«I giovani in politica hanno molto da dare»
Con i suoi 27 anni Fabio Käppeli è il municipale più giovane delle città ticinesi. La sua carriera politica è stata un crescendo, a livello sia cantonale sia comunale. Il prossimo aprile non difenderà il seggio in Gran Consiglio. Una decisione motivata con il fatto, come ci spiega nell’intervista, di volersi concentrare appieno sullo sviluppo di Bellinzona di cui è capodicastero Finanze, economia e sport dall’aprile 2021.
È stato eletto in Gran Consiglio nel 2015, ad appena 20 anni. È vero che «masticava» già politica da alcuni anni (è stato presidente, tra l’altro, dei Giovani liberali radicali ticinesi dal 2014 al 2015), in ogni modo non deve essere stato evidente per un giovane affacciarsi alla «res publica» cantonale. Ha incontrato delle difficoltà? Qual è il suo bilancio dopo due legislature?
«Lo dico subito, il bilancio è molto positivo è la decisione non è stata presa a cuor leggero. Sono grato agli elettori e al partito per l’opportunità avuta, perché mi sento un privilegiato, a poco più di 20 anni, ad aver potuto contribuire in prima persona al futuro del nostro Paese, approfondire alcuni ambiti sempre attuali, come il mercato dell’energia, e dall’altro discutere nelle commissioni con i colleghi Franco Celio, Jacques Ducry, Fabio Bacchetta-Cattori e non solo loro. Mi ha permesso di crescere e imparare molto grazie all’esperienza – politica, ma soprattutto di vita – di praticamente tutte le altre colleghe e colleghi. Un po’ mi spiace lasciare il gruppo PLR in Gran Consiglio, tante teste diverse che ragionano insieme per arrivare alla soluzione. Tra i temi a me cari ho sempre cercato di battermi per le libertà individuali, e credo che un certo vento in questo senso siamo riusciti a portarlo».
«In molti dicono che i giovani in politica devono avere il coraggio di osare», scrive sul suo sito Internet. Cosa intende?
«I giovani al giorno d’oggi sanno che non viene regalato nulla, serve dunque il giusto mix di impegno, determinazione e coraggio. Così è pure in politica, un mondo apparentemente lontano, ma in cui abbiamo molto da dire e rimaniamo sottorappresentati. Anche per questo non tutti sono contenti della mia decisione».
È un politico che osa?
«Credo sia abbastanza nella mia indole e nel mio modo di intendere la politica. Talvolta bisogna agire, e io preferisco prendere una posizione senza magari poter far contenti tutti. Chiaro che è più facile “osare” in un Legislativo, mentre dall’altra parte, nell’Esecutivo, si ha tutt’altra responsabilità. Si ha però anche la possibilità di incidere molto di più».
Prima la «gavetta» fra i giovani PLR, poi il Parlamento e in seguito il Consiglio comunale (dove ha ricoperto la carica di capogruppo) e, dall’aprile 2021, il Municipio di Bellinzona. È più affascinante la politica cantonale o quella comunale?
«È difficile esprimere una preferenza tra due ordini di temi e problematiche tanto diversi e altrettanto interessanti. La differenza principale, alla fine, sta nel ruolo. Un Esecutivo e un dicastero ti coinvolgono molto di più, ti permettono di vedere concretezza e risultati senza dover superare lunghe discussioni prima di raggiungere il consenso necessario – come nel caso dell’insegnamento del tedesco – e dover poi lasciare l’implementazione ad altri. In definitiva, però, l’Esecutivo ti assorbe molto, e dopo un po’ non si riesce più ad arrivare dappertutto».
Lei non si ricandida per dedicare più spazio, oltre alla vita privata e professionale, al ruolo di municipale della capitale. Al giorno d’oggi è davvero inconciliabile il doppio incarico di granconsigliere e membro dell’Esecutivo di una città?
«È una scelta personale. La carica di municipale in una città è di per sé già molto impegnativa, tanto da dover superare spesso abbondantemente le ore da dedicarvi. Poi non intendo nemmeno fare il politico di professione, ed è anche per questo che ora ho deciso di concentrarmi dove posso fare maggiormente la differenza».
Ergo: abbandona la politica cantonale perché vede più opportunità a Bellinzona?
«In realtà non chiudo nessuna porta. Non è un addio alla politica cantonale in cui ho mosso i miei primi passi e dove mi sono trovato a mio agio, né penso di poter fare i conti senza gli elettori. Lascio semplicemente per dedicarmi alla mia città. Ogni altro discorso è sicuramente prematuro».
Quanto è difficile, nel contesto attuale caratterizzato da una grande incertezza a causa prima della COVID-19 e poi della guerra in Ucraina, essere alla testa del Dicastero finanze, economia e sport di Bellinzona?
«La sfida del mio dicastero è quella di sostenere la crescita di una città che vuole investire molto per concretizzare le sue visioni. Non è sempre facile la funzione che ti obbliga a tenere d’occhio i conti, poiché comprendo bene che le esigenze e le aspettative di cittadinanza, famiglie, economia e via dicendo sono numerose. Nell’immediato non si possono fare miracoli, ma l’attenzione alla spesa deve rimanere alta poiché nei prossimi anni i conti non si prospettano migliori, anzi».
La capitale ha soffiato su cinque candeline. A parte qualche inciampo si può comunque dire che sta crescendo bene, non solo a livello demografico. Fondamentali per lo sviluppo, in prospettiva, saranno tuttavia i progetti strategici (il nuovo comparto alle Officine FFS, l’ospedale regionale alla Saleggina, la valorizzazione della Fortezza, il consolidamento del polo biomedico, ecc.). Progetti il cui orizzonte è il 2026-2030. Nel frattempo come riuscire a rendere «attrattiva» la nuova Bellinzona essendo, peraltro, confrontati con delle finanze che non consentono di fare voli pindarici?
«La Città e l’amministrazione non sono evidentemente ancora perfette, ma l’aggregazione sta già dando buoni risultati e la qualità di vita a Bellinzona ci viene riconosciuta essere buona. Ad ogni modo gli investimenti che stiamo portando avanti sono orientati alla crescita socioeconomica della nostra città, e – per quanto possibile – cerchiamo di anticipare gli scenari futuri. Penso ad esempio proprio al polo biomedico e a quanto fatto con l’acquisizione dello stabile di via Vela, praticamente già completo e con una bella spinta in termini di posti di lavoro. Ma la qualità di vita sta anche nelle piccole cose e negli investimenti che facciamo nei quartieri. Dobbiamo dunque tenere ben presenti gli obiettivi, cogliendo sin dall’inizio le opportunità che si prospettano e lavorando sempre in modo calibrato. Solo così riusciremo a concretizzare visioni fruttuose già nel presente».