Mezzovico-Vira

Inquinanti nel Vedeggio: ancora un’assoluzione

Prosciolto in Pretura il titolare di un’impresa di stoccaggio di carburanti – Era stato accusato per lo sversamento nel fiume di tremila litri di diesel – Come per il caso del cemento finito in acqua, non paga nessuno
© Dipartimento del Territorio
Giuliano Gasperi
28.11.2024 06:00

Non è mai colpa di nessuno, verrebbe da dire. Restiamo però sui fatti. Il fiume Vedeggio è tornato ad essere protagonista in aula penale, ovviamente in qualità di vittima, e come per il caso del cemento finito nel corso d’acqua, con relativa moria di pesci, nel gennaio del 2017 a Mezzovico-Vira, le accuse alla fine sono cadute. Ad essere assolto, ieri in Pretura, un ticinese titolare di una ditta di stoccaggio d’idrocarburi che era stato raggiunto da un decreto (per infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque) in seguito allo sversamento di gasolio riscontrato nel settembre di tre anni fa, sempre in territorio di Mezzovico-Vira. Decisivo, per il proscioglimento, il fatto di essersi sempre rivolto a ditte specializzate per il controllo e la manutenzione dei suoi impianti. Era l’unico imputato.

Non ci si è annoiati

L’impresario, uomo alla mano e istintivo, è stato più volte richiamato dal giudice Manuel Bergamelli (con tanto di pugno picchiato sul tavolo) per i suoi commenti improvvisi mentre parlavano le altre parti. Come quando ha invitato i rappresentanti della Sezione Protezione Acqua e Suolo del Cantone a «cuntà mia sü scemaat», per darvi un’idea dell’atmosfera. Abbastanza «carico» anche il suo avvocato, Fulvio Biancardi, che si è rivolto agli stessi funzionari con un rustico «ma per piasé!».

Singolare, poi, la prima richiesta fatta dall’imputato al giudice: «Glielo dico subito: non voglio essere condannato, perché prossimamente dovrò presentare la mia fedina penale a Berna, e se non sarà pulita non potrò più svolgere la mia attività». A tenerlo un po’ a freno, oltre al suo legale, ci ha pensato la moglie, presente fra il pubblico.

Con le sonde, forse...

I momenti di colore si sono alternati ad altri molto tecnici, legati in particolare ad una pompa che serviva a portare la benzina da una cisterna a una colonna di rifornimento. Per l’allora procuratore pubblico supplente Luca Guastalla, la perdita di diesel si è sviluppata dalla giunzione fra un pozzetto contenente la pompa e la condotta diretta alla colonnina. «Sapevo che quella pompa c’era - ha spiegato l’accusato a precisa domanda del giudice - ma non so come funzionava. Ti t’al seet? Non sono un tecnico: pago i tecnici per questo».

L’accusa, nello specifico, rimproverava l’imputato di aver «omesso di provvedere» al fatto che tutte le apparecchiature fossero in regola e funzionanti, oltre al fatto di non aver fatto installare «delle apposite sonde rilevatrici» contro le perdite e di aver «omesso d’informare adeguatamente le aziende incaricate dell’ispezione e della manutenzione dell’impianto in merito alle sue caratteristiche, in particolare alla presenza di una pompa di rilancio». Argomenti che non hanno retto.

Spavento (e costi) a Capriasca

In aula, rappresentato dall’avvocato Alex Domeniconi, c’era anche un Comune: non Mezzovico-Vira, Capriasca. Il procuratore aveva infatti riscontrato «il rischio, non concretizzatosi, che l’idrocarburo arrivasse ad infiltrarsi nelle acque sotterranee prelevate per l’approvvigionamento idrico di Capriasca tramite il pozzo Pezza a Sigirino».

«Le ultime analisi - ha commentato Domeniconi - parlano di uno sversamento di 3.600 litri di diesel. Quanto successo ha destato grande preoccupazione e costretto il Comune a intervenire con urgenza, in particolare con un monitoraggio costante per diversi mesi e con la posa di una condotta d’emergenza». I costi sono stati quantificati in 139 mila franchi, che il Comune ha chiesto come risarcimento. «L’imputato non avrà competenze tecniche - ha aggiunto il legale - ma riteniamo sia stato negligente, anche per non aver informato il Cantone su alcune modifiche apportate all’impianto negli ultimi anni». A tal proposito, i funzionari hanno evidenziato come la loro Sezione, nel 2006, avesse chiesto invano all’imprenditore una domanda di costruzione per mettere in regola la pompa della discordia.

Controlli nel mirino

L’avvocato Biancardi ha invece insistito su un altro aspetto: «Nessuno, ad oggi, ha potuto esprimersi con assoluta certezza sulle cause esatte della fuoriuscita di carburante». Ragione per cui, a detta sua, non si può escludere che lo sversamento sia partito altrove. «Ci sono bel altri siti inquinanti in quel comparto: chi può dire che il carburante non sia finito nel fiume in altro modo?».

Il legale, sottolineando la «totale buona fede» del suo assistito, ha poi spostato l’attenzione sulle ditte ingaggiate per le revisioni dell’impianto: «Mi chiedo che tipo di controlli facessero, se neanche sapevano dell’esistenza della pompa. E il Cantone, dopo i suoi di controlli, perché non ha mai segnalato la necessità di posare le sonde rilevatrici? Si sono svegliati solo dopo l’inquinamento».

Si era fidato

Premettendo di non voler imputare nulla ad altre persone, il giudice Bergamelli ha parlato di «dubbi insormontabili sulla colpevolezza dell’imprenditore». E quando è così, le accuse crollano. «L’imputato si è rivolto a ditte esterne specializzate, e durante le loro ispezioni non è mai stata accertata una caratteristica fondamentale che è stata il nucleo dell’atto d’accusa: la presenza di una pompa che avrebbe dovuto essere munita di un allarme specifico». «Lui si è fidato dei professionisti - ha concluso il giudice - e non si può dire che sia stato negligente».