«Il disagio giovanile è in crescita e necessita risposte immediate»
«L’attenzione del Governo nei confronti dei giovani, in particolare di quelli che mostrano un disagio psichico, è altissima e ci siamo impegnati a fondo negli ultimi anni per trovare una soluzione che potesse dare una risposta adeguata». Per il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS) Raffaele De Rosa si tratta di una questione prioritaria: serve dare una risposta alla sofferenza psichica dei ragazzi e occorre essere celeri. Per questo, il Consiglio di Stato ha licenziato un messaggio per realizzare la sede dell’unità integrata per minorenni a San Pietro di Stabio. Una soluzione provvisoria, come spiegato dal consigliere di Stato, in attesa che si sblocchi l’iter per la sede a Bellinzona, dove invece dovrebbe sorgere la nuova sede - definitiva - dedicata alla psichiatria minorile. Contro la domanda di costruzione per l’unità di cura integrata per giovani di Via Lugano sono state infatti inoltrate cinque opposizioni, sulle quali il Cantone ha già preso posizione e che sono al vaglio del Municipio. Secondo il Governo, tuttavia, serviva un piano B, in modo da garantire in tempi brevi una presa a carico idonea dei giovani in difficoltà. Di qui, la decisione di cercare una soluzione provvisoria, per i prossimi tre anni. Anche perché il piccolo reparto di pedopsichiatria gestito dall’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC) all’ospedale Civico di Lugano - con cinque posti letto - dovrà essere dismesso entro la fine del prossimo anno, visto che la torre della struttura verrà ristrutturata.
«Offerta oggi insufficiente»
La creazione di un’unità integrata di cura per minorenni, contenuta nella nuova pianificazione sociopsichiatrica cantonale, era stata approvata due anni fa dal Gran Consiglio ed era considerata una priorità. «Attualmente - sottolinea il Governo nel messaggio - l’offerta di cure specifiche per i giovani risulta insufficiente». Manca infatti una struttura dedicata ai minorenni che, per mancanza di alternative, vengono ricoverati nei reparti destinati agli adulti alla Clinica psichiatrica cantonale di Casvegno o nelle altre cliniche psichiatriche del cantone. Il punto, chiarisce l’Esecutivo, è che «i minorenni necessiterebbero di un supporto dedicato e di un ambiente terapeutico pedopsichiatrico su misura per le loro esigenze». In questo senso, viene ribadito, l’unità di cura integrata «rappresenterà un passo importante per garantire un’assistenza mirata, proteggendo i giovani in situazioni vulnerabili e migliorando la qualità complessiva del sistema di cura psichiatrico cantonale».
L’età si abbassa
Del resto, i dati confermano quanto una struttura simile sia più che mai necessaria. Nel 2023 la Clinica psichiatrica cantonale (CPC) ha ammesso 86 pazienti minorenni, una ventina in più rispetto all’anno prima (+36,5%). Cinquantasette, invece, i giovani ricoverati nel mini-reparto al Civico. «In questi anni - dice De Rosa - abbiamo constatato un aumento importante delle richieste di aiuto nell’ambito del disagio psichico giovanile, un fenomeno attribuibile anche al moltiplicarsi dei fattori di stress e di malessere». Non solo. «In aumento è anche la complessità della casistica, quindi anche con la pianificazione sociopsichiatrica, due anni fa, abbiamo voluto esprimere la forte volontà politica di trovare una risposta adeguata per la presa a carico di quella parte di gioventù che soffre». Ma, oltre all’aumento dei casi, a preoccupare il direttore del DSS è anche l’età dei pazienti. «Abbiamo registrato un abbassamento dell’età dei giovani che mostrano un disagio. Pertanto, è imprescindibile riuscire a concretizzare la volontà politica di far fronte a questo bisogno». Secondo i dati riportati nel messaggio, infatti, tra l’ottantina di pazienti ricoverati alla CPC di Mendrisio ci sono anche alcuni giovanissimi: tre erano tredicenni, quattro quattordicenni e sedici quindicenni. «In totale - scrive il Governo - le giornate di cura sono state oltre 4 mila e in media la struttura di Casvegno ha ospitato 11 minorenni al giorno». A impressionare, poi, è la durata della degenza. Escludendo i pazienti ricoverati per disturbi del comportamento alimentare, in media i giovani sono rimasti alla CPC per 38 giorni. «La presa a carico in queste strutture - sia alla CPC sia all’EOC - è inadeguata», ribadisce De Rosa. «I cinque posti letto al 14. piano del Civico erano una soluzione d’emergenza, ma chiaramente non è la struttura idonea nonostante l’enorme impegno di chi opera con professionalità in questo delicato ambito». Per questo, prosegue, «ci siamo impegnati a fondo per trovare un’alternativa». Insomma, ribadisce il consigliere di Stato, «in questi anni non siamo rimasti fermi. Abbiamo cercato diverse soluzioni, ma poi per un motivo o per l’altro nessuna opzione è andata a buon fine. Siamo quindi soddisfatti, adesso, di aver trovato questa sistemazione, seppur provvisoria».
Disponibile da subito
La soluzione, come detto, è stata identificata in una ex clinica a San Pietro di Stabio. Una struttura «di recente costruzione, immediatamente disponibile e conforme alle esigenze del settore», che richiede solo interventi minori di adeguamento. I posti letto disponibili saliranno a 12, contro i 5 attuali presso il Civico. La struttura di Stabio dovrebbe essere pronta ad accogliere i pazienti dalla seconda metà del 2025 e il costo per il Cantone si aggira attorno al milione di franchi. «Una presa a carico di qualità - osserva De Rosa - volta a evitare che la fase di disagio psichico si acuisca e che diventi cronica». In più, «il Cantone sta anche cercando di intervenire con misure di prevenzione e di sensibilizzazione, attraverso un sostengo delle famiglie e a domicilio con progetti specifici».
«Ma dobbiamo anche lavorare sui fattori alla base del problema»
Il responsabile di ProJuventute chiede un passo in più: «Capire cosa causa il malessere»
Quello del Governo, commenta Ilario Lodi, responsabile di Pro Juventute Svizzera italiana «è un atto di coraggio, quindi non posso che salutare positivamente l’importante sforzo dell’ente pubblico nel cercare di dare una risposta a un problema tanto delicato». L’unità di cura psichiatrica integrata per minorenni rappresenta, secondo Lodi, «uno strumento necessario per far fronte a un problema sempre più diffuso, che non può che preoccuparci tutti». E tuttavia, il direttore di Pro Juventute mette sul tavolo una questione ulteriore. «Dobbiamo chiederci che cosa causi questo crescente disagio nei giovani, facendo un passo successivo». Secondo Lodi, infatti, è fondamentale interrogarsi sui fattori scatenanti. «Occorre andare a lavorare sugli aspetti che generano malessere. E qui la situazione si complica. Il mio auspicio, però, è che anche questa parte del problema venga tematizzata dal mondo politico». Insomma, dice il direttore di Pro Juventute, andrebbe allargato lo sguardo per riuscire a cogliere tutti gli aspetti del fenomeno e porvi quindi rimedio: «Vorrei che si ragionasse in maniera più ampia, indagando l’origine del problema. Dobbiamo chiederci: perché sempre più ragazzi si trovano in situazioni tanto delicate? E ancora: che cosa può fare la scuola affinché questo non accada? Come possono agire le famiglie e il mondo del lavoro?». Di riflesso, sostiene Lodi, «è imperativo riconsiderare l’intero sistema, e cominciare a operare laddove rintracciamo i fattori scatenanti. Ci vuole coraggio, perché entrano in gioco diversi aspetti - quelli noti e quelli meno conosciuti, come le nuove tecnologie - ma è una nostra precisa responsabilità farlo». Fare rete, allora, potrebbe essere un’opzione. Lavorare affinché i vari attori collaborino di più. «Eppure - dice Lodi - con gli strumenti attuali riuscire davvero a fare rete è difficilissimo. Oggi fare rete significa ripensare il concetto stesso di ‘‘rete’’. Impone cioè un nuovo modo di pensare il rapporto con i giovani, con le famiglie. Non è facile, e richiederà molto tempo, ma è un’operazione necessaria».