«Il blocco a Kaliningrad una decisione europea contro l'invasione russa»
«Una città davvero bellissima. E la vista da qui è fantastica». Sorride la prima ministra lituana Ingrida Šimonytė mentre osserva la suggestiva visuale del Ceresio dal cimitero di Castagnola. Una location fuori dai radar del turismo occasionale, ma che per la Lituania ha un profondo significato: qui è infatti sepolto, assieme alla moglie nonché soprano Mafalda Savatini, Jurgis Šaulys. Economista, politico e diplomatico, Šaulys fu tra i venti firmatari dell’Atto di Indipendenza del 16 febbraio 1918. Successivamente divenne ambasciatore lituano in Svizzera e si trasferì a Lugano nel 1939, dove morì nel 1948. La Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina è stata quindi anche l’occasione per la delegazione lituana di commemorare uno dei padri fondatori del Paese.
«Non possiamo ricordarci oggi dell’Atto del 1918, come invece possiamo parlare di quello del 1990, che ci ha reso indipendenti e che abbiamo vissuto con i nostri occhi – spiega Šimonytė al Corriere del Ticino –. Ma quanto firmato 104 anni fa è di fatto una pietra miliare della nostra storia e del nostro percorso verso la Lituania come la conosciamo oggi. È davvero importante vedere e celebrare uno degli eroi del nostro Paese: questo luogo è quindi prezioso per la nostra storia e ci lega indissolubilmente con Lugano».

Un legame e tante declinazioni
Un legame che ha tante declinazioni, ben oltre la semplice visita commemorativa al cimitero luganese. «Un anno fa a Vilnius era Cassis nostro ospite, per la Conferenza sulle riforme in Ucraina – commenta la prima ministra lituana, in carica dal 2020 –. È incredibile come, un anno dopo, non si parli più di riforme ma di ricostruzione per un Paese che ha dovuto sopportare un’invasione e atrocità indicibili».
Tuttavia parlare oggi di ricostruzione sembra pleonastico: «È chiaro che c’è una guerra da vincere prima di poter pensare a come ricostruire l’Ucraina. Per farlo abbiamo però bisogno di essere uniti e determinati nel supportare il Paese, convinti di essere dalla parte giusta della storia. Ma la Conferenza di Lugano è stata comunque importante, perché bisogna farsi trovare preparati nel trovare i fondi e le competenze giuste per poter far ripartire l’Ucraina nel modo migliore possibile, addirittura meglio di prima».


Serve quindi unione di intenti e il coraggio di prendere decisioni forti. Come d’altronde ha fatto il governo lituano lo scorso 17 giugno, quando è stata annunciata la parziale chiusura del transito commerciale ferroviario verso l’enclave russa di Kaliningrad. Una limitazione in conformità con le sanzioni europee, che ha tuttavia scatenato le ire di Mosca, la quale ha minacciato pesanti ritorsioni, che verranno valutate nel caso si decidesse di «intraprendere azioni per proteggere gli interessi nazionali». Tanto che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha parlato di una mossa «apertamente ostile e pure illegale, un atto di pura propaganda». Le reazioni del governo russo potrebbero concentrarsi su una delle principali criticità della NATO: il cosiddetto «corridoio di Suwalki», il piccolo tratto di terra, largo circa 70 chilometri, che separa Kaliningrad dalla Bielorussia. Se la Russia dovesse invaderlo, la stessa Lituania oltre alla Lettonia e l’Estonia sarebbero tagliate fuori dal resto delle nazioni atlantiste.
«Conosciamo i nostri vicini»
Al momento solo ipotesi, benché inquietanti, che tuttavia non hanno inibito le strategie del governo lituano, con Šimonytė che per la prima volta si è espressa sull’escalation delle tensioni diplomatiche tra Vilnius e Mosca.
«Conosciamo da tempo i nostri vicini e, purtroppo, anche il loro atteggiamento ostile. Ma le minacce russe sono state finalmente riconosciute anche dalla comunità internazionale. È adesso chiaro a tutti che la loro retorica non è stata produttiva né collaborativa, tanto che si sono permessi di invadere un altro Paese senza giustificazioni né ragioni accettabili. Di fronte alle azioni dei nostri vicini, che ormai hanno fatto capire a tutti chi sono davvero, la risposta di un mondo democratico può essere solo quella di rimanere uniti nell’applicare le sanzioni prese di comune accordo per difendere la sicurezza nostra e dei nostri alleati. Aiutando soprattutto chi è stato attaccato con motivazioni a dir poco fasulle. Un aiuto definito anche dai lavori che abbiamo svolto all’URC di Lugano, che in questo modo rivendica la sua importanza».
