I rapporti sessuali ai tempi della pandemia

La pandemia ha toccato praticamente ogni aspetto della nostra vita, anche quelli più intimi. Con l’arrivo del coronavirus, le restrizioni e i lockdown, anche le situazioni più piacevoli della quotidianità possono aver subito uno scossone, tant’è che i ricercatori di diversi Paesi hanno iniziato ad interrogarsi su come i due anni di crisi sanitaria abbiano impattato sulle abitudini sessuali. Secondo diversi studi, dagli Stati Uniti all’Italia, una parte della popolazione ha diminuito l’attività sessuale, sia nell’ambito dei rapporti occasionali sia all’interno delle relazioni stabili. Ovviamente sarebbe un errore generalizzare questa tendenza al ribasso. In Italia, ad esempio, il 35.3% degli intervistati ha dichiarato di aver modificato le proprie abitudini: di questi, il 26.9% ha effettivamente ammesso di avere avuto meno rapporti sessuali, mentre l’altro 8.4% si è detto più attivo con il partner. Per capire i motivi che possono aver provocato un cambiamento nelle abitudini sessuali e le possibili implicazioni a livello psichico che ne derivano, abbiamo parlato con Maria Chiara Pusterla, coordinatrice dei Consultori di Salute Sessuale EOC.
In questi due anni, nei Consultori di Salute Sessuale sono state riscontrate particolari problematiche legate alla pandemia?
«Dipende dai vari momenti della pandemia, in base alle limitazioni in vigore. Durante i periodi del lockdown, l’accesso alle prestazioni non è stato facile: gli aspetti legati alla salute sessuale sono stati messi un po’ “in secondo piano”, penso per esempio a chi non ha un problema da risolvere, ma alle persone che avevano bisogno di informazioni o di controlli di routine. Bisogna tenere a mente che non si ricorre a uno specialista solo se c’è una situazione problematica. Inoltre, nelle strutture, per un periodo si sono potute accogliere unicamente le urgenze. Un altro tema è quello dell’accesso alle strutture sanitarie: spesso a causa delle limitazioni non è stato possibile accogliere le persone accompagnate, coppie o amici. Anche le donne in gravidanza non sempre hanno potuto avere il partner a sostenerle in presenza».
Il coronavirus, tra paura del contagio e restrizioni, quanto può aver influito sulle nostre abitudini sessuali? Ci sono fasce di età che possono aver sentito maggiormente il cambiamento?
«Penso che la paura del contagio abbia avuto un’influenza diversa sui singoli, in funzione delle situazioni individuali che ognuno di noi si è trovato a vivere. Oltre alla preoccupazione personale di contrarre il virus, anche quella di poter infettare i contatti stretti o i familiari può giocare un ruolo. In questi casi si tende a riflettere sui propri comportamenti, anche legati alla sessualità e all’intimità, che potrebbero avere conseguenze su persone della nostra cerchia ristretta. Questo vale non solo per chi ha rapporti occasionali, ma anche per le coppie che non convivono. Le conseguenze sulle fasce d’età sono state diverse anche in funzione delle abitudini. Pensiamo per esempio ad adolescenti e giovani, che durante la prima ondata hanno smesso di andare a scuola e seguivano la didattica a distanza, magari a casa insieme ai genitori in smart working. Sono venute meno molte possibilità, come quella di frequentare altre persone fuori casa e nei luoghi di ritrovo, o anche di potersi vivere la propria intimità in modo più spontaneo e libero. I giovani che non sono conviventi in una relazione, si sono trovati a vivere la sessualità altrimenti, magari a distanza. Con le discoteche e i bar chiusi, c’è chi è ricorso ad altri accorgimenti per incontrarsi con le persone, magari usando il web e le app».
Per ovvi motivi, le restrizioni hanno «allontanato» le coppie che non vivono sotto lo stesso tetto, ma secondo diversi studi l’attività sessuale è calata anche tra conviventi. Come si spiega?
«Gli studi non danno risultati univoci, le spiegazioni possono essere diverse. Alcuni hanno rilevato che la frequenza dei rapporti sessuali non è per forza mutata, ma c’è stato un cambiamento in termini di qualità degli incontri con il partner. Effettivamente, c’è stato un grande cambiamento nelle abitudini di tutti. Basti pensare al telelavoro, che ha portato molte persone a stare con il compagno o la compagna 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Magari con anche i figli in casa, con lo stress di contrarre il virus e di trasmetterlo. Tutti questi fattori possono influire sulla salute psichica generale, la salute sessuale non ne è quindi risparmiata. Possono esserci stati impatti negativi sul piacere, sul desiderio, sulla soddisfazione sessuale o sulla libido. Oltre allo stress, le cause di una diminuzione della frequenza dei rapporti sessuali o del benessere sessuale possono essere molteplici».
Questi cambiamenti che impatto possono avere avuto dal punto di vista psichico?
«Molto dipende dalla resilienza, dalla capacità di adattamento alle situazioni e di trovare aspetti positivi nel cambiamento. Ciò varia da persona a persona, a seconda della salute mentale generale. Oltre a questa capacità, qualcuno può esser stato colpito maggiormente perché magari c’erano già altri problemi alla base, come situazioni stressanti o difficoltà di coppia. Trovarsi confrontati con il coronavirus e doversi adattare a limitazioni, nelle situazioni già fragili, sicuramente non ha aiutato né a livello di salute psichica generale né di salute sessuale. I problemi psicologici non derivano dalle abitudini sessuali che vengono stravolte, occorre considerare la situazione individuale e/o di coppia a 360 gradi, come accennato poco fa. La salute sessuale è una parte della salute psichica, può essere anche una risorsa per il benessere psicofisico generale».
A fine pandemia potrebbero verificarsi ulteriori stravolgimenti dal punto di vista delle abitudini sessuali?
«È molto difficile rispondere a questa domanda, perché è complicato inserire le persone in uno schema. Durante la pandemia, le persone hanno dovuto confrontarsi maggiormente con l’isolamento, soprattutto quelle non conviventi. Questa situazione può esser stata vissuta in modi molto diversi: magari c’è chi si è trovato bene, o chi, seppur con momenti di solitudine marcati, non per forza ha sentito il bisogno di trovare un compagno o una compagna. Anche per quanto riguarda i rapporti occasionali, non è detto che alla fine delle restrizioni si debba “recuperare il tempo perduto“. Non dimentichiamo inoltre che la sessualità non si vive solo nella relazione con l’altro, ma anche da soli. Quello che abbiamo vissuto può essere stato un’occasione per riflettere su come vivevamo e su cosa ci faceva davvero stare bene, anche in ambito di relazioni e sessualità. Molte persone avranno inoltre provato a trovare delle nuove strategie per vivere la sessualità con questo obbligo della distanza sociale. La sessualità non è solo incontrare qualcuno al bar e poi concludere la serata con un rapporto, ci possono essere molte modalità per creare un’intimità diversa. In questo senso, internet, social network e le varie app di incontri sono senz’altro state d’aiuto. Ad oggi, non abbiamo elementi per dire se tutto tornerà esattamente come prima o se ci sarà un cambiamento nelle abitudini. Tutti ci auguriamo che questa pandemia finisca presto, ci rimarrà però il vissuto di questi due anni, nel bene o nel male. I problemi che sono emersi non spariranno di colpo, sia a livello psichico in generale, sia per quanto riguarda la salute sessuale».
Le app di incontri possono aver aiutato a superare questa solitudine forzata?
«Penso che in alcuni casi possano aver aiutato: se usate in modo consapevole, le app di incontri sono strumenti utili. In generale, permettono di incontrare altre persone. L’importante è che l’aspettativa sia chiara: c’è chi le usa solo per cercare rapporti sessuali e chi vuole creare una relazione. Durante la pandemia ci sono state molte restrizioni e chiusure, penso che, allo stesso modo dei social network, Tinder e piattaforme simili siano state utili per mantenere i contatti e ridurre le distanze, ma anche per conoscere persone nuove. Mi sembra che spesso ci sia la tendenza a demonizzare l’uso di queste app. Non c’è però nulla di sbagliato: sono un mezzo, diverso dall’incontro fortuito dal vivo, che permette di avvicinarsi ad altre persone».
Le autorità sanitarie thailandesi per San Valentino hanno chiesto ai cittadini di indossare la mascherina anche durante i rapporti intimi. Cosa ne pensa?
«Mi sembra che l’intimità possa diventare molto stressante. Due persone che convivono possono già avere la loro preoccupazione di contrarre il virus e trasmetterlo al partner. Questo rischio non è per forza legato ai rapporti sessuali visto che, in fondo, basta solo essere vicini e/o vivere insieme. Se in più si immagina un rapporto sessuale con la mascherina, mi sembra che si entri in un confronto perenne con il rischio, senza staccare mai neanche nell’intimità. Rimarrebbe dello spazio per il piacere?».