Il PLR: «Il Ticino ha ancora molto bisogno di noi»
«Il Ticino ha ancora molto bisogno di noi». Così, davanti a circa 600 tra delegati e simpatizzanti riuniti al Palazzo dei Congressi, il presidente del PLR Alessandro Speziali ha lanciato la campagna in vista delle elezioni cantonali del 2 aprile. E lo ha fatto mettendo al centro i contenuti. «Perché quando si parla di temi, il PLR dà il meglio di sé», ha spiegato. Il partito, in vista delle elezioni intende dunque puntare sulle persone («persone immerse nel mondo, che lavorano, fondano imprese e operano nelle associazioni di volontariato») e sui valori. «Ma sulla declinazione concreta dei valori», perché questi «hanno senso solo se ispirano un’azione». Ed è proprio sulla concretezza che si fonda il programma - «denso» - di legislatura dei liberali radicali. «I cittadini - ha detto ancora Speziali - devono avere un punto di riferimento e noi vogliamo essere quel punto di riferimento, pur restando con i piedi per terra, con progetti concreti e realizzabili». Insomma, è un partito che vuole passare dalle parole ai fatti, quello che si è presentato oggi a Lugano. «Essere liberali radicali - ha del resto sottolineato Speziali - significa distillare i libri di filosofia per arricchire il nostro territorio». Al contempo, però, significa pure «dire no alle forze nazionaliste che cercano lo scontro e l’eterno colpevole» e anche rifiutare «la mentalità assistenzialista, il rancore eterno». «Non vogliamo giocare a questo gioco - ha detto con forza il presidente -. Vogliamo essere ottimisti e coraggiosi, dire cose giuste ai cittadini, anche se non sempre sono belle». Un concetto, questo, ribadito anche dal consigliere nazionale Alex Farinelli, designato presidente del giorno. «Dovremo risparmiare 200 milioni, ma il problema non sarà nella decina di funzionari che dovranno mettere a punto le misure della manovra di rientro, ma nei 90 deputati che dovranno approvarle. Non si può continuare a dire alla popolazione che si può fare tutto, perché poi quando le cose non possono essere fatte le persone si arrabbiano. Serve sincerità».
Il programma in 5 punti
Essere concreti, dicevamo. Ed ecco allora il programma del partito per la prossima legislatura, ratificato all’unanimità dal congresso. Cinque le priorità identificate: scuola, ambiente ed energia, lavoro e fisco, sanità, e burocrazia e giustizia. «Non abbiamo voluto fare un puro esercizio di stile, ma interpretare il nostro nuovo stile. Una narrativa che ci accompagnerà per i prossimi anni», ha sottolineato il presidente. Per la scuola, ad esempio, si punta a «sostenere una scuola dell’obbligo capace di includere e anche di orientare», con il superamento livelli, ma anche a favorire il dialogo tra il mondo formativo e quello delle aziende, nonché a valorizzare il ruolo del docente. Per l’ambiente e l’energia, i liberali radicali mirano a «una politica ambientale coraggiosa e onesta, che possa discutere del nuovo nucleare, ma anche dell’idroelettrico e del fotovoltaico». In ambito fiscale si punta a «uno Stato che poggi le sue fondamenta su finanze pubbliche sane, senza rinunciare agli investimenti chiave per il Paese», mentre guardando al mondo del lavoro il partito intende favorire una maggiore conciliabilità tra lavoro e famiglia. Tre, invece, le parole d’ordine per il campo sanitario: economicità, efficacia, qualità per riequilibrare i costi della salute. Infine, il partito intende battersi per ridurre il peso burocratico a carico di aziende e popolazione, ma anche riformare la giustizia per renderla più efficiente e basata sulla meritocrazia.
La parola ai candidati
Durante il congresso, si sono alternati sul palco anche i cinque candidati per il Consiglio di Stato. Secondo Jean-Jacques Aeschlimann «occorre trovare il coraggio di rischiare per costruire un futuro di prosperità. Siamo chiamati a prendere decisioni giuste per garantire il nostro benessere anche alle generazioni future». E di coraggio ha parlato anche Alessandra Gianella: «Dobbiamo continuare a incarnare la voce della realtà. Nei momenti di crisi, la voce del liberalismo osa dire le cose giuste, anche se sono difficili. Vogliamo un Ticino coeso, aperto e accogliente. Che non dimentichi le tradizioni ma mantenga lo sguardo proiettato al futuro». Responsabilità, trasparenza ed efficienza, invece, i tre cardini di Luca Renzetti («Voglio che siano la mia cifra. Come persona, prima ancora che come politico», ha detto). Tre principi declinabili a vari ambiti, dalla formazione, all’energia, fino alla sanità: «Il contenimento dei costi della salute passa prima di tutto da noi. Evitare gli sprechi non vale solo per la questione energetica. Occorre essere responsabili anche quando si parla di cure sanitarie». Sui grandi cantieri del Dipartimento delle istituzioni, invece, si è concentrato Andrea Rigamonti. «Giustizia 2018, Ticino 2020, Piano cantonale delle aggregazioni: siamo all’immobilismo più totale. Serve avere più coraggio per decidere, per questo dobbiamo aumentare la nostra rappresentanza». Infine, il turno del consigliere di Stato uscente, Christian Vitta, che dopo aver ripercorso il quadriennio, ha lanciato uno sguardo ai prossimi anni. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, «dovremo saper cogliere le dinamiche e i cambiamenti in atto, considerando però anche le peculiarità del nostro cantone di frontiera». Per questa ragione, Vitta intende rilanciare la clausola di salvaguardia, «in modo da intervenire dove notiamo maggiore pressione sui salari». Guardando alla situazione finanziaria, Vitta ha riconosciuto che «i prossimi anni, fino al 2025, saranno impegnativi. Servirà un lavoro di concertazione tra le forze politiche, perché altrimenti senza compromesso non andremo da nessuna parte».
Un «ordinario giorno storico»
Ospiti della giornata anche il presidente del PLR svizzero Thierry Burkart, ma soprattutto il consigliere federale Ignazio Cassis, che si è detto felice di avvertire «un PLR forte, motivato, che parla in maniera franca». In questo momento, ha detto Cassis, «siamo a una svolta storica del continente europeo e occorre riprendere in mano le cose con serietà. E pochi altri lo sanno fare come la Svizzera». Ripercorrendo alcuni momenti della giornata vissuta al Consiglio di sicurezza dell'ONU, il capo del DFAE ha ricordato l’emozione di quel giorno. «Un giorno storico, sì, eppure avevo nel contempo l’impressione che fosse un giorno ordinario. Oggi la paura è che l’emozionalità che ha portato a dire basta alla guerra - e a creare quel consesso - sia finita, e che ci si senta pronti a ripartire da capo».