di «Reinas» di Klaudia Reynicke, proiettato ad agosto in piazza Grande.
Nessun accenno, da parte di Nazzaro, alla ventilata ipotesi di spostamento delle date di Locarno. L’idea, lanciata dalla presidente Hoffmann, aveva sollevato non poche obiezioni. Ma rimane sul tavolo. «È un problema da affrontare - conferma Pedrazzini - senza alcuna drammatizzazione. Stiamo preparando un documento che spieghi quali possano essere per noi i vantaggi di un’anticipazione di qualche settimana. La decisione finale sarà comunque il risultato di un confronto con l’economia turistica, con l’economia tout court, con la popolazione, con il pubblico. Insomma, non faremo da soli».
Esaurito il fondo di riserva
Un grande successo di pubblico e di critica, ma un risultato finanziario ancora insufficiente. L’ultima edizione del Festival di Locarno ha prodotto l’ennesimo disavanzo.
«Dobbiamo ancora tirare tutte le somme - dice al Corriere del Ticino Raphaël Brunschwig -, ma la perdita oscillerà tra i 500 mila e i 600 mila franchi. Abbiamo fatto meglio di quanto preventivato, ma non ancora abbastanza per coprire l’intero costo della manifestazione».
A maggio, nella precedente assemblea, Brunschwig era stato chiaro: il Festival costa più o meno 18 milioni, mentre la capacità attuale di autofinanziamento è attorno ai 17,5 milioni. Il fondo di riserva, circa 700 mila franchi, è stato quasi completamente utilizzato. In vista del 2025, l’obiettivo principale è quindi aumentare le entrate. «Ma anche razionalizzare la spesa - sottolinea Brunschwig -. D’altronde, la nuova organizzazione per dipartimenti è finalizzata proprio a questo. A fare in modo, cioè, di affidare a società e consulenti esterni meno servizi possibili», risparmiando in tal modo risorse da investire nel progetto artistico.
La riduzione dell’organico di quattro unità è stata, concretamente, la prima misura presa per raddrizzare i conti.
In ogni caso, l’appena nominato CEO di Locarno è già al lavoro per «trovare nuovi partner». Il Festival di Locarno, dice Brunschwig, «è vivo, come dimostrano gli 8 mila articoli che oltre mille testate, in tutto il mondo, hanno pubblicato ad agosto. Certo, è difficile crescere in termini di partnership, lo sappiamo. Ma è anche vero che partiamo da un dato importante: nessuno ci lascia. Chi, sin qui, ha sostenuto il Festival, e mi riferisco alle istituzioni pubbliche e alle aziende private, continua a farlo. Una scelta nient’affatto scontata, soprattutto dopo il cambiamento avviato alla fine dell’anno scorso», conclude Brunschwig.