Giuseppe Rossi, una vita «Splendide»: «Ora voglio dedicarmi alla formazione dei giovani»
Una vita all’Hotel Splendide Royal. Costellata di tanti successi, tra cui il titolo di «albergatore dell’anno» nel 2022. Ma adesso, dopo 16 anni da direttore, per Giuseppe Rossi è arrivato il momento di dire basta. Un’avventura, quella con il 5 stelle luganese, cominciata nel 1982 e ricca di momenti significativi, che abbiamo voluto ripercorrere in quella che «sarà la mia ultima intervista», come racconta lo stesso Rossi con la voce rotta dall’emozione.
Lo scorso 18 giugno, di fronte a parenti, ospiti storici e amici, ma anche alla proprietà dell’Hotel Splendide Royal, ai collaboratori e a diverse personalità, tra cui il sindaco di Lugano, ha annunciato di lasciare il ruolo di direttore. Non sono mancati i momenti ricchi di emozione, dal suo discorso di commiato a quello di Marco Solari, fino al commovente abbraccio con sua moglie. Era così che si immaginava questo giorno?
No, ma semplicemente perché non ho mai pensato che potesse arrivare il momento in cui questa meravigliosa avventura sarebbe finita. È stato quando ho letto, proprio sul Corriere del Ticino, il titolo «Giuseppe Rossi saluta lo Splendide Royal» che ho cominciato a rendermi davvero conto di quanto stesse succedendo. Forse è stato uno scossone necessario per riuscire a percepire del tutto l’energia che mi stavano trasmettendo tutte le persone che mercoledì sera sono venute apposta per me, la cui presenza mi ha onorato. Riguardandole negli occhi è come se avessi rivissuto tutto il mio percorso in questo hotel, sin dal primo giorno oppure quando, a 25 anni, l’allora direttore nonché mio mentore Aniello Lauro, a sorpresa, mi disse che sarei dovuto andare a fare esperienza altrove, altrimenti non sarei riuscito a crescere ulteriormente.
Anche la leggenda del basket LeBron James aveva lasciato Cleveland, la squadra della sua città natale, nella consapevolezza che sarebbe stato l’unico modo per farle vincere il campionato una volta ritornato, dopo le esperienze in altre squadre.
Quando lo fece lui era già una superstar di livello mondiale. Io invece ero un ragazzo e non compresi del tutto la visione di Lauro, che capì che, se non avessi fatto altre esperienze ampliando la mia visione sul mondo, non sarei riuscito a far riconoscere il mio talento. Per questo non nego che all’epoca ci rimasi male, ma trasformai quella delusione in voglia dimostrare a tutti quanto valevo. Sono stato quindi in diversi paesi europei, con significative tappe a Parigi e a Capri e, quando è arrivato il momento, sono tornato allo Splendid con la stessa voglia di emergere, ma un’altra testa e un’altra consapevolezza.
Cosa vide in lei Aniello Lauro per riaccoglierla e, soprattutto, designarla come suo sostituto?
È quello che gli chiesi una volta. La sua risposta mi rimase impressa, tanto che la racconto ancora oggi ai giovani che si approcciano a questa professione: «non sono io ad averti scelto, sei tu che ti sei fatto scegliere». Mi fu quindi finalmente chiara la sua visione, con la quale aveva programmato da anni il passaggio di consegne con me, che avevo evidentemente le qualità e la passione che ricercava. Per me, infatti non bastava eseguire al meglio i compiti che mi venivano assegnati, ma cercavo di anticipare le richieste e le esigenze. A volte mi bastava una semplice espressione di Lauro per capire cosa avrei dovuto fare, come quando la moglie di un grande attore inglese vide in reception un mazzo di fiori e disse che era meraviglioso. Il direttore mi guardò senza dire nulla e io feci di corsa le scale per portare quello stesso bouquet in camera della coppia prima che entrasse. Sembrano piccole cose, in realtà fanno la differenza. Specialmente in un contesto come Lugano.
Perché Lugano?
È una città che opera in un contesto internazionale, ma dove la vicinanza della comunità locale è fondamentale e in qualche modo ti monitora costantemente. Le persone percepiscono se un direttore è sempre presente, se conosce i loro nomi e se si ferma per salutarli e scambiare due chiacchiere o se si palesa solo quando è necessario, giusto per fare il compitino. È un contesto molto esigente, sicuramente sotto certi aspetti sarebbe più facile gestire un hotel di Parigi o Londra. Ma che sa ricambiare la passione che mettiamo nel nostro lavoro con altrettanto affetto e fedeltà: come ha detto bene il sindaco Michele Foletti, tra lo Splendide e i luganesi c’è un legame indissolubile, un’intimità nella quale le due realtà non solo convivono, ma si completano.
Esiste però un legame anche con le tante personalità internazionali che lo Splendide Royal ha ospitato.
Pensate che Francesco Cossiga, uno dei più importanti politici della storia italiana, la prima volta che vide me e non Aniello Lauro come direttore mi ospitò nella sua suite per chiedermi di raccontagli la mia storia e di come fossi arrivato a dirigere lo Splendide Royal. Questo dà la dimensione non solo del suo spessore e della sua curiosità come uomo, ma di come vedeva quello che per lui era molto di più di un semplice hotel nel quale soggiornare.
Non penso però che tutti gli ospiti siano stati così piacevoli. Anche perché alcune celebrità sono note per i loro capricci.
La grande capacità di un oste è quella di far sentire tutti a casa. Poi non sempre è possibile esaudire ogni desiderio, ma se si fa capire che si è provato a fare di tutto per accontentare le richieste allora anche l’ospite più esigente capisce e perdona. Una volta una signora molto nota, con un corposo entourage al seguito, aveva preso tutto un piano dell’hotel per alcune settimane. Noi eravamo tranquilli che tutto sarebbe stato di suo gradimento, anche perché le camere erano state appena rinnovate. E invece ci avvisa che i divani della sua suite non le piacevano e, se non avessimo rimediato entro l’indomani, se ne sarebbe andata con un notevole danno per l’Hotel. Ci ha specificato che voleva qualcosa di design e realizzato da artigiani italiani, sono quindi andato a Milano a caccia dei divani più in voga. Eppure sembrava che nessuno andasse bene. Sconsolato e quasi rassegnato, vado in un negozio di arredamento vicino al nostro hotel per fare un ultimo tentativo. Le mando le foto del primo divano e lei mi dice che è perfetto. A volte la soluzione migliore è quella che è proprio davanti ai nostri occhi.
L’ennesima dimostrazione del suo impegno. Serve però la collaborazione di tutta la squadra per ottenere i successi.
E questa è stata probabilmente la mia più grande fortuna, perché negli anni sono stato circondato da persone che hanno creduto nei miei progetti. Mi do il merito di aver puntato su molti giovani nei quali intravedevo il talento consapevole e, anche se i risultati non sarebbero arrivati immediatamente, l’importante era creare le fondamenta. Loro però sono stati bravi ed è stato bello vederli crescere. Non nascondo che mi è dispiaciuto quando alcuni hanno preso altre strade, ma fa parte della vita. Ho cercato di guidarli nel modo giusto, trasmettendo i valori di questa professione, che se non si condividono poi non permettono di far star bene i nostri ospiti, cosa che deve essere sempre la nostra missione principale.
Non solo i collaboratori, anche la proprietà ha creduto nei suoi progetti.
Con la famiglia Naldi si è creato nel tempo un rapporto di grande sintonia e fiducia. Tanto da aver avuto l’onore di aiutare Adele, che guiderà l’albergo come CEO, nel suo percorso, consigliandola sia nella scelta della scuola che delle esperienze professionali da intraprendere per acquisire la giusta esperienza. È stato però importante in tutti questi anni riuscire a non perdere mai di vista i rispettivi ruoli: l’imprenditore ha la visione totale di un progetto e le risorse, quindi investe per arrivare a determinati risultati, il direttore è un professionista che deve essere costantemente orientato al bene dell’azienda, senza anteporre i propri interessi. E, quando necessario, dicendo le cose come stanno senza paura di contraddire la proprietà, facendo valere con educazione le proprie competenze e la propria esperienza. Fare lo yes man può essere la cosa più comoda da fare, ma è totalmente inutile e controproducente.
Adesso però ci sarà un nuovo direttore a gestire l’hotel, prendendo in mano anche i lavori che aveva iniziato lei. Non è scontato osservare il loro sviluppo, con la consapevolezza che non si è più i responsabili.
Intanto i lavori saranno lasciati in buone mani. Thomas Brugnatelli non solo è un amico, ma un professionista con una grande reputazione tra gli operatori del lusso. C’erano tanti candidati ma la sua scelta è stato un vero e proprio colpo di genio da parte della proprietà. Quando ho lasciato la direzione dell’hotel Quisisana per anni non sono più andato a Capri. A Lugano sarà sicuramente diverso, ma ancora non riesco a immaginarmi senza la quotidianità che ho vissuto in tutti questi anni. Lascerò che ogni cosa prenda il proprio corso, con discrezione e rispetto verso chi prenderà il mio posto.
Sicuramente avrà più tempo per giocare a golf nel club di Lugano, del quale è presidente.
Magari miglioro pure l’handicap! Vorrei comunque continuare a essere attivo nella formazione dei giovani manager. Sono un ragazzo del centro storico di Napoli che ha avuto l’opportunità di fare un lavoro che ancora oggi mi appassiona e che mi ha permesso di vivere in un contesto che non mi sarebbe mai appartenuto, confrontandomi con persone da tutto il mondo che mi hanno arricchito. Mi sento un privilegiato e mi piacerebbe ricambiare questa fortuna aiutando i ragazzi che hanno i miei stessi sogni. Sono già al lavoro su un importante progetto personale che mi sta molto a cuore e che spero di poter presentare presto. Infine potrò cominciare ad accettare gli inviti dei miei amici in giro per il mondo: finalmente farò l’ospite e non più il direttore. Ovviamente con mia moglie a fianco, la persona che mi è sempre stata vicino per tutto questo “splendido” viaggio.