Confine

Frontalieri, «Riformare senza penalizzare: servono soluzioni e non tasse»

Organizzazioni sindacali ticinesi e italiane hanno firmato un comunicato con il quale tornano sulle «criticità» della cosiddetta «tassa sulla salute» – «Finanziare il sistema sanitario? Si può, evitando soluzioni incostituzionali»
©Gabriele Putzu
Red. Online
23.04.2025 16:14

«Tassa sulla salute». A oltre un anno e mezzo dall'entrata in vigore della misura rivolta ai frontalieri del vecchio regime fiscale, i sindacati italiani e ticinesi chiedono nuovamente un ritorno al tavolo interministeriale «per affrontare i veri problemi del lavoro di frontiera». In un comunicato stampa di CGIL Lombardia firmato – tra gli altri – anche da UNIA, OCST, Syna, VPOD e Syndicom, i sindacati sottolineano come attualmente le regioni di confine italo-svizzero «non abbiano ancora definito le modalità attuative per rendere applicabile il provvedimento». 

Criticità

«Si tratta di un balzello ingiustificato che introduce una doppia imposizione per i lavoratori frontalieri tutelati dalla clausola di salvaguardia, i quali devono continuare a essere tassati esclusivamente in Svizzera, generando gettito per l’Italia attraverso i ristorni fiscali», tornano ad affermare le organizzazioni sindacali firmatarie. «Il reddito imponibile su cui applicare la nuova tassa non è disponibile, e la Confederazione ha giustamente respinto le reiterate e anomale richieste italiane di violare il trattato bilaterale, che prevede lo scambio di informazioni solo per i "nuovi" frontalieri».

L'entità della cosiddetta tassa sulla salute, si legge ancora nel comunicato, «non può rappresentare, per modalità e dimensioni, un deterrente all’emigrazione sanitaria verso la Svizzera da parte del personale italiano».

Perplessità recenti

Negli ultimi giorni, evidenziano i sindacati, «anche ampie parti del mondo politico regionale hanno condiviso queste perplessità: alla contrarietà espressa dal Piemonte e al silenzio eloquente di Valle d’Aosta e Alto Adige, si sono aggiunti dubbi e distinguo anche nella maggioranza che governa la Regione Lombardia. Il termine "tassa" ha ormai sostituito il più edulcorato "contributo" e si moltiplicano le richieste, da più parti politiche, di verificare la legittimità del provvedimento attraverso apposite mozioni nei Consigli regionali di Lombardia e Piemonte. Dopo 21 mesi di mancata applicazione, è evidente che non ci troviamo solo di fronte a ritardi burocratici, ma a problemi strutturali del provvedimento stesso».

Contrarietà ribadita

Nel comunicato, le organizzazioni sindacali firmatarie hanno ribadito la propria «netta contrarietà alla tassa», ricordando come la «partecipazione dei "vecchi" frontalieri alla fiscalità italiana» si concretizzi già «tramite i ristorni fiscali (il 40% delle imposte versate in Svizzera)». I sindacati indicano un terreno sul quale si potrebbe agire: «Il 50% di queste risorse è destinato alla spesa corrente dei Comuni di frontiera» e «garantisce servizi essenziali e funzionamento delle amministrazioni», mentre l’altro 50%, destinato agli investimenti, «è da tempo oggetto di usi impropri, come testimoniato dalla legge di bilancio 2025. È proprio su questa parte che si può intervenire per finanziare il sistema sanitario, evitando soluzioni incostituzionali».

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