«Il turismo a corto raggio ha stufato»
Restrizioni, addio. La ritrovata libertà sta spingendo gli svizzeri (nuovamente) all’estero. Parliamo di vacanze, sì. Di più, secondo Le Matin Dimanche le agenzie hanno ricevuto svariate richieste per «viaggi lontani e costosi». Mica male, considerando i due anni complicati vissuti dall’intero settore. C’è chi, addirittura, ha speso importi tra i 15 e i 20 mila franchi per assicurarsi una destinazione esotica. Roba da matti. Oppure, molto più prosaicamente, dopo due anni a chilometro zero la voglia di evasione era tanta, troppa. E il prezzo, beh, non è stato più interpretato come un limite.
Un tesoretto da investire
«Una volta normalizzata la situazione, come operatore mi sarei aspettato dapprima una sorta di riscaldamento» afferma a tal proposito Davide Nettuno, portavoce di Hotelplan per il Ticino. «Non tanto a livello di volume, che immaginavo comunque copioso, ma in termini di distanze. Mi spiego: credevo ci sarebbe stato, chiamiamolo così, un avvicinamento alle vacanze. Tipo tre o quattro giorni a Madrid per vedere come va e, in un secondo momento, un viaggio verso una destinazione più lontana. In realtà, oltre a questo approccio abbiamo già registrato pratiche molto consistenti e concrete. Persone, per dire, che hanno acquistato pacchetti da svariate migliaia di franchi per farsi una settimana a New York o per andare alle Maldive e godersi un trattamento reale».
La lettura, secondo Nettuno, può essere duplice: «Da un lato, chi ha speso poco per le vacanze in questi due anni ora si ritrova un tesoretto da investire; dall’altro, invece, il cosiddetto turismo a corto raggio ha stufato. C’è, soprattutto, la ricerca del bello. Anche chi vuole la cosa piccola, beh, la vuole carina. Questa, forse, è la vera sorpresa».
Il timore di Nettuno, più che a una recrudescenza del virus, ora come ora è legato alla crisi ucraina. «Può sembrare un problema regionale, ma i venti di guerra di solito frenano il turismo in generale e possono paralizzare l’intero settore».
La reazione emotiva
Un grande aiuto al turismo, evidentemente, è arrivato da chi, come la Svizzera, ha varato la politica del (quasi) liberi tutti. Fra le mete lontane, l’Australia dopo due anni ha accolto di nuovo i primi turisti. Il mondo, pian piano, sta tornando a disposizione di chi ama e vuole viaggiare. Nettuno non nasconde il suo entusiasmo: «Se penso al nostro Paese, il grosso si è sbloccato il 22 gennaio scorso quando la Confederazione ha tolto l’obbligo di effettuare un tampone al rientro. Prima, infatti, molti avevano paura a spostarsi per il timore di rimanere bloccati. Con gli allentamenti pronunciati adesso, per contro, c’è stata una reazione più emotiva e psicologica. Come dire: se hanno tolto quasi tutte le restrizioni significa che posso partire con leggerezza. Significa che, concretamente, posso pensare a una vacanza senza preoccupazioni. In agenzia, diversi clienti hanno chiesto informazioni per luglio, agosto e settembre, ma anche per ottobre. C’è voglia di guardare più in là, insomma».
«Quella richiesta per l’India»
Fra le richieste più bizzarre, spiega Nettuno, «ci sono tre persone che vogliono tornare in India». Si tratta, specifica il portavoce di Hoteplan, di seguaci della medicina ayurvedica. «Prima della pandemia, si recavano in India per una sorta di check-up annuale. Mi hanno detto: negli ultimi due anni ci sentivamo distrutti. Ora, finalmente, possono ritornare al loro abituale percorso di cure. È una cosa simpatica, che tuttavia fa capire quali possano essere le esigenze di chi viaggia. Non c’è solo il turismo, ecco. C’è anche chi vuole andare a trovare il nipote che vive lontano».
L’estate, intanto, si avvicina. Sarà, di fatto, la prima paragonabile all’epoca pre-coronavirus. A meno di clamorosi scossoni sul fronte COVID-19. «Ci manca ancora qualcosina, invero» precisa Nettuno. «La Grecia, ad esempio, ha ancora in ballo il discorso legato alla tracciabilità. L’Italia chiarirà più in avanti che cosa farà con il green pass. Queste destinazioni sono un po’ in letargo, fanno come i ciclisti che rimangono in surplace. Ma non mi preoccupano, perché sono pronte a scattare». Ci saranno, ad ogni modo, nomi grossi come Stati Uniti, Canada, volendo Thailandia. «C’è ancora qualche destinazione chiusa, come il Giappone o il Madagascar. E l’Australia ha aperto soltanto ora. Ma si tratta di un 5% che manca, forse, rispetto al volume che riusciamo a vendere con altre mete. Bisognerà valutare, più che altro, come l’intero discorso logistico verrà riattivato. Un conto è riaprire una destinazione, un altro riaprire le strutture e rimettere in piedi i voli. Coordinare il tutto non sarà facile. Ma se c’è la domanda si farà di tutto per soddisfarla».