La storia

«Il tampone al rientro in Svizzera? Un ulteriore limite»

Sandro Fabretto, manager della Gateway Tours di Lugano, commenta il giro di vite imposto dalla Confederazione per i viaggi in aereo e si sofferma sul momento, delicatissimo, del turismo: «Non lavoriamo e non lavoreremo»
© KEYSTONE/Urs Flueeler
Marcello Pelizzari
08.02.2021 15:49

«Non lavoriamo. E non lavoreremo». Sandro Fabretto abbozza un sorriso. Ma il momento, va da sé, è complicato. Già presidente dell’Associazione ticinese agenzie viaggi, il nostro interlocutore traccia un quadro denso, densissimo di nubi. E all’orizzonte non si vede nessuna schiarita. Anzi, le nuove restrizioni imposte per chi arriva in Svizzera in aereo rischiano di complicare ulteriormente le cose. Al manager della Gateway Tours di Lugano, l’erede del marchio Globus, presente sul mercato dal 1928, chiediamo innanzitutto cosa significhi e cosa comporti – per chi vive di turismo – questo ulteriore giro di vite. «Di per sé non tantissimo» spiega Fabretto. «Quantomeno, in termini assoluti. Se prima accusavamo perdite attorno al 90%, adesso saliremo al 95%. Ma eravamo e siamo già sul fondo del barile. Certo, queste nuove misure avranno un impatto sui pochi intrepidi che, magari a Carnevale, avevano voglia di una vacanza nonostante tutto. Il fatto che la Confederazione preveda un test PCR al rientro non è sicuramente un incentivo».

Concretamente, a patto di avere clienti di ritorno da un viaggio all’estero, come dovrebbe muoversi un’agenzia?

«L’agenzia ha il compito di informare. Sulle misure e sulle restrizioni. Il test, beh, è a carico del cliente. Alle Maldive, ad esempio, i vari resort si stanno attrezzando in tal senso: del personale sanitario arriva direttamente in barca, raccoglie i tamponi e poi li porta nella capitale, Malé, per l’analisi. È chiaro che un’operazione del genere ha un costo. Il problema vero, se vogliamo, è che indipendentemente dalle misure prese dai vari governi le stesse compagnie aeree impongono sempre di più un test PCR negativo per potersi imbarcare. Questo, appunto, senza considerare le disposizioni dei singoli Paesi in merito e su qualsiasi tratta, che sia andata o ritorno. Viaggiare con tutti questi paletti, per giunta per piacere, diventa estremamente complicato».

Anche perché diverse mete esotiche non sembrano inclini ad accogliere turisti, non ora. Vero?

«Penso alla Thailandia: l’entrata è possibile, previa una quarantena di quattordici giorni da effettuare presso un albergo dedicato. E pagato, inutile sottolinearlo, dal cliente».

Il campanello d’allarme, per voi agenzie, sta continuando a suonare ininterrottamente da mesi. Quanto è grave la situazione?

«L’ulteriore giro di vite imposto dal Consiglio federale avrà un impatto sul fatturato, è evidente. Ma, ripeto, non è tanto la decisione di un singolo Paese, il nostro, bensì l’allineamento globale. E i tamponi hanno un costo. Quanto alle cifre, nel 2020 post lockdown eravamo riusciti a recuperare qualcosa. Chiudendo con un 15-20% rispetto ad un fatturato pre pandemia. Ad inizio 2021 eravamo convinti di poter arrivare ad un 35%, ma la realtà è differente: siamo attorno al 2% e se arrivassimo anche solo al 5% potremmo parlare di risultato eccellente».

Il problema è che il quadro cambia in continuazione. Da qui ad aprile le variabili sono infinite

Prima parlava di temerari: qualcuno, insomma, ha sempre e comunque voglia di viaggiare, giusto?

«Sì, ma il problema è che il quadro cambia in continuazione. Ad esempio, c’è chi si fa avanti chiedendo dove può andare per Pasqua. Da qui ad aprile, tuttavia, le variabili sono infinite. Perciò, prenotazioni vere e proprie, le poche che facciamo insomma, sono legate a Carnevale».

Il passaporto vaccinale secondo i più sarebbe la soluzione ad ogni problema. Concorda?

«Quel tipo di passaporto non serve. Il mondo dell’aviazione si è già espresso in tal senso: la vaccinazione non esclude del tutto il rischio di trasmissibilità del coronavirus. Proprio per questo le compagnie aeree puntano sul test negativo, sempre e comunque, finché l’emergenza non finirà. La realtà è che non lavoriamo. E non lavoreremo. Con tutte queste notizie, poi, la vedo davvero dura. Mi aspetto un’estate 2021 difficilissima».

Secondo le nuove misure, chi arriva in aereo in Svizzera è obbligato a presentare un test negativo mentre chi arriva in treno deve soltanto compilare un modulo d’entrata. Non è paradossale? Come se il virus viaggiasse per aria ma non su rotaia.

«Lo è, ma d’altro canto è difficile applicare una simile restrizione ad altri mezzi che non siano l’aeroplano. Su un aereo, per inciso, c’è una lista passeggeri con tanto di nomi e cognomi. Rovesciando la questione, dove può andare uno in treno o in automobile? Alla fine, si sposterebbe soltanto in Italia. Magari in Francia. Rimarrebbe nei Paesi limitrofi. Di fatto, non è che bypasserebbe le attuali restrizioni».

Torniamo agli intrepidi che vogliono viaggiare nonostante tutto. E prendere l’aereo. Il santo vale la candela?

«C’è il rischio, al di là del tampone, di contagiarsi. Soprattutto, di contrarre l’infezione una volta arrivati a destinazione. A quel punto, se ti va bene puoi rimanere nel tuo albergo ma se ti va male devi passare un periodo più o meno prolungato in una struttura indicata dalle autorità. E occhio, perché le assicurazioni non coprono queste spese».

Ecco, su quel fronte come siamo messi?

«Generalmente, quelle stipulate dopo marzo 2020 coprono il viaggiatore finché non parte. Mi spiego: se risulto positivo prima di partire, allora vengo rimborsato. Dopo, per contro, non c’è copertura. Anche perché, nella maggior parte dei casi, il viaggiatore dispone di polizze antecedenti marzo 2020. Polizze che coprono eventi come le epidemie, ma non le pandemie. Lo dico contro i miei interessi: partire, oggi, è un azzardo».

Ma gli attori coinvolti come rispondono a livello di annullamenti?

«C’è una buona flessibilità, sia sul fronte compagnie aeree sia su quello alberghiero. I vari attori danno più di una possibilità per posticipare le date di partenza o soggiorno, senza aggiunta di costi».

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