Il Cantone a gamba tesa: «Il sombrero non si tocca»
Il Dipartimento del territorio ha deciso di entrare a gamba tesa sulla riqualificazione del comparto di piazza Molino Nuovo. E l’ha fatto indossando il «sombrero» e scrivendo a chiare lettere nell’esame preliminare della variante di Piano regolatore: «Cara Città, la fontana di Tita Carloni non si tocca». Macché demolirla, come indicato nel progetto che aveva convinto il collegio di esperti ed elaborato dal gruppo CONT-S (capofila l’architetta Sabrina Contratto), piuttosto tutelarla quale bene culturale di interesse cantonale. Il paletto messo dal DT, con ogni probabilità, ha fatto balzare sulla sedia più di una persona, visto che arriva dopo oltre cinque anni di lavori pianificatori e anche solo la possibilità di una tutela del manufatto non è mai figurata in nessuna discussione politica, pubblica oppure tecnica. La Città sta valutando, a titolo prudenziale, di opporsi alla misura. Ma, a fronte anche delle finanze cittadine per nulla rosee, è comunque in allestimento un progetto intermedio che prevede il mantenimento della fontana – soprannominata il «sombrero» – per almeno i prossimi quindici anni.
Effetto domino
L’area oggetto della variante è quella centrale di Molino Nuovo, ovvero la parte racchiusa tra via Trevano e la chiesa della Madonnetta, che comprende la piazza e gli isolati fino a via Zurigo. Ebbene, il progetto che meglio ha risposto alle aspettative della Città, ovvero quello del gruppo CONT-S, aveva immaginato, tra le altre cose, un autosilo sotto piazza Molino Nuovo per riorganizzare meglio gli stalli nell’area, mentre in superficie la creazione di un edificio chiamato «L’attivatore» dove accogliere contenuti pubblici. La fontana di Tita Carloni non era più prevista. Breve inciso: dei quattro team interdisciplinari che avevano elaborato i progetti, l’unico che avevo mantenuto un approccio conservativo era stato lo studio Habitat (capofila Francesca Pedrina), immaginando di preservare «il sombrero» e «allargare» la piazza rimuovendo dei posteggi. Fine dell’inciso. Tornando all’esame preliminare sulla variante in questione, il Territorio scombussola le carte in tavola in un punto ben preciso, e forse anche quello più delicato e sentito visto che si va a toccare il simbolo di Molino Nuovo. Primo problema: «L’impianto urbanistico del comparto che prevede il ridisegno della piazza, della fontana e dell’edificio multiuso non è esente da criticità, in particolare per il fatto che implica la demolizione della fontana di piazza Molino Nuovo per la quale il Dipartimento del territorio intende invece promuoverne una tutela quale bene culturale di interesse cantonale». Fatte queste premesse, ecco il secondo problema: «La proposta all’esame si scontra con l’obiettivo di tutela sia per quanto attiene all’edificio di testa («L’attivatore», ndr) che all’autosilo. La nuova edificazione impedirebbe di fatto la conservazione della fontana e altererebbe in maniera ingiustificata il carattere e le dimensioni della piazza. Per quanto attiene all’autosilo sussistono invece delle problematiche in relazione al fatto che l’edificazione in sotterranea di edifici tutelati dev’essere di principio evitata».
A fronte di queste considerazioni, la conclusione è servita: «La pianificazione della piazza dovrà essere rivista per trovare una soluzione conciliabile con le esigenze di tutela quale bene culturale del manufatto». Firmato: Dipartimento del territorio. Grazie e arrivederci.
Soluzione in tempo zero
È bene sottolineare nuovamente che l’unico neo evidenziato dal Territorio riguarda piazza Molino Nuovo. Il resto della proposta pianificatoria è apprezzata e vista di buon occhio. Una buona notizia, questa, per i proprietari degli immobili che attendevano il preavviso da parte del Cantone. Ora, parliamo di soluzioni. Perché la Città in tempo zero ne ha trovata una, portata avanti dalla Divisione spazi urbani. Al netto che la decisione del DT sulla tutela del «sombrero» è «saltata fuori in modo inaspettato e come Municipio vogliamo capirci di più», la capodicastero Karin Valenzano Rossi ci spiega che «è a buon punto un progetto intermedio per riqualificare la piazza dandole un decoro, migliorare la fruibilità per la popolazione, combattere le isole di calore e mantenere ancora la fontana in un contesto di medio-lungo termine». La municipale parla di 15/20 anni, perché l’Esecutivo «non fa concorsi di progettazione se non ha la certezza che il progetto definitivo possa venire realizzato a breve. A maggior ragione con l’attuale piano investimenti già al completo per i prossimi anni. Il prossimo passo sarà a breve il coinvolgimento della Commissione urbanistica e della Commissione di quartiere, per raccogliere input da far confluire nella progettazione intermedia».
Ma questa tutela, da dove spunta?
Ci sono diversi indizi che l’intenzione cantonale di tutelare la fontana di Carloni, al di là del suo merito, sia piuttosto recente. Oltre alla sorpresa di cui si dice nell’articolo principale, vi è da notare che lo stesso Cantone, nel suggerire ulteriori costruzioni degne di tutela alla Città in anni recenti, della fontana non aveva parlato. Perché, dunque, questo improvviso interesse per la fontana? Da dove viene la necessità di tutela? Domande che abbiamo rivolto all’Ufficio dei beni culturali, senza riscontro al momento di andare in stampa. Una parziale risposta c’è comunque, nell’esame preliminare: «È un unicum in Ticino: non esiste un’altra fontana del Moderno di queste dimensioni e tipologia». Ok, ma non da ieri.