Confine

Infermieri in fuga dalla Lombardia: «In Svizzera stipendio tre volte più alto»

La fotografia dello status del settore è stata scattata dai rappresentanti dell'Ordine delle professioni infermieristiche, dalla Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche e dai sindacati durante una seduta della Commissione Sanità
© CdT/Chiara Zocchetti
Red. Online
20.09.2023 11:45

Secondo le stime, scrive Repubblica, uno su quattro andrà in pensione da qui ai prossimi cinque anni. Parliamo di Lombardia e, nello specifico, infermieri. Circa 2.500-3 mila professionisti all'anno. Con un ricambio limitato, considerando che dalle Università lombarde escono poco più di mille professionisti ogni anno. Tradotto: i nuovi ingressi nel mercato del lavoro compensano solo in parte le uscite. Che sono numerose, appunto, e non soltanto legate a un fattore di età. Ed è qui che entra in gioco la Svizzera, con il Ticino in testa. Ogni giorno, ribadisce il quotidiano italiano, oltre 4 mila professionisti della sanità varcano il confine per lavorare nella Confederazione. Un numero altissimo, considerando che poco più di dieci anni fa, nel 2012, erano meno di un migliaio, mentre negli ultimi tre anni se ne sono aggiunti quattrocento.

Il problema degli infermieri che lasciano l’Italia in cerca di stipendi e condizioni di lavoro migliori, scriveva alcune settimane fa il collega Michele Montanari, è noto da tempo. Da mesi il sindacato Nursing Up lancia l’allarme affinché Roma faccia qualcosa per tamponare l’emorragia di professionisti del settore sanitario verso l’estero, in particolare verso la Svizzera. Per ovviare al problema, le istituzioni lombarde, insieme al Governo italiano, stanno lavorando a un sistema di indennizzi – almeno per gli infermieri che vivono nelle zone di confine – che spinga gli addetti ai lavori a rimanere nella Penisola. Di più, secondo le stime del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, entro il 2026 dovrebbero esserci 2.287 infermieri in più in tutta la regione per le Case di comunità. Parole, finora, mentre il settore avrebbe bisogno di fatti. Concreti.

La fotografia dello status degli infermieri è stata scattata, ieri, dai rappresentanti dell'OPI, l'Ordine delle professioni infermieristiche, dalla SIDMI, la Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche e dai sindacati durante una seduta della Commissione Sanità. «Secondo le nostre stime — ha spiegato Aurelio Filippini, presidente dell’OPI di Varese e vice-coordinatore regionale — ogni mese tra i 30 e i 35 professionisti sanitari, soprattutto infermieri, danno le dimissioni dagli ospedali pubblici lombardi per dedicarsi al privato o, se abitano in zone come Varese, Como e Lecco, andare oltreconfine».

Oltreconfine, evidentemente, a condizioni più vantaggiose. Ovvero, con uno stipendio (anche) triplicato: «Oggi un infermiere neo-assunto guadagna poco più di 1.400 euro, negli anni successivi può arrivare a 1.600-1.700 euro, ma è chiaro che non è paragonabile a quanto offerto all’estero, né sufficiente per vivere in città come Milano» ha dichiarato dal canto suo Pasqualino D’Aloia, presidente dell’OPI di Milano. «La Lombardia — ha aggiunto Giuseppe Negrini, presidente della SIDMI — è la regione con la maggior presenza di infermieri over 58: l’età media è di 52 anni e due mesi, in aumento rispetto al 2019 quando era intorno ai 45 anni». «L’Italia è agli ultimi posti per la media di presenza medici-infermieri» ha detto Patrizia Baffi, presidente della commissione Sanità. «Dobbiamo lavorare per costruire tutti insieme un percorso che possa invertire questo trend».

Detto ciò, in Italia c'è chi sta guardando agli altri Paesi dell'area mediterranea per risolvere la carenza di personale sanitario. Il gruppo San Donato, in questo senso, ha aperto una strada con la Tunisia per far confluire nella Penisola 300 infermieri. Da capire, però, se la regione Lombardia può intervenire sul riconoscimento del titolo di studio.

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