Arte urbana

I nuovi graffiti, un simbolo di modernità

Lugano ha visto fiorire tre enormi e coloratissimi murales in pieno centro - Non più sinonimo di degrado, oggi la street art connota l’apertura culturale delle città che la ospitano - Borradori: «Anche questo tipo di opere dimostrano che stiamo puntando sull’arte» - FOTO
©CdT/Chiara Zocchetti

«Così si colora una Lugano un po’ austera». «Le altre città ticinesi dovrebbero fare la stessa cosa». «Bello, ok. Ma sono cose che in altre realtà meno periferiche si fanno da 30 o 40 anni». «Bello, ok. Ma così si istituzionalizza un’arte nata come forma di ribellione». I tre giganteschi graffiti apparsi in città nelle ultime settimane - parte del progetto Arte Urbana Lugano - hanno avuto un successo folgorante. Anche perché hanno sollevato un grosso dibattito sulla città che si vorrebbe vedere, in un centro tra l’altro ancora in forte crisi d’identità. C’è chi - probabilmente esagerando un po’ - vedendo spuntare in viale Franscini la balena della Nevercrew,e sapendo che opere simili sarebbero apparse a breve un po’ in tutto il centro, ha immaginato una sorta di punto di svolta per Lugano. Quasi a dire «Addio banche, benvenuta arte» e attribuendo ai murales nientemeno che il peso di essere un simbolo del passaggio di testimone - «al potere» - tra i baby boomer e la Generazione X. Per buona pace dei millennial, costretti ad aspettare ancora un po’ il loro turno. Ma alla fine la forza dell’arte è proprio questa: stimolare la discussione. «Sono sempre rimasto affascinato dalla street art - ci spiega il sindaco Marco Borradori - e incuriosito dal suo anticonformismo. Ed è vero che qualcosa stride con l’istituzionalizzazione di queste opere. Ma se rendono bella la città, con il loro potenziale di fantasia, ben venga».

«Meglio tardi che mai»
«E vero è anche - conferma Borradori - che siamo un po’ in ritardo rispetto alle città d’avanguardia. Ma lasciatemi dire che è meglio tardi che mai. Lugano ha deciso di puntare sull’arte e anche questo tipo di opere lo dimostrano. Opere che hanno la capacità di attirare un pubblico diverso. Penso ai giovani, ancora troppo spesso quasi intimoriti dai musei». Per Lugano insomma, anche secondo il sindaco, quei giganteschi graffiti segnano in qualche modo - e nel loro piccolo - una svolta. «Capisco poi affermazioni tipo “Addio banche, benvenuta arte”, ma credo che una città moderna e attuale possa e anzi debba avere entrambe le cose». Del resto a Londra o a New York non è insolito ammirare un’opera di Banksy o di Keith Haring e avere sullo sfondo la skyline della City o di Wall Street. «Puntiamo molto - sottolinea invece il capodicastero Cultura Roberto Badaracco - su questo tipo di presenza urbana, soprattutto dopo la COVID. La cittadinanza ha bisogno di riappropriarsi del territorio. La nostra volontà politica è quindi di riportare l’arte negli spazi pubblici, in modo da migliorare la qualità di vita delle persone, che trovano così una presenza di bellezza, di arte, nel contesto urbano. Sensibilizzare le persone a queste presenze significa anche richiamarle in quelli che sono gli spazi preposti: i musei e le rassegne».

La teoria dei vetri rotti
Certo è che l’esempio di Lugano dimostra come i tempi siano cambiati e lo stesso vale per la percezione del fenomeno. Intendiamoci, imbrattare una parete senza permesso resta illegale (e decisamente fastidioso per i proprietari), ma oggi la «soglia di tolleranza» sembra essersi un po’ alzata. Fino alla fine degli anni Novanta i giovani «sprayer», i «graffitari», venivano descritti come una delle massime espressioni del disagio giovanile (e la lotta ai graffiti una delle principali occupazioni degli uscieri comunali). Ma lo stesso valeva per i ragazzi in giro con lo skateboard (oggi disciplina olimpica). A quei tempi di fronte a un progetto come Arte Urbana Lugano ci sarebbero di sicuro stati dei politici a storcere il naso. «Quelle opere - avrebbero fatto notare - rischiano di creare emulazione». La «teoria dei vetri rotti» (secondo cui il degrado urbano, e dunque anche i graffiti, porta a una spirale di degrado), di certo valida ancora oggi, era forse presa più alla lettera. Con il passare del tempo, in ogni caso, in Ticino anche l’autorità ha iniziato a riconoscere la street art come una forma d’arte e un po’ in tutto il cantone sono stati messi a disposizione muri, cavalcavia e pareti. Ma quasi sempre in luoghi appartati. Sempre un po’ lontani dagli occhi. Per questo - perlomeno alle nostre latitudini - il fatto che a Lugano la street art abbia conquistato il centro su mandato municipale è una novità importante, di sicuro degna di essere descritta e analizzata.

Un tour per il centro
Di certo un giro per le vie di Lugano alla scoperta delle opere (quelle nuove e quelle che c’erano già) inizia a farsi interessante. Imperdibili i due giganteschi murales in via Lavizzari, il topo a villa Viarno e il ritratto di Tupac alla Foce, realizzato da Damiano Mengozzi.

Bellinzona: quando la fantasia va in rete allo stadio

Bellinzona, quando la fusione era ancora un cantiere, un po’ si era «colorata», con il progetto poi naufragato intitolato «The Walls». E presto lo sarà anche la Città aggregata. Partiamo proprio dal graffito che vedrà la luce sul muro di una ventina di metri che separa lo stadio Comunale dal campo B. A realizzarlo sarà un gruppo di giovani, della Turrita, che ha sottoposto dapprima all’ufficio competente e poi al Municipio due proposte, entrambe apprezzate. Toccherà a loro scegliere quale preferiscono. «Vediamo di buon occhio questa iniziativa che va ad inserirsi in un comparto dove è peraltro già presente un murales. Il disegno dovrà avere dei riferimenti alla capitale, naturalmente, e allo sport. Inoltre abbiamo chiesto che possano ridare decoro alle due casse secondarie di accesso al rettangolo verde, con dei motivi inerenti stavolta l’Associazione calcio Bellinzona», rileva il capodicastero Servizi sociali Giorgio Soldini. Il quale precisa subito, da noi sollecitato, che l’Esecutivo non ha invece mai approfondito la discussione riguardante eventuali altre esperienze legate all’arte urbana.

Da sapere

AUL, il progetto
Il progetto Arte Urbana Lugano nasce nel 2010 con lo scopo di mettere in relazione il pubblico con lo spazio urbano, attraverso la promozione della creazione artistica emergente. Claudio Chiapparino, direttore della Divisione eventi, spiega: «Partiti alla grande dieci anni fa, in questo 2020 abbiamo ripreso l’attività con grande intensità». Due i fattori che hanno permesso il rilancio. Da una parte la spinta della campagna di Svizzera Turismo, che vuole presentare il rinnovato volto urbano delle città elvetiche, dall’altra il fatto di poter maggiormente insistere a livello di budget, orientando i fondi previsti sull’arte urbana verso questo genere di interventi, anche grazie alla collaborazione con i privati. Stiamo ovviamente parlando dei murales apparsi in città. «Paradossalmente, nonostante le restrizioni causa COVID, abbiamo potuto vivere un’accelerazione di questo progetto». Un investimento, stando sempre a Chiapparino, che porterà alla possibilità negli anni a venire di sfruttare il lavoro fatto in questi mesi.

Lugano, il futuro
I murales commissionati e coordianti dalla Città sono per ora tre. Ce ne saranno altri? «Abbiamo altre sorprese, ma non possiamo dire cosa o dove. Non si tratterà per forza di nuovi murales, magari sarà qualcosa di più effimero, legato anche al fattore digitale, quindi della comunicazione». Siamo sempre nel campo delle installazioni in area pubblica. Staremo a vedere insomma. Resta in qualche modo nell’aria il conflitto tra la definizione originale di street art e il lavoro su commissione. Chiapparino assicura che agli artisti è stata concessa «carta bianca». Artisti «non proprio conformisti». E sono stati loro a proporre il tema, l’opera stessa, che semmai i privati coinvolti sono stati chiamati ad approvare. D’altronde, «su alcuni dei muri utilizzati, non si poteva arrivare neppure spontaneamente».

Nevercrew, il ritorno a casa
A fine luglio, Christian Rebecchi e Pablo Togni - che lavorano insieme dal 1996 sotto il nome di Nevercrew - si sono occupati di dipingere la grande parete di un edificio in viale Franscini, a Lugano. È stato, il loro, il primo dei tre grandi murales spuntati in città. «È interessante portare il nostro lavoro nella cultura che ci appartiene, su una parete in un contesto urbano così familiare. Quando si lavora nello spazio pubblico l’interazione con la gente è fondamentale e molte persone che ci conoscono da tanto non ci hanno mai visto dipingere dal vivo», ci hanno spiegato. Conosciuti anche all’estero, dove hanno concentrato gran parte della loro attività, hanno subito l’effetto della pandemia: «Avevamo lavori in giro per il mondo pianificati fino a dicembre e quasi tutti sono stati rimandati all’anno prossimo o a data da definirsi. Gestirsi è molto complicato».

Harald Naegeli, lo sprayer
Harald Naegeli lo scorso dicembre ha compiuto 80 anni. Professione? Sprayer. Noto come «lo sprayer di Zurigo», è il capostipite degli street artist svizzeri. Dalla fine degli anni ‘70, di notte e di nascosto, anonimamente, ha tracciato tra 400 e 600 graffiti filiformi. Con la giustizia alle costole, era scappato in Germania, per poi ritornare ospitato al Kunsthaus. Nuovi grattacapi anche pochi anni fa, mentre si occupava di un lavoro all’interno del Grossmünster. A dimostrazione di come anche i lavori commissionati possano trasformarsi in reazioni spontanee.

Unknown, la mostra
A proposito di street art, il primo agosto si è aperta a Milano, presso il Teatro degli Arcimboldi, la mostra «Unknown: Street Art Exhibition». Tra i protagonisti ospitati - più di cento le opere esposte - anche Banksy, Blu, Phase 2, Delta 2, BenEine, 3D, Bordalo II, Kayone, Swoon, Faith 47 e Serena Maisto. La mostra rimarrà aperta sino al 13 dicembre.