Lugano

La Fondazione Bally lascia Villa Heleneum: c'è il nodo dell'affitto

Per la sede di Castagnola la fondazione della maison di Caslano ha un contratto da 150mila franchi annuali, oltre alle spese di gestione, fino al 2026 - Lunedì l'incontro tra la direzione di Bally e il Municipio
©Gabriele Putzu
Mattia Sacchi
29.11.2024 22:00

Era il 12 novembre 2022 quando la Fondazione Bally festeggiava il suo insediamento a Villa Heleneum. Una cerimonia suggestiva e sfarzosa, che ha visto la presenza delle più importanti autorità del mondo politico e culturale ticinese. Sono passati solo due anni, ma sembra un’eternità. Nei giorni scorsi sono infatti arrivate le lettere di licenziamento al personale della fondazione della maison svizzera. Tra i destinatari anche Vittoria Matarrese, la direttrice che appena un mese fa era stata selezionata da Artcube come una delle più importanti personalità nel mondo dell’arte contemporanea. Un riconoscimento che rende ancora più inaspettato questo amaro epilogo.

La data ufficiale della chiusura della Fondazione Bally sarà il 15 gennaio, al termine di Arcadia, l’esibizione in corso dedicata alla trasformazione, naturalistica e culturale, di Lugano durante la prima metà del secolo scorso. Un mese e mezzo al termine di una vicenda che tuttavia ha ancora molti nodi da sciogliere.

Su tutti, il piano sociale per tutelare i dipendenti licenziati, che dovrebbero essere 3 a tempo pieno oltre a una decina di collaboratori a tempo parziale. Personale che, in quanto sotto la Fondazione Bally e non Bally, rischia di ricevere un trattamento peggiore rispetto ai 65 colleghi licenziati dalla stessa azienda di Caslano lo scorso 15 novembre. Una trattativa che sarà condotta non dai sindacati bensì da un avvocato privato, con l’OCST che tuttavia, interpellato dal Corriere, ha voluto esprimere la propria solidarietà ai lavoratori e la preoccupazione per la situazione all’interno della maison di moda svizzera che non si può escludere possa ulteriormente peggiorare.

Contattata al proposito, Bally non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul proprio stato di salute e sulla chiusura della propria fondazione. Se non sarà con i media, la nuova proprietà (il fondo americano Regent LP ha acquisito il marchio svizzero lo scorso agosto) non potrà sottrarsi a dei chiarimenti con il Municipio nell’incontro previsto lunedì prossimo. Un incontro a cui non è dato sapere se parteciperà pure Ennio Fontana, il general manager che ha preso il posto di Nicholas Girotto lo scorso 24 ottobre. Di certo ci sarà Roberto Badaracco, capo dicastero cultura che ha sempre sostenuto il progetto culturale della Fondazione.

«Neanche noi abbiamo ricevuto una comunicazione ufficiale in merito. Ma, se dovesse essere confermata, questa sarebbe la notizia peggiore che potessimo aspettarci. Con il cambiamento di proprietà e di CEO era stato evidente un cambiamento di rotta, ma speravamo nella volontà di mantenere una realtà che aveva portato grande visibilità e prestigio sia a Bally stessa che alla città. Questo scollamento dal territorio è una grave perdita per tutti, ma aspettiamo di incontrare i rappresentanti di Bally prima di capire come muoverci».

E c’è da credere che il Municipio rivendicherà gli accordi presi al momento della selezione fatta nel 2021, al termine di un lungo iter e di un bando privato non privo di polemiche e discussioni, anche all’interno del consiglio comunale cittadino. La Fondazione Bally ha infatti un contratto di affitto fino al 2026 da 150mila franchi annui, con tanto di costi di gestione del complesso.

Giusto per la cronaca, rinnovabile per altri due lustri, per quanto dubitiamo fortemente che quella del rinnovo sia oggi un’ipotesi realistica. È invero molto più probabile che l’esecutivo luganese si muova al più presto per trovare un nuovo inquilino, evitando che la prestigiosa villa rimanga un’altra volta disabitata per lunghi anni, come successo a cavallo tra il 2016 e il 2022.

Potrebbe esserci però una soluzione pronta, proprio da chi è stato ospite a Heleneum per 27 anni. Il Museo delle Culture sarebbe disposto a riproporre un’esposizione d’arte giapponese. Non esattamente la collezione Montgomery, al centro del progetto scartato nel bando privato del 2021, ma molto simile. «Abbiamo già perso un’opportunità e anni di lavoro una volta, non possiamo permetterci di ripetere lo stesso errore – commenta Francesco Paolo Campione, direttore del Musec -. In pochissimo tempo potremmo essere pronti a presentare un’altra collezione di enorme prestigio, che sarebbe perfettamente coerente con la storia e la vocazione cosmopolita di Villa Heleneum. Lugano avrebbe così una finestra sull’Oriente di enorme valore».

Rimane da capire se questo valore sarebbe anche economico, visto l’importante affitto pagato dalla Fondazione Bally che aveva inevitabilmente condizionato la selezione finale. E che adesso spinge il Municipio a proporre un bando pubblico piuttosto che uno privato.

«Ho già chiesto un appuntamento all’esecutivo per proporre questo progetto, che potrebbe interessare anche sponsor e finanziatori – ribadisce Campione -. Tuttavia non dobbiamo dimenticarci che il profitto più grande che una sede come quella di Heleneum può e deve offrire è quello culturale. Visti i tempi, ne abbiamo tutti davvero bisogno».

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