Confine

Frontalieri vecchi oppure nuovi? Altri screzi tra il Ticino e l’Italia

Le parti sono in disaccordo su quali siano i Comuni dentro la fascia di 20 chilometri – Il sindacato OCST chiederà un incontro con le autorità cantonali per chiarire la questione
© CdT/Gabriele Putzu
Martina Salvini
31.01.2024 20:00

L’intesa sul nuovo accordo fiscale dei frontalieri continua a tenere banco. Negli ultimi giorni, infatti, alcuni sindaci italiani di confine hanno sollevato un problema: alcuni loro concittadini, sebbene lavorino da anni in Ticino e quindi rientrerebbero nella categoria dei cosiddetti «vecchi frontalieri», verrebbero trattati dal fisco ticinese alla stregua dei «nuovi frontalieri». Il problema, lamentano le autorità italiane, nasce dal fatto che con l’introduzione del nuovo accordo è stata adeguata anche la lista dei Comuni di frontiera, quelli cioè che rientrano nella fascia dei 20 chilometri dal confine, aumentandone il numero. Concretamente, i frontalieri che risiedono in un Comune solo ora inserito nella nuova lista vengono considerati dal Ticino «nuovi frontalieri», mentre secondo le autorità italiane dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti «vecchi frontalieri» e quindi non essere assoggettati alla doppia imposizione.

Ma Bellinzona, come detto, non condivide l’interpretazione italiana. Giordano Macchi, direttore della Divisione delle contribuzioni, osserva: «Le nostre direttive indicano che soltanto chi proviene da Comuni nella lista del vecchio accordo possa dirsi frontaliere con diritto al regime transitorio. Al contrario, un Comune assente da tale lista, non può in nessun caso creare un cosiddetto vecchio frontaliere». Di qui, come detto, la rabbia dei sindaci italiani, che si trovano ora a dover fare i conti con meno ristorni e con cittadini scontenti. Sulla questione vuole però vederci chiaro anche il sindacato OCST, che nelle prossime settimane chiederà un incontro alle autorità cantonali. «Non siamo d’accordo con la lettura giuridica del nuovo accordo fatta dal Cantone», commenta Andrea Puglia, responsabile frontalieri di OCST. «In base al nuovo accordo, i vecchi frontalieri devono continuare a pagare le tasse solo in Svizzera. Il punto è che proprio l’articolo 9 dell’accordo non dà una definizione precisa di frontalieri. Quindi, per capire chi siano questi lavoratori, a nostro avviso vale l’articolo 2, secondo cui rientrano nella categoria tutti coloro che lavorano in Ticino e fanno rientro giornalmente in uno dei Comuni di confine indicati nella nuova lista». Persone che, invece, secondo la lista dei Comuni in uso con il precedente accordo, erano residenti «fuori fascia» e quindi tenuti a pagare le tasse in Italia.

Detto in soldoni: per il Cantone a fare stato è la vecchia lista dei Comuni dentro la fascia di 20 km, mentre per il sindacato a contare è quella aggiornata.

«In virtù della nuova intesa – chiosa Puglia –, ora che il loro Comune figura nella lista, oggi queste circa 300 persone dovrebbero essere considerate a tutti gli effetti dei vecchi frontalieri e quindi pagare unicamente le tasse in Svizzera». Il sindacato dà quindi una lettura diametralmente opposta della questione e chiede che il Ticino faccia dietrofront, tanto più che «è l’unico cantone a dare questa interpretazione giuridica dell’accordo»: «Vallese e Grigioni, infatti, riconoscono lo statuto di vecchio frontaliere a tutti coloro che hanno già lavorato come frontaliere in quei cantoni, con rientro giornaliero in uno dei comuni entro i 20 km». 

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