I casi di pertosse si diffondono, «fondamentale la vaccinazione»

L’allarme è risuonato un po’ in tutti i Paesi europei: i casi di pertosse sono in preoccupante aumento. Secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), i dati di casi accertati di pertosse in Europa nel 2023 e fino allo scorso aprile sono stati 60 mila, in aumento di dieci volte rispetto ai due anni precedenti. Una tendenza al rialzo che si registra anche in Svizzera, dove secondo i dati dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) a maggio i casi segnalati erano raddoppiati rispetto a quelli dell’intero 2023. «Anche in Ticino, stando alle segnalazioni dei pediatri attivi sul territorio, i casi sono aumentati ed è possibile che il picco arrivi nei prossimi mesi», spiega Lisa Kottanattu, specialista in pediatria e malattie infettive, caposervizio dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana dell’Ente ospedaliero cantonale. «Non essendo una malattia a dichiarazione obbligatoria - prosegue - non abbiamo dati esatti sulla sua diffusione nel nostro cantone. Ma stando ai colleghi, l’incremento nell’ultimo periodo è stato evidente, anche se per fortuna non abbiamo avuto pazienti che necessitassero un ricovero ospedaliero». Trattandosi di una malattia molto contagiosa, sostiene la specialista, «è necessario stare all’erta». «Un soggetto infettato e sintomatico può contagiarne molti altri. E questo può essere molto pericoloso, specialmente se pensiamo ai bambini molto piccoli, che frequentano ad esempio gli asili nido».
Rischi e misure
La pertosse, un’infezione batterica che porta ad avere attacchi di tosse molto forti, determinando difficoltà respiratorie e persino conati di vomito, colpisce tanto gli adulti quanto i bambini. Ma per i più piccoli i rischi sono maggiori. «Specialmente per i lattanti sotto i sei mesi, perché possono incorrere in complicazioni maggiori. In casi rari, non si può escludere persino il decesso». La cura viene somministrata con una terapia antibiotica, spiega Kottanattu. «Ma è importante sapere che tanto prima si fa la diagnosi e più efficace è la cura, in modo da influenzare positivamente il decorso della malattia. Senza trattamento, infatti, si allungano i tempi della malattia e si rischia anche di contagiare un gran numero di persone».
Per proteggersi in maniera efficace, in Svizzera è raccomandata la vaccinazione. «Protegge in 9 casi su 10 da un decorso grave e in 7 su 10 da un’infezione». Fondamentale, spiega l’esperta, è la somministrazione del vaccino anche alle donne incinte, in modo che possano produrre gli anticorpi da passare al neonato. I bambini, invece, possono essere vaccinati a partire dai due mesi di vita, e un secondo richiamo viene fatto a 4 mesi. «In pratica, la protezione ottimale del bebè è garantita dal quinto mese di vita. Prima di quel momento, dobbiamo evitare che il piccolo entri in contatto con il batterio della pertosse. Come? Facendo sì che le persone attorno a lui - la mamma, il papà e i parenti più stretti come i nonni - siano vaccinate».
Secondo le più recenti raccomandazioni, prosegue inoltre Kottanattu, la vaccinazione deve essere fatta a ogni gravidanza: «Visto che il numero di anticorpi tende a calare, per proteggere al meglio il neonato è consigliato vaccinare la mamma a ogni nuova gravidanza. In questo modo, può trasmettere al nascituro il massimo numero possibile di anticorpi». Per il padre e per gli altri adulti a stretto contatto con il bebè, invece, il richiamo diventa necessario se l’ultima dose di vaccinazione risale a più di dieci anni prima. In Svizzera, lo ricordiamo, non esistono vaccinazioni obbligatorie. «In Ticino, nel 2021, il 96% dei bambini di 12 mesi aveva ricevuto le 3 dosi raccomandate del vaccino. Si osserva però una diminuzione progressiva della copertura vaccinale con l’aumentare dell’età che a 25 anni scende al 67% a livello federale e al 73% a livello cantonale».
Qualcosa si è inceppato
A causa della pandemia, però, negli ultimi anni qualcosa si è inceppato nell’adesione alla vaccinazione. E questo può aver portato alla recrudescenza dei casi osservata negli ultimi mesi. «L’emergenza causata dal coronavirus ha fatto passare le vaccinazioni ‘’di base’’ in secondo piano. La paura di andare dal medico può aver portato le persone a posticipare - o a saltare del tutto - le vaccinazioni standard. Se non sono poi state recuperate, potrebbero quindi aver portato a un rischio accresciuto di diffusione della malattia». Non solo, anche le mascherine e il distanziamento hanno giocato un ruolo. «A causa di tutte le misure di protezione adottate, per un certo periodo la circolazione di virus e batteri è diminuita. Una volta abbandonate le misure di protezione, però, questi germi sono tornati a circolare in maniera maggiore, e questo spiega l’aumento dei casi, di pertosse ma non solo».