La reazione

Giustizia, un’idea che divide

La proposta del Governo di testare il modello dell’Unità amministrativa autonoma al Tribunale d’appello non fa l’unanimità – Sabrina Gendotti (Centro): «Mi sembra un po’ improvvisata» – Alessandro Mazzoleni (Lega): «Un atto concreto in favore di una vera riforma»
© CdT/Gabriele Putzu
Martina Salvini
20.08.2025 06:00

«Personalmente, considerato che non ne abbiamo ancora discusso con i colleghi di commissione, mi sembra una proposta un po’ improvvisata». La coordinatrice della Sottocommissione Giustizia, Sabrina Gendotti (il Centro), non nasconde lo scetticismo di fronte alla proposta avanzata dal Dipartimento delle istituzioni e dalla Divisione della Giustizia di avviare un progetto pilota di Unità amministrativa autonoma al Tribunale d’appello (TA). Al centro, come riferito ieri a pagina 5, c’è il proposito di garantire una maggiore autonomia finanziaria all’autorità giudiziaria, partendo proprio dal TA. Eppure, Gendotti non sembra essere convinta della bontà della proposta. «Intanto - spiega la deputata - spiace aver appreso ancora una volta la notizia dai giornali, come già accaduto solo poche settimane fa. Infatti, i deputati della Commissione giustizia e diritti non sono stati in alcun modo informati. Invece, sarebbe bello potersi confrontare con il DI attraverso i canali ufficiali». Ma, fatta questa premessa, Gendotti entra poi nel merito del progetto.

«Sono stupita», ammette, «perché il Governo, in risposta alla risoluzione votata dal Gran Consiglio lo scorso autunno, aveva da un lato dichiarato di non avere preclusioni di sorta ad affrontare il tema, ma dall’altro aveva precisato che ciò non sarebbe avvenuto a breve, come invece richiesto nella risoluzione. Bene, comunque, che si ritenga invece il tema di prioritaria importanza, contrariamente a quanto precedentemente affermato. Per questa ragione noi commissari abbiamo deciso di svolgere in autonomia gli approfondimenti concernenti diverse riforme, tra cui l’autonomia della Giustizia». Non a caso, dice Gendotti, la sottocommissione si è mossa in questa direzione. «Ho incontrato il presidente del Tribunale d’appello e alcuni membri della commissione amministrativa e concordato di fornirci entro la fine del corrente anno un documento che riassuma e compari i vari modelli adottati dagli altri cantoni in cui l’autonomia della Giustizia è già una realtà da anni, e valutare in seguito quale potrebbe essere il più adatto per il Ticino». Ma, soprattutto, secondo la granconsigliera «mal si comprende la necessità di un progetto pilota. È come se si volesse testare il TA per capire se la Giustizia è in grado o meno di gestirsi da sola. Se si vuole davvero introdurre l’autonomia del potere giudiziario, occorre creare l’adeguata base legale, la necessaria organizzazione interna e fornirgli un budget». Per Gendotti, infatti, «un conto è applicare lo statuto di Unità amministrativa autonoma a realtà come l’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale o il Centro sistemi informativi, un altro è applicarlo al terzo potere». Senza dimenticare, dice, la questione del budget. Già, perché secondo la coordinatrice della Sottocommissione, con questo modello sarebbe ancora il Governo a stabilire e avallare l’importo. Insomma, «il coltello dalla parte del manico rimarrebbe nelle mani dell’Esecutivo, come avviene oggi. Invece, dal nostro punto di vista, occorrerebbe prima allestire un preventivo inerente alle entrate e alle uscite della Giustizia - che oggi non esiste - e in seguito dovrebbe poi essere approvato dal Parlamento, altrimenti nulla cambierà davvero».

A questo punto, l’auspicio della coordinatrice è che nelle prossime settimane il direttore del DI, rispettivamente il nuovo responsabile della magistratura, possano incontrare i commissari e discutere il tema. «Spero davvero che si possa collaborare, marciando tutti nella stessa direzione».

«Un primo passo»

Di diverso avviso, invece, Alessandro Mazzoleni (Lega) che proprio ieri mattina, in qualità di presidente della Commissione Giustizia e diritti, ha avuto modo di vedere insieme ai suoi due vice Cristina Maderni (PLR) e Ivo Durisch (PS) in «un incontro informale» i due consiglieri di Stato Norman Gobbi e Claudio Zali, che nelle prossime settimane si scambieranno la competenza politica del dossier della Magistratura. «Abbiamo ribadito la reciproca disponibilità a lavorare insieme», commenta Mazzoleni, spiegando tuttavia che un vero confronto sui temi avverrà in sede commissionale soltanto nelle prossime settimane. Per ora, comunque, il presidente si limita a prendere atto «con molto piacere» del progetto che dovrebbe veder coinvolto il Tribunale d’appello. «In pratica, il Governo sta iniziando a concretizzare quanto la Commissione Giustizia e diritti aveva proposto con la risoluzione generale approvata in ottobre dal Parlamento». La mossa del Consiglio di Stato, insomma, «è da leggere come un atto concreto in favore di una vera riforma per la Giustizia». Certo, ammette Mazzoleni, «non si tratta ancora dell’autonomia finanziaria e amministrativa che noi auspicavamo nella risoluzione, ma è comunque un primo passo che dimostra che, se si lavora insieme, le cose si possono realizzare».

A questo punto, aggiunge, «la speranza è che questo modello si riveli efficiente e possa quindi rappresentare una soluzione concreta e definitiva». Per Mazzoleni è anche comprensibile la prudenza con cui si è mosso il Governo, e quindi l’idea di iniziare con un progetto pilota destinato al solo TA: «Da parlamentare, è ovvio che preferirei avere sul tavolo una soluzione definitiva, ma capisco anche che l’Esecutivo debba procedere a piccoli passi prima di lanciarsi in riforme totali. Ogni cambiamento, perché possa funzionare, necessita di ottenere l’approvazione di tutti gli attori coinvolti».

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