Sanità

Il COVID è tornato in Ticino, «ma non sarà più come prima»

Nelle ultime settimane, il virus ha ripreso a circolare con maggiore insistenza e i ricoveri stanno risalendo – Lepori: «All'EOC 60 ospedalizzati, ma la situazione è sotto controllo» – Garzoni: «A rischio anziani e persone fragili»
© CdT/Gabriele Putzu
Martina Salvini
10.10.2024 06:00

Raffreddore, febbre e malessere. Nelle ultime settimane, sono molte le persone malate. Un’ondata influenzale arrivata in anticipo? Nient’affatto. «L’influenza arriverà solo tra un paio di mesi», sottolinea infatti il vice capo dell’area medica dell’EOC Mattia Lepori. «La verità è che in Ticino si è riaffacciato il COVID, provocando un aumento dei pazienti». Dopo mesi di calma piatta, infatti, le ospedalizzazioni sono tornate a crescere a partire dalla metà di settembre. «Attualmente, negli ospedali dell’EOC contiamo 60 persone ricoverate, una delle quali si trova in terapia intensiva», dice Lepori. Il quale comunque assicura: «Non si tratta, è bene sottolinearlo, di una situazione di emergenza. Al momento nei reparti è tutto sotto controllo». Eppure, il virus circola eccome. «Visto che quasi più nessuno si testa, abbiamo traccia di quanto sta avvenendo dalle acque reflue, che certificano in maniera oggettiva la quantità di virus presente nella popolazione». E stando al monitoraggio della Confederazione, il Ticino - insieme al canton Giura - è il cantone maggiormente toccato. «Difficile - spiega però Lepori - capire perché proprio questi due cantoni registrino un aumento della presenza del virus. Forse perché sono entrambi territori di frontiera, in cui la mobilità delle persone è maggiore. Ma è davvero complicato identificare una causa unica».

Il punto e gli scenari

Anche alla Clinica Moncucco è stato osservato un aumento dei pazienti ospedalizzati, spiega da parte sua il direttore sanitario Christian Garzoni. «Da alcune settimane, abbiamo iniziato a notare un aumento dei casi di pazienti con COVID e con polmoniti riconducibili al coronavirus. Fortunatamente, non abbiamo riscontrato finora casi particolarmente gravi». Le persone più a rischio di avere complicazioni, prosegue il dottor Garzoni, sono anche quelle più fragili: «Si tratta in prevalenza di grandi anziani e persone con sistema immunitario più debole». In effetti, gli fa eco Lepori, «i pazienti attualmente ricoverati all’EOC sono per quattro-quinti over 80». Con l’arrivo dei mesi più freddi, la situazione potrebbe peggiorare. I medici, però, rassicurano: «Insieme al medico cantonale teniamo costantemente monitorata la situazione. Ma, a meno di sorprese, non ci attendiamo un peggioramento tale da dover rendere necessaria l’introduzione di misure particolari, come quelle sperimentate in passato. Anche perché la popolazione ha raggiunto un buon tasso di immunità», dice Lepori. In tutti i casi, aggiunge, «per i pazienti più fragili potrebbe essere consigliabile indossare la mascherina nei luoghi particolarmente affollati o sui mezzi pubblici».

La vaccinazione: cosa sapere

E la vaccinazione? Stando all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e alla Commissione federale per le vaccinazioni, è raccomandata una dose annuale di vaccino contro il COVID tra la metà di ottobre e dicembre per gli over 65, le persone dai 16 anni in su con patologie preesistenti o trisomia 21, e le donne in gravidanza, in particolare con condizioni preesistenti. Nel dettaglio, scrivono, «si consiglia una singola dose, preferibilmente con vaccini a mRNA adattati alle varianti in circolazione (idealmente contro la variante JN.1 attualmente prevalente)» e da somministrare «non prima di sei mesi dopo l’ultima vaccinazione o infezione da SARS-CoV-2 conosciuta». Per quanto riguarda invece i test, Lepori chiarisce: «Nelle persone che non presentano fattori di rischio, non raccomandiamo di eseguire il test in caso di sintomi, anche perché non è più rimborsato dalle casse malati e si rischia quindi di spendere 80-90 franchi per un PCR». Il tampone, aggiunge, «viene fatto sui pazienti che devono essere ricoverati - per sapere se devono essere isolati dagli altri in caso di positività - e su coloro che, in caso si accertasse la presenza di COVID, necessiterebbero di un trattamento antivirale».

E l’influenza?

Ad affiancarsi al COVID, in questo inizio di autunno, ci sono poi altri virus respiratori. «Soprattutto - dice Lepori - il rhinovirus, che causa tosse e raffreddore ma che non rappresenta un pericolo per l’occupazione degli ospedali». «Quest’anno - spiega anche Garzoni - abbiamo notato l’arrivo in anticipo di questo tipo di virus. Probabilmente perché già in settembre, contrariamente agli scorsi anni, le temperature si sono abbassate». Invece, la classica influenza arriverà solo tra qualche mese. Probabilmente in dicembre. «Negli ultimi anni, il picco è stato a cavallo tra Natale e Capodanno, ma è presto per dire con esattezza quando arriverà». Poco, rileva Garzoni, si sa anche della sua eventuale pericolosità. «Per il momento, non possiamo ancora dire se sarà più pesante degli scorsi anni. Occorre aspettare i primi casi per capire cosa ci aspetta». Anche per l’influenza, lo ricordiamo, è disponibile il vaccino. Sempre secondo l’UFSP, «la vaccinazione contro l’influenza è raccomandata alle persone che presentano un rischio accresciuto di complicazioni: persone a partire dai 65 anni, donne incinte, bambini nati prematuri fino ai due anni e persone affette da malattie croniche». Il periodo più indicato per la somministrazione è tra la metà di ottobre e l’inizio dell’ondata di influenza. «La vaccinazione anti-influenzale – ricorda infine l’UFSP - può essere somministrata con, prima o dopo la vaccinazione contro il COVID-19».

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