Il Museo del Malcantone guarda all’Algeria
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C’è fermento al Museo del Malcantone. Nei giorni scorsi, insieme al piano che fungerà da linea guida per le attività dei prossimi anni, è stato presentato il primo segno tangibile del nuovo corso:il primo volume di una collana divulgativa intitolata «Il Malcantone racconta». Ne abbiamo discusso con il timoniere del museo, il conservatore Damiano Robbiani, entrato in carica a inizio anno.
L’anno prossimo i «bravi»
Partiamo proprio dalla nuova collana. «Ha due obiettivi - spiega Robbiani. - Da un lato valorizzare le voci dei malcantonesi, anche perché abbiamo diversi testi nel cassetto che lo meritano, e dall’altro essere una pubblicazione leggera e accattivante, accessibile a tutti, se pur con brevi schede tematiche e di approfondimento». Inizialmente è previsto un volume all’anno, ognuno illustrato. Il primo s’intitola «Memorie di un emigrante malcantonese. Martino Giani 1869-1952». «È uno scritto ritrovato fra le carte di famiglia dal bisnipote Edoardo, che ce l’ha proposto. Martino tra i quattordici e i venticinque anni ha vissuto la vita avventurosa dell’emigrante tra Milano, da cui torna quasi morto di fame, l’Uruguay, dove resta per quattro anni, e la Francia». Memorabili in particolare le sue descrizioni del viaggio oltre oceano in bastimento, che rendono vividamente quanto da lui vissuto. Il libro può essere acquistato per 25 franchi scrivendo a [email protected]. La prossima uscita sarà invece dedicata a un fatto di sangue accaduto nel 1843 a Banco con protagonista una banda di «bravi» che dettava legge nel Malcantone, mentre la terza si concentrerà su Santiago Righetti di Aranno, che emigrò in Argentina e divenne proprietario della più importante industria metallurgica del paese sudamericano.
Come accennato, la collana si affiancherà alle pubblicazioni scientifiche del Museo, e la grande ricerca che terrà impegnati collaboratori e ricercatori da qua al 2026 riguarderà l’emigrazione malcantonese e luganese verso l’Algeria, una meta finora mai particolarmente studiata. «L’interesse - spiega Robbiani - è nato dallo studio dei diari del contadino di Breno Giovanni Anastasia (ndr. pubblicati dal Museo nel 2019 in 4 volumi dal titolo «Ogni cosa è mal incaminata»). Tre suoi figli emigrano in Algeria: due tornano a casa senza un soldo e l’altro muore. E vengono nominate altre persone che compiono il viaggio. Così abbiamo cominciato a guardarci in giro e, grazie anche a documenti digitalizzati dagli archivi francesi, stimiamo che dall’inizio della colonizzazione dell’Algeria nel 1830 a fine secolo, dal Luganese siano partite tra le 4 e le 5.000 persone. Gli emigrati erano principalmente impiegati come maestranze nell’edilizia, anche per lavori pubblici. E a differenza di quanto accaduto in Vallese, non sembra che l’emigrazione ticinese sia stata di tipo colonico». L’intenzione è pubblicare i risultati della ricerca, oggi ancora agli stadi iniziali, al termine del quadriennio.
Il nuovo deposito
Ma i progetti del Museo non si esauriscono qui, e alcuni dipenderanno dalla creazione di un nuovo deposito/spazio didattico che dovrebbe sorgere sul retro della sede di Curio (la licenza edilizia c’è): «Siamo ancora nella fase di ricerca fondi per realizzare l’opera - spiega Robbiani. - Abbiamo una base abbastanza solida e contiamo di poter posare la prima pietra l’anno prossimo. Il deposito ci permetterà di liberare spazi all’interno del museo e di accogliere l’intera collezione storico-etnografica, oggi dispersa in luoghi non sempre adeguati». Negli spazi liberati potrebbero poi trovare spazio la biblioteca di Villa Orizzonte di Castelrotto e gli archivi storici dei Patriziati del Malcantone, recentemente riordinati dal Servizio archivi locali dell’Archivio di Stato.