Gehri: «A inizio marzo bisogna riaprire»
«L’economia ticinese soffre come il resto della Svizzera per il virus. Noi avevamo previsto che la disoccupazione non sarebbe cresciuta molto, grazie alla possibilità di utilizzare il lavoro ridotto, che ha aiutato le aziende ad evitare i licenziamenti». Andrea Gehri, presidente della Camera di commercio del canton Ticino, commenta così i dati sulla disoccupazione.
«L’indennità per il lavoro ridotto - precisa - costituisce uno strumento fondamentale per contenere la disoccupazione e le aziende preferiscono ricorrere a questa possibilità invece di licenziare. Le imprese ticinesi hanno dato prova di un’ottima capacità di reazione, sia durante la prima sia durante la seconda ondata, dimostrando di avere un ottimo livello di autofinanziamento. Il nostro cantone è tra quelli che hanno chiesto molti crediti, ma sono stati pochi quelli ad essere stati utilizzati veramente, si parla di un livello di solo il 20%».
Secondo Gehri questo è un segnale importantissimo. «In Ticino abbiamo un’economia resiliente perché diversificata, e questa è una ricchezza. In altri cantoni la situazione è molto diversa, specie in quelli dove le economie dipendono troppo da un solo settore. Questo spiega anche la tenuta del mercato del lavoro».
Molte incertezze
Ma i motivi di preoccupazione non mancano. «Ci sono problemi - spiega Gehri - sul fronte degli investimenti delle aziende, che sono stati tagliati, con minori ricadute sul territorio. Inoltre c’è il tema del telelavoro, molto utilizzato soprattutto nel terziario. Un tema spinoso, perché ci sono attività dove non si può fare a meno del contatto con le persone e crea problemi soprattutto nella formazione dei giovani, categoria colpita duramente dalle misure di isolamento. Inoltre questo porta alla diminuzione delle persone nei centri cittadini, con conseguenze negative per bar, ristoranti e negozi»
«Se il primo lockdown - rileva - ci ha colti impreparati, abbiamo comunque dato prova di una reazione ideale. Invece questo non si può dire per il secondo lockdown, anche perché è nettamente più lungo e le misure, anche se meno incisive, stanno pesando in maniera importante su diversi settori. Secondo noi questa non può essere la modalità con la quale il Consiglio federale potrà sostenere ulteriori chiusure per periodi prolungati. Per esempio nessuno capisce perché i negozi di piccola dimensione hanno dovuto chiudere quando applicavano misure di salvaguardia ideali, con mascherine, distanze di sicurezza, tracciamento, e via dicendo».
Rispetto della salute pubblica
«Noi auspichiamo - conclude Andrea Gehri - che al più tardi per il primo di marzo si possano riaprire sia negozi che esercizi pubblici, chiaramente nel rispetto della salute pubblica. Infatti non possiamo dimenticare che avere un’economia disastrata porta comunque ad avere effetti negativi sulla salute delle persone, e questo per periodi anche più lunghi di una pandemia».