«La conferenza al Lux è stata annullata»
Alla fine, la conferenza della discordia non si farà. In parte perché il cinema Lux, nel frattempo, aveva preso le distanze dagli organizzatori. Una retromarcia, se vogliamo, che ha spinto HelvEthica – all’origine della serata del 12 settembre assieme al movimento Amici della Costituzione – ad annunciare l’annullamento.
La sala massagnese, dicevamo, all’improvviso è finita nell’occhio del ciclone. Già, il Lux è stato accusato – tramite una lettera anonima rilanciata, fra gli altri, anche dai molinari via Telegram – di ospitare un evento a metà fra intolleranza e bigottismo. A cominciare dal titolo, definito ingannevole: La distruzione della libertà in nome della libertà? Ideologia del gender: parliamone.
A scatenare il caos, in particolare, sono stati i nomi, e i curriculum, dei relatori. Citiamo direttamente dalla missiva: «Gianfranco Amato e Silvana De Mari, invitati a esprimersi come relatore e relatrice, sono due personaggi attivi da anni in Italia che in nome della famiglia tradizionale e della difesa della vita portano avanti dei discorsi di odio contro le persone gay, trans, bisessuali e lesbiche, andando a braccetto con movimenti e partiti di estrema destra, neofascisti e con l’integralismo cattolico più oscurantista e intollerante».
Movimenti che, a loro volta, «vorrebbero vietare alle donne e alle persone LGBTQI+ di autodeterminare le proprie scelte in materia di identità ed espressione di genere, orientamento sessuale e libertà riproduttive. Per intenderci: antiabortisti, favorevoli alle terapie riparative o di riorientamento sessuale per persone gay, bisessuali e lesbiche e promotori di una visione patriarcale della società».
Di qui, dunque, l’invito a telefonare o scrivere al cinema Lux per chiedere spiegazioni. Non senza una certa frustrazione di fondo, «per il fatto che il cinema Lux, un luogo storico della cultura luganese, dia spazio alla conferenza di Silvana De Mari e Gianfranco Amato», personaggi «che professano odio contro le persone gay, trans, bisessuali e lesbiche mascherandolo come difesa della libertà».
La risposta della struttura, tramite la direzione, non si è fatta attendere. L’evento, ha spiegato il Lux, è stato «gestito e organizzato esternamente» e «non ha nulla a che fare con la nostra attività cinematografica». Di nuovo: «Abbiamo sempre ospitato eventi e manifestazioni legate a qualsiasi ideologia e pensiero, senza operare alcuna censura e confidando nell’intelligenza delle singole persone. Questo non vuol dire che la nostra attività promuove e sostiene quanto viene presentato e proposto».
Appunto. Il fatto che la direzione, via e-mail, sia stata letteralmente inondata di richieste di spiegazioni ha spinto a un confronto con gli organizzatori. Dal quale, ancor prima del comunicato di HelvEthica, era emersa la volontà di annullare la conferenza. «Eravamo consapevoli del fatto che si trattasse di un argomento molto delicato, in grado di suscitare sentimenti e reazioni forti» ha spiegato, in serata, il partito. «HelvEthica Ticino voleva però offrire alla popolazione la possibilità di interrogarsi sulla realtà della teoria di genere e sui suoi risvolti nel mondo dell’educazione». Di più: «Appellandoci al principio democratico della libertà di espressione – cardine irrinunciabile di ogni vero ordinamento democratico – avremmo esortato ogni partecipante alla serata a voler mantenere un comportamento civile e rispettoso delle opinioni di tutti. Avremmo invitato tutte le parti alla calma e alla moderazione affinché fosse possibile la tanto necessaria discussione pubblica attorno a una radicale trasformazione antropologica, che a nostro avviso viene calata dall’alto senza che scuola, genitori e altre agenzie educative siano coinvolte nei processi di decisione».
Quindi, la precisazione: HelvEthica Ticino «non si oppone alla libertà di espressione di genere delle persone maggiorenni, ma si impegna a favore di un’educazione che rispetti il naturale processo psico-affettivo e cognitivo dell’infanzia, senza che questo venga influenzato da teorie di fluidità di genere, che arrischiano di confondere piuttosto che aiutare il naturale processo di maturazione dell’identità di genere. Siamo tutti d’accordo che il tema richiede un’ampia discussione pubblica: volevamo dare una chance, confrontandoci con rispetto reciproco. Ma questa chance è negata a una grande fetta della popolazione da una minoranza rumorosa che accusa di discorso d’odio chi non si allinea supinamente al suo pensiero. Ci dispiace molto per i numerosi genitori e docenti che aspettavano con grande interesse l’evento. La politica, i media e tutto l’elettorato riflettano sullo stato della nostra democrazia, che in teoria dovrebbe garantire a tutti le libertà costituzionali di pensiero, di espressione e di religione».