La falsa fiduciaria ci ricasca? «No, la situazione è diversa»

Nel 2019 era stata condannata dalla Pretura penale per esercizio abusivo delle professioni di fiduciario a una multa di 12.000 franchi. A distanza di tre anni, si trova ancora invischiata nei medesimi guai giudiziari ed è comparsa nuovamente davanti alla Pretura, con l’unica differenza che questa volta la pena pecuniaria proposta dal procuratore pubblico ammonta a 25.000 franchi. La donna, una 63.enne domiciliata nel Luganese, è stata raggiunta da un decreto d’accusa stilato dal pp Daniele Galliano perché tra il maggio del 2019 e l’ottobre del 2021 avrebbe «intenzionalmente e ininterrottamente» esercitato senza autorizzazione la professione di fiduciaria immobiliare. Lei invece si professa innocente.
In particolare, sostiene il pp, in veste di collaboratrice esterna pubblicizzava a proprio nome annunci di vendita o di locazione di un’agenzia immobiliare di Lugano su varie piattaforme e faceva da tramite tra il cliente e il proprietario. Poi, nel momento in cui la trattativa andava in porto, fatturava all’agenzia immobiliare una provvigione per il lavoro svolto di circa il 90%. Gli illeciti ammonterebbero a oltre 180.000 franchi. Per il suo difensore, l’avvocato Ergin Cimen, ha svolto unicamente la funzione di «segretaria amministrativa qualificata».
Garanzia di tutela
Per inquadrare la vicenda è utile partire dagli strascichi economici causati dalla precedente condanna (curioso il fatto che la data della sentenza risale al 15 maggio 2019, mentre l’inizio delle accuse più recenti è datato 16 maggio 2019, ndr). «Dopo la sentenza avevo bisogno di lavorare: volevo trovare una soluzione che mi consentisse sì di guadagnare, ma con una formula conforme all’Autorità di vigilanza e che non fosse passibile di quei problemi avuti in passato – ha spiegato la donna durante l’interrogatorio –. La soluzione è stata quella di lavorare per una fiduciaria immobiliare riconosciuta e che fosse anche garante di terzi (quindi che la tutelasse, ndr)». Le mansioni svolte dall’imputata, stando alle dichiarazioni rilasciate in aula, si limitavano ad abbellire gli immobili in vendita o in affitto, ad accompagnare le persone interessate nel classico «giro della casa», ad allestire la documentazione (anche fotografica) che veniva poi utilizzata per promuovere gli appartamenti sulle piattaforme immobiliari online e a mettere in contatto i locatori con i proprietari. «La sua attività è sempre stata oggetto di controllo da parte di un’autorità regolarmente iscritta al Registro di commercio – ha argomentato Cimen –. Non ha mai negoziato e non le sono mai stati conferiti diritti di natura patrimoniale. Infatti, non fattura più al cliente. I fatti si riferiscono a un’attività lavorativa con lo scopo di provvedere al suo sostentamento e a quello dei figli a carico. La sua condotta è sempre stata esemplare, sia in Svizzera che all’estero, salvo per la procedura di natura contravvenzionale del 2019 davanti a questa Corte».
Di diverso avviso il procuratore pubblico (assente oggi in aula), secondo cui l’imputata allestiva sì la documentazione relativa agli immobili, ma li promuoveva a suo nome tramite sia il sito internet dell’agenzia immobiliare, che inserzioni (pagate da lei) sulle varie piattaforme online. Così facendo veniva contattata da potenziali clienti e trasmetteva i loro dati direttamente al proprietario dell’immobile, «alfine di permettergli di perfezionare il contratto di locazione, talvolta allestito da lei stessa». Infine, «fatturava all’agenzia immobiliare una provvigione per il lavoro svolto che corrisponde a circa il 90% della fattura finale».
Quel contratto di mediazione
L’impianto difensivo si è basato anche su una presa di posizione dell’Autorità di vigilanza relativa ai contratti di mediazione. Nello specifico, «aveva confermato che una collaborazione di questo tipo tra l’imputata e la titolare dell’agenzia immobiliare nell’ambito della compravendita era possibile perché la figura della "segnalatrice" è tollerata dalla prassi», ha spiegato Cimen. In buona sostanza, secondo la difesa «dal momento in cui sussiste un contratto di mediazione con una fiduciaria autorizzata, non può essere ritenuta colpevole». La sentenza della giudice Petra Vanoni è attesa per venerdì prossimo.