Storia

La catastrofe del secolo che ci ha resi più previdenti

Il Museo di Vallemaggia pubblica un libro di testimonianze e di riflessioni sulla grande alluvione del 1978 – Il monito degli esperti: «Un evento che potrebbe ripetersi, ma grazie a quell’esperienza oggi sapremmo affrontarlo meglio» - LE FOTO DELL’EPOCA
Gli effetti della furia delle acque della Maggia fra le palazzine di Locarno. ©Museo Vallemaggia
Barbara Gianetti Lorenzetti
Barbara Gianetti Lorenzetti
22.10.2020 18:24

Ci capita ancora troppo spesso di essere presuntuosi di fronte alla natura. Non c’è periodo migliore di questo per rendercene conto. Convinti di poter controllare tutto, bastano spesso pochi istanti per costringerci a ricrederci amaramente. A quel punto l’unica alternativa che ci rimane è far tesoro dell’esperienza, cercando di presentarci un po’ meno impreparati all’appuntamento successivo con fenomeni tanto più grandi di noi. È quanto ci ha insegnato anche l’alluvione del 1978. Di certo la peggiore del ventesimo secolo per molte zone del Sopraceneri e della Mesolcina. Una vera catastrofe, insomma, che ha rappresentato una sorta di spartiacque, oltre ad essere rimasta indelebilmente scolpita nella memoria di molti. Da qui la grande partecipazione alla serata organizzata due anni fa dal Museo di Vallemaggia per sottolineare i quarant’anni dalla «buzza del secolo». «Proprio allora – racconta Elio Genazzi, presidente della struttura di Cevio – è nata l’idea di dedicare un volume alla ricorrenza». Libro uscito proprio in questi giorni. «E quasi a voler ricordare la sua forza, siamo andati in stampa proprio durante l’ultima piena della Maggia, la cui portata ha sfiorato i 3.000 metri cubi al secondo. Ancora poco, se si pensa che allora arrivò a quasi 5.000...».

Andare oltre la cronaca

Dodici gli interventi raccolti nel volume, il cui obiettivo non è tanto quello di riproporre una cronaca di quanto accadde fra il 7 e l’8 agosto di 42 anni fa. «Cosa che – prosegue Genazzi, affiancato dalla curatrice del museo Alice Jacot-Descombes – già è stata fatta nel 1979 con un primo libro edito da Armando Dadò». Agli stessi tipi è affidata la nuova pubblicazione, cui si è voluto dare un carattere maggiormente scientifico, ampliando la prospettiva sugli effetti a medio e lungo termine di quella memorabile catastrofe e ipotizzando le conseguenze di una sua possibile replica. «Sì perché – proseguono Genazzi e Jacot-Descombes, fra l’altro anche coautori della pubblicazione – dal libro appare chiaro che si trattò di un evento eccezionale, ma non irripetibile. Anzi, vista l’evoluzione dei cambiamenti climatici, la probabilità di trovarci di fronte ad una nuova ‘buzza del secolo’ è tutt’altro che remota. La domanda da porsi non è, insomma, ‘se’, ma ‘quando’. E farlo presente anche a chi quei giorni non li ha vissuti era fra i nostri obiettivi».

Una grande lezione

Il secondo aspetto interessante che scaturisce dalle oltre 200 pagine – fra l’altro ricche di immagini d’epoca, di grafici e di tabelle esplicative – è , diciamo così, didattico. La drammatica esperienza (che, non dimentichiamolo, provocò anche sette morti, oltre a milioni di danni) finì insomma per trasformarsi anche in una grande lezione. «Le conseguenze dell’alluvione – proseguono i rappresentanti del museo valmaggese – misero a nudo, in particolare, due fenomeni. Da una parte il degrado territoriale provocato dallo spopolamento delle valli, dall’altra un sistema di intervento istituzionale di certo lodevole, ma non sufficientemente strutturato per far fronte ad eventi di quella portata». Le conseguenze pratiche furono, ad esempio, una completa riorganizzazione della Protezione civile (che, fra l’altro, a quei tempi era ancora agli albori della sua attività), cambiamenti importanti nella gestione forestale (da parte del Cantone, degli enti pubblici locali e anche dei privati), oltre a nuove misure nel settore idrogeologico. Se il ‘78 dovesse ripetersi, insomma, secondo gli esperti saremmo più preparati per affrontarlo. «Salvo forse – chiosa Genazzi – una certa tendenza a sottovalutare ancora velocità e potenza con cui la natura è pronta a manifestarsi».

Fra storia e prospettive future

Dodici, come detto, i contributi contenuti nel libro «L’alluvione del ‘78. Testimonianze e riflessioni». Dopo le note introduttive del presidente del Governo Norman Gobbi e di Genazzi (autore anche di un capitolo successivo), prendono la parola il geografo e già presidente del museo Bruno Donati, la curatrice del museo (antropologa), Urs Germann e Stefano Zanini di MeteoSvizzera, Laurent Filippini, Andrea Salvetti e Sandro Peduzzi dell’Ufficio cantonale dei corsi d’acqua, l’ingegner Giuliano Anastasi, lo storico onsernonese Vasco Gamboni, Ottavio Martini, già vice direttore dell’Ofima, Roland David, capo della Sezione forestale, Ryan Pedevilla, Alex Helbling e Raffaele Dadò per la Protezione civile.

Un volantino a tutti i fuochi

Oltre ai contributi degli specialisti, il libro contiene anche cronache e testimonianze affidate ai giornalisti Teresio e Maurizio Valsesia. Molti i Comuni che hanno cofinanziato il volume o che ne hanno prenotato vari esemplari. Duemila le copie stampate. La prossima settimana un volantino con possibilità di ordinazione giungerà a tutti i fuochi del Locarnese e della Vallemaggia. Seguiranno anche inserzioni sui quotidiani, mentre i soci del Museo, il 30 e 31 ottobre, potranno ottenerne in sede una copia scontata a 30 franchi (di 40 il prezzo di listino).