I lavori di scavo per il raddoppio della galleria autostradale del San Gottardo entrano nel vivo

Alle undici in punto, la gigantesca fresa che scaverà il secondo tunnel autostradale del San Gottardo ha compiuto il suo primo giro. Un momento storico, accolto con un lungo applauso da autorità politiche, progettisti, ingegneri, maestranze, operai e dalle note della banda dell’alta Leventina. Dopo cinque anni di lavori di preparazione, il raddoppio del tunnel è finalmente entrato nel vivo, nella sua fase più importante. Fra poche settimane, la macchina – chiamata «Paulina», come la moglie dell’ingegnere che l’ha costruita – inizierà da Airolo il suo lungo viaggio sotto la montagna per ricongiungersi con la sua gemella, che partirà invece dal portale di Göschenen. L’incontro fra le due frese, con la caduta dell’ultimo diaframma, è prevista nel 2027. In mezzo, appunto, un percorso a ritmi molto sostenuti (stiamo parlando di un avanzamento di una ventina di metri al giorno) e che occuperà centinaia di minatori e operai ai due lati del San Gottardo. Una volta completato lo scavo si procederà con l’apertura della nuova canna, che avverrà nel 2030 al termine del collaudo e della messa in servizio dell’intero sistema. Nello stesso anno cominceranno altresì i lavori per la ristrutturazione completa del vecchio traforo, che proseguiranno fino al 2033. Solo allora il nostro Paese potrà beneficiare per davvero del raddoppio.


Prima della benedizione e la preghiera a Santa Barbara da parte del parroco di Airolo Don Elizalde, sul palco della cerimonia ufficiale all’entrata dello scavo si sono susseguite le autorità politiche. Oscar Wolfisberg, sindaco di Airolo, ha lodato lo spirito dei montanari, che con coraggio e lungimiranza sono disposti a fare sacrifici in nome di opere che servono al bene collettivo. «Evviva il San Gottardo», ha sottolineato in chiusura. La parola è poi passata al presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta (ad Airolo erano presenti pure i colleghi Claudio Zali, Norman Gobbi e Raffaele De Rosa, così come il consigliere nazionale Alex Farinelli e il consigliere agli Stati Fabio Regazzi). Anche il direttore del DFE ha sottolineato l’importanza e la solennità del momento. «Il San Gottardo è considerato da sempre simbolo della nostra Svizzera», ha osservato. «Per noi ticinesi è un punto di riferimento. La sua storia, i suoi miti, si intrecciano profondamente con le radici e lo sviluppo del nostro Paese, rappresentando un elemento centrale della nostra identità collettiva». Il San Gottardo è quindi l’unica montagna svizzera a racchiudere in sé tutti questi elementi, «cuore pulsante delle Alpi, luogo di nascita della Confederazione, sorgente dei grandi fiumi europei e crocevia tra le diverse regioni linguistiche e culturali della Svizzera». Vitta ha quindi ripercorso la leggendaria conquista del San Gottardo fin dalle origini, per poi arrivare ai giorni nostri. «Un’opera», ha detto a proposito della seconda galleria autostradale, «che guarda al futuro e che non appartiente soltanto a Ticino e Uri, bensì a tutta la Svizzera». E che aumenterà la sicurezza, riducendo il pericolo di isolamento del nostro cantone.
Di fronte alle maestranze e a tutti i vertici dell’Ufficio federale delle strade, Albert Rösti ha invece parlato di «una pietra miliare per il più importante collegamento nord-sud della Svizzera». Il consigliere federale ha sottolineato l’importanza dell’opera per le future generazioni, ringraziando la popolazione locale «per la pazienza e il sostegno». Rösti si è quindi soffermato sulla fresa, «che permetterà di avanzare di 20 metri al giorno, qualcosa di incredibile. Inoltre, rispetto agli scavi per il vecchio traforo, i rischi per gli operai saranno molto minori». Un traguardo possibile proprio grazie all’enorme macchinario, «un simbolo di innovazione e di eccellenza tecnica». «Il legame tra il nord e il sud della Svizzera è fondamentale per l’unità del Paese», ha aggiunto il «ministro» dei trasporti. «Se avessimo dovuto chiudere il tunnel del San Gottardo senza un’alternativa, tutto questo sarebbe venuto a mancare».
Un iter politico lungo e pieno di insidie
Nel suo discorso, il consigliere federale Albert Rösti ha evocato la «lungimiranza politica» che ha permesso la costruzione del raddoppio della galleria autostradale del San Gottardo. Una lungimiranza politica che ha radici profonde: in origine, infatti, erano stati gli allora consiglieri agli Stati Dick Marty e Filippo Lombardi, come ricordato dallo stesso Rösti, a battersi (con una mozione del 2010) affinché venisse garantito lo scorrimento del traffico attraverso il San Gottardo anche durante i lavori di risanamento del vecchio tubo. Senza questa volontà, «il Ticino sarebbe rimasto isolato a lungo», ha sottolineato il «ministro» dei trasporti durante la cerimonia.
L’iter politico seguito dalla mozione è stato laborioso, ed è finito al centro di una lunga e accesa battaglia sfociata in una votazione popolare (il referendum aveva raccolto centomila firme). I cittadini si erano espressi nel 2016, dicendo un chiaro sì – con il 57% dei favorevoli a livello svizzero, il 57,8% in Ticino – al raddoppio del San Gottardo, dal costo di poco superiore ai 2 miliardi di franchi. E il tanto temuto, in fase di campagna, aumento della capacità? Non ci sarà, perlomeno non a medio termine: l’articolo sulla protezione delle Alpi (che deriva dall’omonima iniziativa approvata nel 1994) beneficia di una doppia garanzia: quella costituzionale e quella della legge ordinaria. Se davvero si volesse intraprendere la via dell’aumento della capacità, i cittadini sarebbero automaticamente chiamati al voto.