Giustizia

I giovanissimi e la criminalità: «Mancano effettivi e strutture»

Ancora da record gli incarti aperti nel 2024 dalla Magistratura dei minorenni, che ha vissuto un altro anno molto complicato – Fabiola Gnesa: «In assenza di un centro chiuso, sono stata costretta a collocare alcuni ragazzi in carcere in attesa di trovare una soluzione idonea»
©CHRISTOF SCHUERPF
Martina Salvini
17.02.2025 06:00

Un altro primato di incarti aperti, la mancanza di strutture idonee e un effettivo al momento molto limitato. Un altro anno è passato, ma per la Magistratura dei minorenni le difficoltà rimangono evidenti. «È stato un 2024 impegnativo, molto», risponde la magistrata Fabiola Gnesa quando la contattiamo. Difficoltà testimoniate dai numeri, sempre preoccupanti, che riguardano i giovani - spesso giovanissimi - che delinquono. Nel 2024, sono stati 1.494 i procedimenti penali aperti, una settantina in più dell’anno precedente e un dato quasi raddoppiato rispetto a dieci anni fa. A crescere, dice Gnesa, sono però stati anche gli incarti chiusi: «Siamo partiti all’inizio del 2024 con 472 procedimenti penali pendenti e abbiamo concluso il mese di dicembre con un totale di 1.553 procedimenti chiusi, che corrispondono a 1.189 decisioni emesse per 912 imputati». Rispetto al 2023, quando gli incarti chiusi erano stati 1.300, la Magistratura dei minorenni è riuscita lo scorso anno a evaderne 200 in più. «Ciò dimostra che abbiamo dovuto lavorare con impegno e fatica per far sì che il principio della celerità venisse rispettato. Cosa che non sempre si riesce a fare, specialmente quando abbiamo a che fare con inchieste lunghe e complesse».

Per quanto riguarda la tipologia dei reati, «notiamo una certa stabilità per quanto riguarda quelli penali che - come nel 2023 - si confermano attorno al 39% del totale». Per contro, appaiono in leggera diminuzione i reati contro il patrimonio, passati dal 26% del 2023 al 23% dello scorso anno, mentre crescono di due punti percentuali (dall’1 al 3%) quelli contro l’onore e la libertà personale. «Un dato, quest’ultimo, legato all’importante inchiesta che ha visto coinvolto un gruppo di ragazzini autori di spedizioni punitive contro adulti intenzionati ad avere rapporti sessuali con minorenni». Il caso, lo ricordiamo, è venuto a galla nell’ottobre dello scorso anno, quando 18 minorenni (tra i 13 e i 17 anni) e un 18.enne, tutti domiciliati nel Luganese, sono stati fermati dopo un’indagine durata diversi mesi. Stando alle ricostruzioni, sfruttando i social media e usando anche di profili falsi, il gruppetto entrava in contatto con uomini intenzionati ad avere incontri sessuali. A quel punto, veniva organizzato un appuntamento che si tramutava in una spedizione punitiva. I fatti venivano poi filmati e condivisi con altre persone. «Ora - dice Gnesa - siamo alle battute finali dell’inchiesta. L’operazione - una prima in Svizzera - è stata molto e lunga complessa, al punto che sono oltre una trentina i ragazzi coinvolti, seppure con gradi di responsabilità diversi». Malgrado la gravità di quanto accaduto, soprattutto per il numero di minorenni coinvolti, si tratta comunque di «un caso isolato», tiene a sottolineare la magistrata. In situazioni simili, però, è necessario portare avanti un ampio lavoro di prevenzione e di sensibilizzazione. Non a caso, spiega Gnesa, «con l’aiuto della Polizia e del DECS siamo intervenuti nelle scuole frequentate dai giovani coinvolti nel caso per parlare a fondo con gli altri ragazzi, per far loro capire la gravità di quanto accaduto».

«Mi ha colpito la cattiveria»

A colpire la magistrata è stata in particolar modo «la cattiveria» con cui il gruppo ha agito: «Credo che i giovani, oggi, abbiano un problema a verbalizzare le emozioni che vivono. E questo lo notiamo a vari livelli, fino ad arrivare al limite del comportamento antisociale. Quando un ragazzo non riesce a relazionarsi e a ‘‘sentire’’ l’altro le conseguenze possono essere devastanti». Di fronte a casi simili, il ruolo della Magistratura dei minorenni, «con il suo compito educativo, protettivo e punitivo», è anche assicurarsi che il giovane non ci ricaschi, reiterando il reato. «Quando si ha a che fare con i minori, è molto più difficile che con gli adulti. Si trovano in una fase della vita di profondo cambiamento. Prima di muoverci in qualunque direzione, ci occupiamo di capire chi è il ragazzo che abbiamo di fronte a noi, tentiamo di comprendere la sua situazione personale generale per poterlo aiutare a raggiungere una certa consapevolezza e autonomia. A questo proposito, riceviamo il supporto degli educatori del Servizio educativo minorile della Magistratura dei minorenni, spesso poi facciamo eseguire la perizia forense per comprendere se e quali fragilità affliggono i minori in questione e se vi sia un rischio di recidiva. È importante poi tenere conto di tutta la sua realtà (familiare, sociale, scolastica). Niente, però, è precluso: se ben seguito, anche un ragazzo con fragilità e problemi può essere aiutato. Ma non bisogna mollarli, dobbiamo cercare di esserci, essere fermi e solidi».

Fondamentale, in questo senso, è prestare attenzione ai possibili segnali d’allarme, in modo da intervenire in modo precoce. «Quando arriva in Magistratura, a volte è tardi, perché significa che il ragazzo ha già commesso un reato. Per questo è importante che le figure di riferimento del giovane intervengano non appena si palesa un possibile disagio, chiedendo aiuto e supporto». Il ruolo della famiglia, così come quello della scuola, sono quindi fondamentali, dice Gnesa. «Spesso ci scontriamo con un grosso problema: la mancanza di figure di riferimento stabili e coerenti. Chiunque ha a che fare con un minorenne - soprattutto la famiglia - dovrebbe invece sapersi mettere in discussione».

Molte esigenze, pochi soldi

Tra le difficoltà maggiori con cui deve fare i conti la Magistratura dei minorenni ci sono le risorse limitate. «Ci mancano le persone, ma anche le strutture», spiega Gnesa. Il diritto penale minorile, ricorda, prevede oltre alle pene, anche le misure protettive, sia ambulatoriali che stazionarie. La misura protettiva ambulatoriale, che lascia i minori sul territorio, viene eseguita dagli educatori della Magistratura dei minorenni che hanno il mandato di accompagnare in modo continuo il minore e la famiglia. Invece, «sia le incarcerazioni preventive, sia il collocamento in una struttura chiusa sono l’ultima ratio». Tuttavia, ammette la magistrata, «mi è capitato di dover collocare in carcere alcuni giovani, in attesa di poterli spostare altrove per evitare che si mettano in pericolo e mettano in pericolo terze persone. Sono casi estremamente gravi, dove c’è un grande lavoro di rete tra le autorità civili, penali e i vari operatori sociali. Non mi piace, ma sono stata costretta a farlo in assenza di alternative».

Una decisione, ribadisce Gnesa, motivata proprio dalla mancanza di strutture in Ticino. «In attesa della nuova unità pedopsichiatrica, al momento alcuni minorenni vengono mandati alla Clinica psichiatrica cantonale, che ovviamente non è la soluzione adeguata, non essendo stata ideata per i minorenni». L’ideale, prosegue, sarebbe seguire il modello adottato dalla Svizzera interna, «e poter contare su strutture complete che prevedono, una chiusura breve iniziale, poi una semi-apertura e infine un’apertura con la possibilità di intraprendere un apprendistato, creando una continuità che a molti di questi minori è mancata». Ma, soprattutto, dovremmo contare «su un collocamento in strutture di tipo terapeutico, e non solo educativo». A questo proposito, non sono mancati gli incontri con le autorità cantonali per tentare di trovare una soluzione. «Tutti - dal DECS al DSS, fino al DI - sono consapevoli del problema. Purtroppo, però, ci troviamo in un momento storico nel quale le esigenze sono tante e i soldi pochi». Per la stessa ragione, la Magistratura dei minorenni è ancora in attesa di un potenziamento dell’organico. «Oltre a me, oggi ci sono una sostituta magistrata dei minorenni e una segretaria giudiziaria. In più, possiamo contare su tre educatori. Troppo poco per poter smaltire il lavoro, ma soprattutto per poter garantire ai giovani che seguiamo e alle loro famiglie un accompagnamento continuo».

Decisamente in calo, rispetto al 2023, è il dato dei reati commessi dai richiedenti l’asilo minorenni. «La diminuzione è stata notevole», commenta Gnesa. Un dato che differenzia il Ticino dagli altri cantoni, dove invece il carico di lavoro è rimasto elevato. «È presumibile che il calo sia da imputare a un numero minore di ingressi e a un’attenuazione della pressione migratoria al confine sud». Proprio la diminuzione dei reati riconducibili ai richiedenti l’asilo minorenni ha determinato anche a un calo delle incarcerazioni. «Nel 2024 le decisioni di detenzione preventiva sono state 22, contro le 51 dell’anno prima».