Il cimitero ebraico di Pazzallo, che il Municipio di Lugano non volle

A Lugano c’è un cimitero ebraico. L’unico in Ticino tra l’altro. Trovarlo non è facile. Occorre imboccare via alla Campagna e poi costeggiare l’A2 a Pazzallo. Tra prefabbricati fatiscenti, qualche paker impegnato sui cantieri autostradali (ormai perenni in quella zona) e seguendo come punto di riferimento le insegne del vicinissimo quartiere a luci rosse, ci si imbatte in questo cimitero, neanche poi così piccolo. Un luogo affascinate, ricco di storia, ma inserito in un contesto non molto decoroso. E lontano dal centro. Molto lontano dal centro. «In realtà - ci spiega Elio Bollag, portavoce della comunità israelita - il fatto che si trovi in un luogo non facilissimo da trovare l’ha probabilmente messo al riparo dagli atti vandalici». Danneggiamenti e profanazioni che purtroppo continuano ad accadere, ancora recentemente, in diversi luoghi d’Europa. «Una volta invece il Cantone - continua Bollag - chiese se non fosse fastidiosa la presenza di postriboli nelle immediate vicinanze. Abbiamo semplicemente risposto che, per quanto di nostra conoscenza, nessuno degli ospiti del cimitero si erano fino ad allora lamentati». Ma il cimitero è anche la testimonianza della presenza di una comunità che, soprattutto nell’ultimo secolo, è stata molto importante e molto presente a Lugano. In Corso Elvezia per esempio poteva capitare di sentir parlare yiddish. «Certo. C’erano alberghi (l’Hotel Dan e il Kampler, ndr) e una decina di negozi», conferma Bollag. C’erano. Oggi non più. La comunità ebraica si è assottigliata. Resiste, sì, ma è sempre meno numerosa. Molti ebrei - e quasi tutti gli ortodossi - hanno lasciato Lugano per raggiungere comunità più numerose. In Israele, a New York, a Zurigo o ad Anversa. «Il sabato mattina in sinagoga - spiega Bollag - siamo ormai rimasti in 10 o in 15 al massimo». Ma torniamo al cimitero. Venne costruito nel 1919. L’assemblea comunale di Pazzallo concesse i diritti di costruzione (il progetto è dall’architetto Achille Galli), che invece qualche tempo prima erano stati negati dal Municipio di Lugano. «Sembra che prima del 1919 - spiega Bollag - i pochi ebrei presenti a Lugano venissero portati sul Monte Bré. Dopo la grande guerra iniziò ad esserci una piccola comunità. E per comunità, secondo un precetto, si intende la presenza di almeno 10 uomini con più di 13 anni di età. All’epoca a uno straniero di passaggio in Ticino morì la moglie, e chiese di poterla seppellirla a Lugano, comprando quell’appezzamento di terra». Dove all’epoca non c’era praticamente nulla. È così che iniziò la storia del cimitero, dove è sepolta anche Alessandrina Krahl, una ragazza di Fiume che negli anni Quaranta venne scoperta dai nazisti ma riuscì a rifugiarsi in Svizzera. All’ospedale Beata Vergine di Mendrisio, che all’epoca era - a quanto pare - un rifugio per fuggiaschi e perseguitati. Krahl, malata, morì nell’aprile del 1944 a soli 22 anni.
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