Il primanostrismo aviatorio impedisce ad Agno di decollare
C’era - e già questa sarebbe una notizia - una compagnia aerea intenzionata a volare da Agno e a riprendere il collegamento per Ginevra. La tedesca Private Wings si è fatta avanti negli scorsi mesi ma non ha poi ottenuto la necessaria licenza a operare da parte dell’UFAC, l’Ufficio federale dell’aviazione civile. Questo perché altrimenti, come anticipato dal portale AeroTelegraph.com, sarebbe stato violato l’articolo 32 della Legge federale sulla navigazione aerea, che regola il cabotaggio, è che indica che «nella misura in cui gli accordi internazionali non prevedano altrimenti, il trasporto professionale di persone o di merci per via aerea tra due punti del territorio svizzero è riservato, di regola, alle imprese svizzere». Da Lugano Airport - come in qualsiasi altro aeroporto svizzero - una compagnia straniera potrebbe operare solo volando verso l’estero, mentre per i collegamenti interni vale una sorta di «primanostrismo» aviatorio che privilegia le società elvetiche. Una regola creata per dare stabilità al mercato e proteggere le compagnie elvetiche da un’eccessiva concorrenza - a volte magari estemporanea - in un mercato, quello svizzero, di certo non tra i più redditizi. Regola che però ora rappresenta un limite per i piccoli aeroporti regionali (Lugano in primis). E proprio Lugano Airport come noto ha chiesto al Consiglio federale - in particolare alla direttrice del Dipartimento federale dei trasporti Simonetta Sommaruga - di rivedere questa norma, o perlomeno la possibilità di ottenere delle deroghe.
«Lo vogliamo nero su bianco»
«La consigliera Sommaruga - ci conferma il direttore dell’aeroporto Maurizio Merlo - ci ha già risposto informalmente facendoci sapere di non voler concedere deroghe. Ora però abbiamo chiesto che ci venga rilasciata una comunicazione formale». Merlo giudica questa situazione «assurda» perché, per lo scalo di Agno, significa vedersi chiudere ulteriori porte in faccia. «Private Wings non avrebbe fatto concorrenza a nessuno visto che non ci sono compagnie aeree svizzere interessate a quella tratta».
Un limite in più
La questione del cabotaggio rappresenta a questo punto un serio problema per Lugano. I limiti strutturali dell’aeroporto (il sistema d’avvicinamento e la pista troppo corta) già oggi impediscono alla stragrande maggioranza delle compagnie aeree di volare su Lugano, non avendo gli aerei adatti. Quelle che invece hanno gli aerei adatti (i Saab2000, gli ATR 72, i Dash 8 o i più piccoli Dornier 328 e Beechcraft 1900) devono confrontarsi con un mercato di 350.000 abitanti, con la presenza di tre aeroporti internazionali (Malpensa, Zurigo e Bergamo) a poca distanza e l’accresciuta connettività ferroviaria (AlpTransit). Il cabotaggio complica dunque ulteriormente le cose, anche considerando che le compagnie svizzere sono sempre di meno. Hello, PrivateAir, Darwin e SkyWork sono fallite, Helvetic ed Edelweiss hanno velivoli troppo grandi per Lugano, mentre Swiss (controllata dalla tedesca Lufthansa) ha smesso di volare dalla città sul Ceresio e non intende tornare a farlo.
Le società virtuali
Eccezioni al cabotaggio esistono però quando una compagnia estera vola in territorio elvetico per conto di una società svizzera. Era il caso per esempio di Tyrolean Airways (che offriva il volo Lugano-Zurigo per conto di Swiss). L’aeroporto di Berna vorrebbe creare una compagnia aerea vituale, tutta sua (Flybair), e non è escluso che per la fornitura di velivoli ed equipaggio si affidi in futuro a una società tedesca. Idea che segue anche Lugano (ma se ne riparlerà solo dopo la votazione del 26 aprile), in contatto con la compagnia svizzera LionsAir.
Continua il braccio di ferro
Intanto in Ticino continua il botta e risposta politico in vista della votazione del 26 aprile, quando il popolo sarà chiamato ad esprimersi (a Lugano e a livello cantonale) sui referendum lanciati contro il nuovo finanziamento pubblico dell’aeroporto. Ieri il Movimento per il socialismo ha nuovamente preso posizione e ribadito di puntare alla chiusura dell’aeroporto «senza se e senza ma», distanziandosi dunque dal PS - in particolare dalla sezione cittadina - che, sostenendo il referendum «per evitare lo sperpero di fondi pubblici», non auspica necessariamente la chiusura dello scalo, ma opta per il ridimensionamento dell’aeroporto e una cessione dello stesso ai privati.