Ticino

Frana di Brusino, bilancio a rocce ferme: cosa ha funzionato e cosa no

Ieri serata informativa per la popolazione – Con una critica al Cantone e un'autocritica del Comune
© CdT/Gabriele Putzu
16.04.2025 14:51

È bastata la chiusura di una strada per evidenziare la fragilità di un villaggio incastonato fra lago e montagna. Ieri sera la popolazione di Brusino ha finalmente potuto incontrare l’autorità cantonale in una serata informativa sulla situazione della strada che collega il comune con Riva San Vitale. L’incontro era una delle priorità del Municipio non appena la situazione del traffico e della frana controllata si fosse normalizzata: a bocce ferme come si suol dire, o a rocce ferme come suggerisce la situazione.

«Mancanza di informazioni»

A rappresentare il Dipartimento del territorio (DT) c’erano Giovanni Simona, capo ufficio manutenzione strade, Andrea Bosisio, capo centro manutenzione e strade Mendrisio e Andrea Pedrazzini, geologo cantonale. Per i lavori di chiusura della strada sono stati impiegati circa 170 lavoratori, tra polizia, pompieri, servizio sanitario, ufficio delle dogane, protezione civile e addetti alla sicurezza. Mentre gli operai al lavoro fra i massi sul versante sono stati una ventina e la stima della spesa totale è di 700.000 franchi. Nonostante sia il sindaco Lucio Negri sia i rappresentanti del Cantone abbiano affermato che «alcune cose si sarebbero potute gestire meglio», martedì sera la popolazione di Brusino si è dimostrata riconoscente per i lavori svolti. La preoccupazione era legata piuttosto alla sicurezza futura che ai disagi vissuti a causa dell’isolamento. L’unico fattore ad aver ricevuto delle critiche è stata la comunicazione da parte dell’autorità cantonale. Come confermato dal sindaco, nella fase centrale dell’emergenza «eravamo circondati da molte persone al lavoro. Ma la popolazione, così come il Municipio, si sentiva spaesata per mancanza di informazioni». A tal proposito, Negri ha aggiunto: «Ci siamo trovati a dover prendere delle decisioni, come l’implementazione dei viaggi in battello, senza avere una visione chiara sul prossimo futuro».

Cosa è successo

Con una presentazione, il DT ha innanzitutto esposto la situazione di partenza in località al Sasso, «particolarmente sensibile dal punto di vista geologico con un versante composto da una roccia friabile». Una situazione che i brusinesi conoscono bene, si è infatti parlato di «almeno 20 eventi di franamento e caduta sassi negli ultimi 40 anni». Aggiungiamoci «una condizione climatica nel mese di febbraio con piogge e temperature superiori alla media e soleggiamento inferiore», assieme a «un bosco di protezione danneggiato dalla tempesta di scirocco del 2020» e dal suo degrado per difficoltà di ringiovanimento a causa degli ungulati, ed ecco che i pericoli sono serviti. L’allarme era scattato a inizio febbraio con «l’osservazione di una zona di distacco dei sassi e di un masso caduto vicino alla strada». Il 18 dello stesso mese «l’attività di caduta sassi è aumentata e si è deciso di effettuare un monitoraggio continuo». Il giorno seguente si è deciso di chiudere la strada e provocare artificialmente la frana. La strada è poi rimasta chiusa totalmente per quasi due settimane, per poi passare a un’apertura parziale per un altro paio di settimane.

Messa in sicurezza e autocritica

Il progetto per la messa in sicurezza definitiva prevede il rimodellamento della scarpata, la realizzazione di due reti paramassi e di una camera di raccolta in calcestruzzo a bordo strada. I primi due lavori sono già stati terminati, mentre la conclusione della posa della seconda rete è prevista per fine aprile e la realizzazione della camera di raccolta per metà maggio. Per fine maggio è prevista la fine del cantiere e l’apertura su due corsie della strada. Per concludere, i funzionari cantonali hanno ricordato che anche dopo gli attuali lavori «la sicurezza assoluta non è garantita» e che «a causa dei cambiamenti climatici si tratta di eventi che potrebbero ripetersi». Come ci ha spiegato il sindaco, questa situazione ha evidenziato che lo spostamento via lago non sia abbastanza funzionale «per i pendolari» e che lo sia soltanto «per lo svago». Stesso discorso per la funivia di Serpiano, che mediante un potenziamento del servizio dei mezzi di trasporto potrebbe essere meno a vocazione turistica e più per i residenti per raggiungere l’altro lato del monte San Giorgio. D’altro canto, l’autocritica del sindaco riguarda soprattutto l’emergenza iniziale, in particolare per la popolazione più anziana, in cui ci è voluto qualche giorno per riuscire a organizzare le esigenze quotidiane.

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