Il caso

Il Governo accetta le dimissioni del direttore delle medie arrestato

Dopo aver incontrato i genitori, il DECS ha preso posizione ufficialmente - Emergono errori , in parte riconducibili alla vecchia direzione - Bertoli: «Se i segnali arrivano, vengono ascoltati» - VIDEO
© CdT / Chiara Zocchetti
Nico Nonella
29.09.2022 10:58

Non avvisare i genitori del corso di educazione sessuale durante le ore di latino? Un errore da parte dell’allora direzione, così come lo è stata la chat su Whatsapp in cui l’allora docente interagiva con gli studenti invitandoli a porre domande sulla sessualità. E le segnalazioni più recenti di comportamenti inadeguati si sono fermate all’allora direzione. Insomma, qualcosa non ha funzionato, almeno non subito. Dopo averlo ammesso «privatamente» nel corso della serata informativa con le famiglie degli studenti delle Scuole medie di Lugano centro, i vertici del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport lo hanno fatto anche pubblicamente, in conferenza stampa.

Che cosa non ha funzionato?

I dubbi sulla vicenda dell’ex direttore delle Scuole medie di Lugano Centro arrestato il 7 settembre con l’accusa di atti sessuali con fanciulli sono ancora molti. Sia quelli relativi a quanto accaduto nel 2017 – il discusso corso sulla sessualità e la relativa chat -, sia quelli emersi più di recente. E sia l’inchiesta penale in corso sia quella amministrativa che scatterà subito dopo la sua conclusione avranno il compito di stabilire se e come il sistema si sia inceppato. E se alcune informazioni non sono state trasmesse come avrebbero dovuto. Quel che è certo è che il caso ha fatto molto rumore, minando anche la fiducia nella scuola intesa come istituzione. Di qui, dunque, il momento informativo pubblico, durante il quale – e questa è la novità rispetto a quanto già emerso martedì sera – è stato confermato che il Governo ha accettato le dimissioni del direttore. Avuto accesso agli atti, ha spiegato il consigliere di Stato e direttore del DECS Manuele Bertoli, sono infatti emersi «elementi sufficienti per chiudere il rapporto di lavoro». In ogni caso il docente, – ne avevamo riferito venerdì scorso – aveva già annunciato l’intenzione di voler lasciare tutti gli incarichi in seno alla scuola ticinese.

L’importanza di parlarne

Nel corso dell’incontro  con la stampa, i vertici del DECS hanno affrontato il tema delle più recenti segnalazioni sul comportamento del docente(si parla per esempio di «sguardi pesanti», «eccessive confidenze» e atteggiamenti in generale poco consoni nei confronti di alcune ragazze). «Il sistema si basa sulla fiducia e in passato ha dimostrato di funzionare», ha dichiarato Bertoli, citando il caso della mancata strage alla Commercio di Bellinzona e la discussione attorno a un professore del Bellinzonese i cui comportamenti erano stati segnalati da alcune allieve, culminata con le dimissioni di quest’ultimo. «Se la rete è abbastanza vasta i segnali arrivano e vengono sempre colti. Non sempre portano alla decisione che la persona che segnala si immagina, perché le segnalazioni stesse sono labili e confuse, ma è importante che le cose arrivino. Se la rete si interrompe il problema si pone come nel caso di cui stiamo discutendo oggi. Al DECS – ha aggiunto – di segnalazioni relative al comportamento del docente nei confronti degli allievi non ne sono arrivate e si sono fermate a livello di direzione». Per evitare che fatti del genere si ripetano, dunque, l’invito rivolto da Bertoli e dal direttore della Divisione della scuola, Emanuele Berger, è stato quello di parlare: alle direzioni, ai superiori (ossia al Dipartimento) e se necessario alla Magistratura.

Il codice deontologico

Ma una direzione scolastica che obblighi ha in caso le giungano segnalazioni che riguardano l’operato dei docenti? «Vige l’obbligo di segnalare illeciti di rilevanza penale – ci ha risposto Bertoli –;  per altre situazioni questo obbligo non c’è ma la deontologia professionale porta lì. Spesso chi le riceve è dilaniato e si chiede se parlare sia la cosa giusta, ma meglio farlo che tacere». Per quanto riguarda le contromisure messe in campo dal Cantone, Bertoli ha poi ricordato che da gennaio 2022 è in vigore un codice deontologico che vieta ai docenti qualsiasi relazione intima con i propri allievi. «Un rapporto di questo tipo mette infatti in discussione il ruolo pedagogico dell’insegnante». Berger ha invece ricordato che è stato attivato anche un servizio di consulenza in ambito scolastico per situazioni di possibili maltrattamento o abusi sessuali su minori.

La chat? Non ha influito

Ma in passato ci sono stati campanelli d’allarme rimasti inascoltati? Una domanda che da giorni rimbalza un po’ ovunque: sui social, tra i genitori e persino negli atti parlamentari che porteranno verosimilmente a un dibattito politico in Gran Consiglio. Il riferimento è ovviamente al discusso corso di educazione sessuale tenuto nell’autunno 2017 e alla chat su Whatsapp. «Da parte della direzione fu un errore non avvisare i genitori di quel corso e fu un errore utilizzare Whatsapp al posto di un canale di comunicazione ufficiale», ha ammesso Zaninelli. L’allora docente di latino, infatti, non avvisò il Centro risorse didattiche dell’uso di questo social media e – va da sé – non fu autorizzato ufficialmente e farne uso. Tuttavia, è stato ribadito più volte dai relatori, né questo aspetto né le perplessità sollevate dai genitori erano elementi sufficienti a giustificare una mancata abilitazione (la tesi nell’abito della quella venne tenuto il corso ricevette una valutazione positiva) o addirittura una mancata promozione a vicedirettore prima e direttore – carica per la quale il 39.enne era l’unico candidato – poi.