Il boss dei due mondi legato alle famiglie del Comasco

Che le famiglie mafiose abbiano scelto il Ticino come una delle loro basi d’azione oltreconfine è ormai assodato. E domani mattina se ne avrà ulteriore conferma nelle aule del Tribunale penale federale di Bellinzona. Nella capitale è infatti attesa la sentenza su un caso che vede coinvolto un gioielliere luganese accusato di aver riciclato preziosi di provenienza illecita.
Intanto dal Brasile è rimbalzata l’altroieri la notizia dell’arresto di Rocco Morabito, il numero uno della ’ndrangheta, l’uomo più ricercato d’Italia dopo Matteo Messina Denaro.
Originario di Africo, il piccolo comune della Locride culla di una delle più sanguinose e potenti famiglie di ’ndrangheta, Rocco Morabito è, di fatto, il capo dei broker che gestiscono il traffico di cocaina per i cartelli del Sudamerica.


Cugino del boss Giuseppe Morabito, detto ’u tiradrittu, Rocco Morabito è considerato dagli inquirenti come il vero e proprio re della droga. Dalla fine degli anni Ottanta è stato lui, infatti, a governare il gigantesco passaggio di coca dalle piantagioni sudamericane alle piazze di spaccio italiane ed europee.
I legami di Morabito con i territori lombardi al confine con la Svizzera sono ormai noti e confermati anche in numerose sentenze di vari Tribunali. Non più tardi di un anno fa, il capo della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Milano, Alessandra Dolci, si è spinta a definire Cantù e il Marianese simili a Locri, «un pezzo di Aspromonte in Lombardia, terra di ’ndrangheta, paura e omertà».
Alla fine degli anni Settanta, il «Re di Africo», ’u tiradrittu, aveva scelto la Brianza comasca proprio perché a due passi dal Ticino e da Chiasso. Erano i tempi in cui il denaro riempiva i forzieri elvetici quasi senza controlli e gli spalloni delle «locali» lariane viaggiavano senza sosta da una parte all’altra del confine.