Il Parlamento torna sui propri passi: i sussidi di cassa malati non cambiano

(Inizialmente pubblicato alle 19.30) Via, con un colpo di spugna, il risparmio di 10 milioni di franchi sui sussidi di cassa malati deciso in dicembre nell’ambito del Preventivo 2025. Il Parlamento, dopo quasi due ore di dibattito, ha accolto (con 45 voti favorevoli, 39 contrari e 3 astenuti) l’iniziativa presentata dal Centro che chiedeva al Gran Consiglio di tornare sui propri passi e di ristabilire la situazione precedente le misure di risparmio. La questione è dunque chiusa: i cittadini non dovranno esprimersi alle urne. Il referendum lanciato dal PS (oltre 11 mila le firme raccolte) e che chiedeva lo stesso dietrofront, è superato.
Posizioni inconciliabili
In mezzo, come detto, un lungo dibattito politico. Svolto tuttavia su posizioni inconciliabili. Da un lato il Centro, l’area progressista e i piccoli partiti; dall’altro PLR, Lega e UDC. Da una parte la richiesta di favorire, con un piccolo sforzo, le famiglie e il ceto medio (definizione utilizzata a profusione oggi); dall’altra la volontà di mantenere la coerenza della decisione presa pochi mesi fa, con un occhio sui conti – malmessi – del Cantone. Sullo sfondo, un regalo: quello che arriverà dalla Banca nazionale svizzera, che concederà 80 milioni di franchi al Ticino grazie agli utili da record realizzati lo scorso anno.
Si può cambiare idea
A chiarire subito l’obiettivo della manovra, e a mettere dunque il timbro politico, è stato proprio l’iniziativista Fiorenzo Dadò. «L’obiettivo è il ripristino dei sussidi per aiutare le famiglie in difficoltà», ha chiarito il presidente del Centro, che in seguito ha riassunto il percorso compiuto dal preventivo e dalle conseguenti misure di risparmio. Misure sostenute dal partito in Parlamento «per senso di responsabilità» alla luce della situazione finanziaria dello Stato. Dadò ha però ricordato che quel voto in aula «era condizionato al voto sull’analisi della spesa». Analisi che ha preso avvio negli scorsi mesi e che dovrà cercare di risolvere in profondità il problema strutturale della spesa. Poi, però, sono arrivati i famosi 80 milioni della BNS. Una cifra che «basta e avanza per cambiare idea». Anche perché, ha ricordato l’iniziativista, grazie a questi soldi il Cantone dovrebbe chiudere con un piccolo utile a consuntivo. «Se abbiamo trovato i soldi per gli sgravi fiscali, per l’amministrazione o per le strade, allora significa che possiamo anche aiutare le famiglie ticinesi dando un segnale chiaro al Paese».
A immergersi in profondità in cifre e percentuali ci ha pensato Ivo Durisch (PS), relatore di maggioranza. Per il socialista, però, «bisogna sfatare la favola che quello sui sussidi sia un contenimento della spesa. Si tratta di un taglio a tutti gli effetti». Giusto, dunque, utilizzare parte degli 80 milioni della banca nazionale per sostenere il ceto medio e la fascia di popolazione più fragile. Del resto, ha ricordato Samantha Bourgoin (Verdi), anche lei relatrice di maggioranza, se non si facesse nulla «2.500 famiglie perderebbero il sussidio e si vedrebbero annullata la riduzione per la retta degli asili nido». Oggi, invece, «possiamo da subito alleggerire la pressione votando la proposta del Centro. La situazione, ora, è cambiata. Ascoltiamo quelle famiglie che negli ultimi tre anni hanno visto i premi aumentare del 30%: non facciamo mancare loro il nostro sostegno». La famiglia è stata al centro anche del discorso di Fabrizio Sirica (PS). «Votando quel taglio non avete guardato in faccia le famiglie. Vi chiedo di togliere il sacchetto dal loro volto (come nell’immagine utilizzata durante la raccolta firme, ndr) e di guardare le cifre, la realtà di una famiglia».
Una goccia nell’oceano
Contrario, e in maniera compatta, il PLR. A Matteo Quadranti, nuovo capogruppo, il compito quindi di difendere in aula il suo rapporto di minoranza. «Gli stessi iniziativisti dicono che nell’ambito del preventivo la misura sui sussidi si giustificava», ha spiegato. «Anche la minoranza ha a cuore che chi può beneficiare dei sussidi possa beneficiarne anche in futuro». Ma poi, a ben guardare, il Cantone fa già molto. L’elenco di Quadranti è chiaro: oltre 400 milioni all’anno per i sussidi, altri 400 per finanziare le cure stazionarie, «e con le iniziative pendenti arriveremmo a circa un miliardo». Dieci milioni di sacrificio, su una cifra simile, non sono dunque eccessivi. Inoltre, su un tema così sensibile, secondo il capogruppo liberale radicale è giusto sapere cosa ne pensa il popolo (bocciando l’iniziativa i cittadini sarebbero andati al voto sul referendum del PS). «Può essere indicativo su cosa possiamo o non possiamo proporre in futuro». E attenzione a fare i conti senza l’oste: «I tagli previsti dalla Confederazione si ripercuoteranno sui Cantoni», ha chiosato Quadranti. Occhio, dunque, ad appoggiarsi ai soldi della BNS. Soldi che in futuro potrebbero non arrivare più. «Legittimo e giusto cercare soluzioni a breve termine ma non dimentichiamoci degli effetti a lungo termine», ha rincarato il presidente del PLR Alessandro Speziali. «La modesta misura sui sussidi era parte integrante di un percorso politico condiviso» sui conti del Cantone. «Ora con questa proposta del Centro si mette in discussione il compromesso trovato». Speziali ha sottolineato che «il Cantone non manca certo di generosità: 102 mila persone continueranno a beneficiare dei sussidi». E attenzione a non farsi ingolosire dalle quote BNS: «Non devono servire a rinviare i compiti, ma a migliorare la salute finanziaria dello Stato». Non votare l’iniziativa, per Speziali, «è difendere una visione coerente e lineare», anche perché sui costi della sanità è necessario agire alla radice. «La nostra interpellanza (vedi articolo sotto, ndr) interviene a monte del problema e apre spazio per una riforma». No secco anche dalla Lega. Per il capogruppo Boris Bignasca «per troppi anni abbiamo vissuto l’illusione che fosse possibile distribuire risorse che non avevamo, facendo ricadere tutto sulle future generazioni». Una politica «non più sostenibile. Non possiamo finanziare la gestione corrente con soldi che non abbiamo». È giusto, per Bignasca, «fare debito buono, e cioè investendo in infrastrutture strategiche». E basta con i cambi di direzione: «Non voteremo l’iniziativa Lambiel (in riferimento alla ‘‘giravolta’’ compiuta dal Centro, ndr)». «Si tratta di un dietrofront sulla base dei soldi della BNS», ha evidenziato da parte sua Roberta Soldati (UDC). «Il Parlamento non deve tornare sui propri passi», anche perché la situazione finanziaria del Cantone non lo permette di certo. Piuttosto, ha aggiunto, si riveda il sistema RIPAM. Compatte sulla proposta del Centro, tutte le piccole forze in Parlamento - ad eccezione del PVL, spaccato in due -, le quali a conti fatti si sono rivelate decisive.
«È evidente che l’aumento della spesa per i premi pone un serio problema di equilibrio finanziario», ha evidenziato in chiusura Raffaele De Rosa nel bocciare l’iniziativa. «La BNS distribuirà utili», ha aggiunto il responsabile del DSS, «ma le finanze cantonali restano fragili». E questo anche a causa dei tagli della Confederazione e della riforma EFAS, con quest’ultima che comporterà un costo stimato «di circa 55 milioni di franchi all’anno».
Tutti avvertimenti rimasti inascoltati: il colpo di spugna sul freno all’aumento della spesa per i sussidi è realtà.