Turismo

Giovanni Frapolli dice addio a Bosco Gurin

L’imprenditore bellinzonese, in rotta di collisione con il Patriziato, minaccia di chiudere e parla di smantellamento degli impianti: «Mi bloccano qualsiasi iniziativa e nemmeno Comunie ASCOVAM sono riusciti a convincerli della bontà dei miei progetti» - Domani assemblea decisiva
Giovanni Frapolli dopo quasi trent’anni potrebbe dire addio a Bosco Gurin. ©CdT/Archivio
Mauro Giacometti
15.04.2021 06:00

È una valanga a ciel sereno quella che travolge la località sciistica di Bosco Gurin. Anche se i segnali del disastro in quota erano nell’aria da qualche tempo con le difficoltà pandemiche e la stagione invernale a singhiozzo che ha esasperato gli animi. Giovanni Frapolli, da una trentina d’anni «patron» della località turistica walser, ha deciso di chiudere baracca e burattini e andarsene. Motivo? «Il Patriziato, proprietario di gran parte dei terreni sui quali sorgono gli impianti, mi blocca ogni progetto o iniziativa di rilancio turistico in una prospettiva extrainvernale», ci dice venendoci a trovare in redazione dopo aver lanciato il sasso dello smantellamento della sua stazione invernale dalle colonne de LaRegione online. Sempre combattivo e propositivo, non è amareggiato, bensì piuttosto arrabbiato per come negli ultimi anni siano stati accolti i suoi progetti di apertura «quattro stagioni» della stazione invernale.
Ma quale Masterplan?
«Quando è stato allestito il Masterplan della Vallemaggia mi è stato chiesto cosa intendessi fare per Bosco Gurin ed io ho illustrato i miei progetti (vedi box) che sono stati inseriti nel documento programmatico. Al momento di iniziare a concretizzare questa mia visione di una stazione turistica aperta tutto l’anno, però, mi sono trovato di fronte un muro, quello eretto dal Patriziato, che ha cominciato a porre il veto e a chiedere di stralciare i miei progetti di rilancio. Sono stato oggetto di accuse inaccettabili da chi, anziché incoraggiare e valorizzare le iniziative imprenditoriali sui propri terreni, pensa solamente ad incassare le tasse e a imporre l’utilizzo gratuito degli impianti ai propri membri. Nemmeno la mediazione dei tre granconsiglieri della Vallemaggia, dei sindaci e dell’ASCOVAM, l’associazione che raggruppa i Comuni della regione, è riuscita a sbloccare la situazione. Alcuni membri del Patriziato si continuano ad opporre, direi piuttosto ottusamente, a qualsiasi innovazione che possa portare lavoro e risorse a Bosco Gurin per tutto l’anno, non solo per i tre mesi invernali».

Ieri pomeriggio abbiamo cercato di contattare, senza successo, il presidente del Patriziato di Bosco Gurin, Egidio Bronz, per una replica. Intanto però l’assemblea patriziale, durante la quale certamente si parlerà dell’addio di Frapolli, è convocata per domani sera alle 20.
Responsabilità cantonali
Come nel suo stile, però, Frapolli non si limita ad accusare i suoi oppositori locali ma alza il tiro anche verso Bellinzona. «È vero, alcuni patrizi mi mettono i bastoni tra le ruote, ma c’è chi li lascia fare. La politica di aiuto alle zone periferiche non funziona, soprattutto se si permette a pochi, sulla base di ragioni arcaiche e antistoriche, di bloccare investimenti milionari. Si fa un gran parlare di politica regionale e rilancio delle periferie ma poi di concreto si fa poco o nulla», sottolinea l’ingegnere bellinzonese.
«Vendo ai russi»
Ma non è, chiediamo, che la sua decisione di abbandonare Bosco Gurin dipenda anche dal cattivo andamento di una stagione invernale appena conclusa e che, considerando il buon innevamento, poteva riservarle molte soddisfazioni, ad esempio se le avessero concesso le terrazze aperte per il ristoro degli sciatori? «La pandemia c’entra poco o nulla. È da quasi trent’anni che ho accettato la sfida di rendere Bosco Gurin una stazione turistica di un certo livello, confrontandomi spesso con i pregiudizi della gente del posto. Ora sono proprio stanco di combattere contro i mulini a vento. Anzi, a chi non crede che, dovessero stare così le cose me ne vado, dico che ho già contattato dei russi ai quali interessano gli impianti. Ma non per rilevare la gestione della stazione turistica: smonterebbero funivia e seggiovia e se le porterebbero via. Basta incontrarsi sul prezzo», dice salutandoci.