Gli addentellati luganesi del caso Daniela Santanchè
Da diversi mesi in Italia è molto discussa la vicenda penale che coinvolge la ministra del Turismo Daniela Santanchè e alcune società a lei riconducibili. Vicenda per cui è di recente stata rinviata a giudizio con l’accusa di concorso in falso in bilancio assieme ad altre quindici persone, fra cui il marito, per aver fornito informazioni infondate o incomplete ai soci di minoranza sui conti della società Visibilia fra il 2016 e il 2022, anni in cui era presidente e amministratrice delegata della stessa, fino alla sua nomina a ministra del Turismo. Poco dopo la procura di Milano ha sostanzialmente messo in fallimento la società e aperto un’indagine a carico anche della politica, che respinge le accuse, di cui un filone è appunto quello sfociato nel recente rinvio a giudizio.
In seguito, e al di fuori, delle vicende penali italiane, Santanchè è poi rientrata in Visibilia, immettendoci anche capitali. Di recente, però, ha deciso di venderla. A fine anno scorso è infatti stato annunciato un contratto preliminare di compravendita con una società di gestione patrimoniale con sede a Paradiso, che nei programmi entro il 31 marzo entrerà in possesso del 75% delle azioni di Visibilia. Le riviste Novella 2000, Ciak e Visto (Visibilia è attiva in ambito editoriale) troveranno dunque casa in Ticino. Sempre che la compravendita andrà liscia, perché un socio di minoranza di Visibilia, lo stesso dalle cui segnalazioni hanno preso il là le indagini italiane, ha annunciato nei giorni scorsi dalle colonne del «Fatto Quotidiano» «un esposto per riciclaggio ai magistrati di Lugano». Non è noto se vi abbia poi già dato effettivamente seguito.
L’imprenditore abruzzese
I dubbi sull’operazione sono stati in particolare evidenziati in una recente puntata della trasmissione Rai Report, dal titolo «Il Santo Patron», che ha intervistato colui che si è definito la mente dell’operazione, un imprenditore abruzzese. Egli si definisce business developer (procacciatore d’affari) per la società di Paradiso, e quest’ultima in una nota firmata dai suoi due amministratori concorda, precisando che l’uomo non è «né socio né investitore» della società stessa e che non ha partecipato alle trattative e agli accordi sottoscritti per la compravendita di Visibilia.
Gran parte del servizio di Report è dedicato a ricostruire il passato dell’imprenditore abruzzese, e da esso emergono quantomeno delle ombre. In particolare nel 2019 l’uomo è finito ai domiciliari nel quadro di un’inchiesta italiana in cui è sospettato di aver gestito un centinaio di società attive solo sulla carta tramite cui avrebbe messo in piedi operazioni fittizie allo scopo di creare falsi crediti IVA. Due anni fa per questo il Tribunale di Milano gli ha sequestrato 39 milioni di euro che crede essere provento di tale presunta frode, per cui l’inchiesta è ancora aperta. A Report l’imprenditore ha confermato il sequestro degli averi e si è detto tranquillo riguardo al buon esito dell’indagine.
Pochi mesi dopo l’avvio dell’inchiesta, afferma sempre Report, l’imprenditore è uscito da tutte le società a lui intestate e ha fondato una holding che formalmente è di proprietà di una SA con sede a Val Mara che vede quale amministratore unico un ticinese. Raggiunto dal giornalista italiano, quest’ultimo ha affermato che l’imprenditore abruzzese è il direttore amministrativo della SA di Val Mara e che vi sarebbe un legame con la società di Paradiso: «L’imprenditore mi ha chiesto di trasferire un capitale iniziale di 100.000 franchi alla società di Paradiso sei mesi fa per avviare le attività, pagare gli affitti. Io non so neanche che cosa facevano prima». Il ticinese ha riferito inoltre che ora è la società di Paradiso l’azionista di maggioranza della holding dell’imprenditore abruzzese. Considerando anche che in questi mesi la società di Paradiso ha pure comprato la squadra della città d’origine dell’imprenditore abruzzese (dove viene peraltro chiamato «patron»), Report ne deduce che «il ruolo dell’imprenditore è più centrale di quanto possa sembrare» e che la società di Paradiso sia stata riattivata in tempi recenti. Circostanza, questa, però negata dai suoi due amministratori, che scrivono che essa «è attiva da 14 anni e opera con trasparenza e nel pieno rispetto delle normative federali: non è stata costituita ad hoc per favorire alcuna operazione specifica». Da notare che la società era stata liquidata con decisione assembleare a inizio 2022; decisione poi revocata dall’assemblea stessa qualche mese dopo. Quanto al dubbio che i soldi usati per acquisire Visibilia e la squadra di calcio possano essere provento della presunta frode italiana, a precisa domanda di Report l’imprenditore abruzzese ha risposto «assolutamente no».
E ora?
Riguardo ai guai giudiziari dell’imprenditore, i due amministratori della società di Paradiso hanno scritto in una nota di non esserne a conoscenza: «Siamo dispiaciuti di apprendere notizie riguardanti presunti fatti penali a suo carico. Tuttavia, qualora tali vicende dovessero compromettere la credibilità della nostra società, ci riserviamo il diritto di agire in tutte le sedi opportune per tutelare la nostra reputazione e richiedere il risarcimento di eventuali danni subiti».
Come detto in entrata, la compravendita potrebbe finire sotto la lente della giustizia penale, in particolare se l’azionista di minoranza di Visibilia darà effettivamente seguito al suo proposito di segnalare la fattispecie in Procura a Lugano.