La lettera

Insegnamento medio superiore e nomine: «Per quei posti vale il principio aziendalistico?»

Sulla scia della sentenza del Tribunale cantonale amministrativo che ha annullato le nomine di Desirée Mallè e Mattia Pini alla testa della SIMS il Movimento della Scuola si rivolge direttamente a Marina Carobbio Guscetti
©CHIARA ZOCCHETTI
Red. Online
16.03.2025 12:15

«La sentenza del Tribunale cantonale amministrativo del 21 febbraio scorso, che ha disposto l’annullamento delle nomine dei due direttori della SIMS, ha suscitato grande clamore». Inizia così una lettera aperta che il Movimento della Scuola ha inviato alla consigliera di Stato e direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) Marina Carobbio Guscetti. Per SIMS, evidentemente, si intende la Sezione dell’insegnamento medio superiore mentre la sentenza citata è quella che, lo scorso febbraio, ha annullato le nomine di Desirée Mallè e Mattia Pini alla testa della citata Sezione. Il Consiglio di Stato, ricordiamo, li aveva nominati in job sharing (entrambi con un’occupazione al 50 per cento) lo scorso 10 luglio. Ma uno dei 54 candidati al concorso aveva impugnato la nomina. L’avvocato Gianluca Padlina, patrocinatore del candidato non ritenuto idoneo a occupare la funzione, a sentenza pronunciata non a caso aveva parlato di «grande soddisfazione».

«Il dibattito pubblico – prosegue la missiva – si è concentrato prevalentemente sugli aspetti formali della decisione, senza affrontare le questioni di fondo che questa vicenda solleva». Quali? Ancora il Movimento: «Già prima della sentenza, la scelta dei nuovi direttori aveva generato perplessità tra il personale docente e i quadri scolastici del settore interessato. Il nodo centrale – ci teniamo a precisarlo – non riguardava le persone nominate in sé, quanto il criterio con cui erano state selezionate. Aveva destato sorpresa, infatti, la decisione di assegnare ruoli dirigenziali a figure prive di esperienza diretta nell’insegnamento medio superiore. Tale scelta appariva in contrasto con la prassi consolidata, secondo cui il possesso di un’esperienza specifica nel settore di riferimento rappresenta un criterio essenziale per ricoprire incarichi di questa natura».

Perplessità, insomma, legate «alla decisione di adottare una soluzione che in nessun modo poteva essere percepita dal mondo delle scuole medie superiori come espressione del proprio coinvolgimento partecipativo, proprio in un momento in cui ci si trova ad affrontare sfide particolarmente significative, tra cui l’applicazione di una riforma federale degli studi liceali e la riorganizzazione della Scuola cantonale di commercio».

Paradossalmente, fa notare il Movimento, «ciò che si chiede al direttore o al vicedirettore di un istituto scolastico (l’abilitazione professionale nel settore unita all’esperienza di insegnamento) non varrebbe più per chi è chiamato a dirigere il settore stesso». In altre parole, scrive il comitato nella lettera, «per i posti di alti funzionari sembra valere un principio aziendalistico: si sceglie un amministratore, un gestore, poco importa se accreditato nel settore che andrà a dirigere».

È questo, ribadisce il Movimento, «il principio che più ci preoccupa, anche se, sulla base della sentenza del Tribunale amministrativo, nel caso in esame persino l’esperienza gestionale (chiesta nel bando di concorso) faceva difetto. Sorge allora il dubbio che l’intenzione della Divisione della Scuola sia stata prioritariamente quella di avere in seno allo staff delle persone allineate agli indirizzi pedagogici decisi dalla stessa, evitando quel dinamismo dialettico che è vitale nella scuola. Da tempo si condanna l’eterodossia, considerata pedagogicamente pericolosa».

Il punto centrale della questione, di conseguenza, «riguarda l’equilibrio che chi dirige l’istituzione scolastica sceglie di adottare tra due diverse prospettive: quella che considera il corpo docente innanzitutto come destinatario di indicazioni provenienti dall’alto e quella che valorizza l’esperienza degli insegnanti come risorsa per il miglioramento del sistema educativo dal basso. Sono attitudini entrambe che chi copre ruoli di responsabilità deve assumere, ma se la prima offusca la seconda il rischio di fratture e incomprensioni tra gli insegnanti e i vertici del Dipartimento diventa reale».

Infine, rivolgendosi direttamente a Carobbio Guscetti, «ancora non ci è dato sapere come il Consiglio di Stato abbia deciso di reagire alla sentenza del Tribunale. Ciò che possiamo comunque dire è che, in relazione alle preoccupazioni che qui abbiamo espresso, le dichiarazioni da lei rilasciate il 26 febbraio scorso ci sono apparse insoddisfacenti. Crediamo che su questi temi vi sia l’urgenza di cambiare rotta, non più solo a parole. Anche a costo di scontentare qualcuno ai vertici del Dipartimento».