Sanità

La formazione in ortopedia

Al servizio dell’EOC un riconoscimento che premia il lavoro di programmazione: «Negli ultimi 30 anni la nostra professione si è trasformata profondamente»
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Prisca Dindo
21.01.2024 20:00

«Lo sport è tutta salute, soprattutto per il traumatologo» scherza il dottor Paolo Gaffurini. Una battuta certo, ma come tutte le battute contiene un fondo di verità e lo specialista lo sa bene. Lui è il direttore medico del Servizio di Ortopedia e Traumatologia dell’EOC, l’Ente ospedaliero cantonale, e di casi legati a fratture e lussazioni ne vede passare. Il Servizio, che di recente si è aggiudicato un A1, il massimo riconoscimento ottenibile in Svizzera come centro di formazione, si occupa di tutti i traumi agli arti che riguardano gli adulti, come pure delle loro patologie degenerative. «Per i pazienti più piccoli ci sono gli specialisti dell’Ipsi, l’istituto pediatrico della svizzera italiana», puntualizza il direttore, sottolineando la collaborazione comunque esistente tra i due Servizi.

Occhio a monopattini e bici elettriche

Da una parte ci sono gli interventi d’urgenza. Pazienti con traumi a braccia, mani, gambe anche e piedi che giungono dai Pronto Soccorso. Ricoveri causati da cadute in casa o lungo strade e sentieri; da infortuni sul lavoro o nei giardini, da incidenti stradali e incidenti sportivi che, al di là delle battute, impegnano molto gli specialisti di traumatologia.

Secondo il recente barometro della sicurezza dell’Upi, in Svizzera sempre più persone si infortunano in modo grave praticando un’attività sportiva. Ultimamente si è aggiunta una nuova casistica di incidenti: quella legata alle biciclette elettriche e ai monopattini. «Se a finire a terra è una persona in forma, il rischio di farsi del male è minore, ma se si tratta di uno dei tanti sportivi della domenica la musica cambia e in peggio - spiega il direttore - anche se la forma fisica conta poco quando è il destino a giocare contro le vittime degli incidenti stradali».

Il lavoro dell’ortopedico

Accanto alle urgenze, il Servizio si occupa delle patologie legate all’usura sia degli arti sia delle protesi impiantate nel passato e, più in generale, all’invecchiamento. Problemi ortopedici che provocano dolori a una grande fetta della popolazione. Tra i pazienti ci sono anche anziani, per i quali una caduta può trasformarsi in un dramma. «Per questo all’interno degli ospedali dell’Ente collaboriamo con i geriatri proprio per la presa a carico di questi pazienti particolarmente delicati».

In 30 anni c’è stata una vera rivoluzione

Molto è cambiato negli ultimi 30 anni in questa branca della medicina. «L’approccio diagnostico, terapeutico e chirurgico è molto diverso rispetto ad una volta» - racconta Gaffurini. Lo specialista porta l’esempio dell’impianto di una protesi dell’anca. « Oggi il paziente si alza lo stesso giorno dell’intervento e resta massimo cinque giorni in ospedale; un tempo stava in ballo almeno tre settimane ».

Anche la tecnica chirurgica ha fatto passi da gigante, grazie soprattutto alla chirurgia mini-invasiva, una procedura innovativa che può aiutare a ridurre il dolore e il tempo di recupero.

«C’è poi una diversa presa a carico del paziente basata sull’evidenza scientifica- dice il direttore del Servizio dell’EOC - prendiamo l’esempio del menisco: trent’anni fa, in caso di sospetta rottura, si interveniva e lo si asportava, senza pensarci due volte. Oggi la letteratura dice che il 60% dei menischi si possono non operare e che basterebbe fare un trattamento di tipo conservativo».

Un lavoro di squadra incentrato sul paziente

Più in generale, anche l’approccio dell’EOC sul fronte dell’ortopedia e traumatologia ha conosciuto una grande evoluzione. Grazie alla recente riorganizzazione, che ha portato i servizi dei quattro ospedali regionali ad essere un servizio unico, oggi si ragiona diversamente.

I casi dei pazienti sono discussi da unità operative, team di specialisti che si assumano la responsabilità delle loro decisioni. «Non come prima che tutti facevano tutto - puntalizza Gaffurini - ogni mattina, sette giorni su sette e per trecentosessantacinque giorni all’anno i nostri specialisti si riuniscono e discutono di tutti i casi per avere un approccio unico e ciò fa davvero la differenza; dietro le quinte c’è un lavoro di squadra che il paziente non vede ma che è fondamentale». Non solo: per ogni specifica regione anatomica c’è un team: anca-bacino, piede-caviglia, ginocchio, spalla-gomito, mano «così come prevede il modello organizzativo e operativo che oggi caratterizza i migliori centri di ortopedia e traumatologia nazionali e internazionali ».

È stata proprio questa riorganizzazione ed il grande lavoro di team coordinato dal dottor Christian Candrian, responsabile scientifico e della formazione nonché professore all’USI, a giocare un ruolo importante nel prestigioso riconoscimento attribuito di recente al Servizio di ortopedia e traumatologia dell’EOC. «Invece di suggerirci miglioramenti come spesso succede in queste occasioni, ci hanno fatto i complimenti dicendoci che siamo un esempio per tutti gli altri centri A1 del paese; una bella soddisfazione che ci sprona ad andare avanti fiduciosi».

Il massimo riconoscimento per la formazione

«Siamo uno dei nove ospedali svizzeri che possono vantare il massimo riconoscimento per la formazione degli assistenti medici in ortopedia e traumatologia, e questo significa molto, per i nostri pazienti, per la sanità ticinese, per noi. Significa che vengono certificati al massimo livello svizzero gli alti standard di qualità del nostro lavoro».

Non nasconde la propria soddisfazione il Prof. Christian Candrian, Responsabile scientifico del Servizio di Ortopedia e Traumatologia EOC e Primario di specialità presso l’Ospedale Regionale di Lugano. Anche perché, quella decretata dall’Istituto Svizzero della Formazione dell’FMH, è stata una promozione a pieni voti. In Svizzera ci sono solo nove centri che rientrano in questa categoria.

La prestigiosa certificazione di qualità è stata ottenuta dopo un percorso molto impegnativo. «È stata anche valutata - sottolinea il Prof. Candrian - la qualità del lavoro di ricerca che viene svolto e che il nostro Servizio porta avanti nel doppio impegno in ambito clinico e traslazionale, quest’ultimo presso l’IRB, l’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona».

La collaborazione con l’IRB

Da una parte i ricercatori del Servizio di Ortopedia e di Traumatologia dell’EOC cercano di ricreare nei laboratori dell’IRB tessuti delle articolazioni per poi trapiantarli. Dall’altra effettuano ricerca introducendo approcci terapeutici particolari effettuati direttamente all’Ospedale Regionale di Lugano.

Il riconoscimento come centro di formazione A1 è il risultato del grande lavoro di unione e di riorganizzazione dell’ortopedia e della traumatologia EOC, spiegano gli specialisti dell’Ente. Un percorso incominciato nel 2021 con la definizione del Servizio di Ortopedia e Traumatologia EOC. Attraverso la costituzione di tale Servizio sono stati messi in rete i servizi dei quattro principali ospedali regionali, che ora hanno una conduzione unitaria affidata a un Direttore medico (vedi articolo a lato).

«Oggi più collaborazione»

Se in passato l’organizzazione del Servizio all’interno dei singoli ospedali comportava che ogni specialista potesse occuparsi di tutta la casistica ortopedica e traumatologica a prescindere dalle sue più specifiche competenze, oggi - in particolare per i casi complessi - la nuova organizzazione per team trasversali e coordinati consente di affrontare ogni caso con la certezza di mettere in campo, per quella specifica problematica, la migliore strategia terapeutica e il chirurgo con la migliore competenza. «Ora lavoriamo in modo univoco, con una maggiore collaborazione tra gli ospedali - spiega Candrian - senza parlare dei casi più complessi, che oggi vengono seguiti soltanto dal capo del nostro team dedicato al distretto corporeo dell’arto danneggiato».

Insomma, una vera rivoluzione pensata per il bene del paziente.

C’è un’altra questione importante: i punti di accesso al Servizio non sono cambiati, resta cioè la garanzia di prossimità della presa in carico, per cui il paziente accede dall’ospedale di riferimento del territorio in cui vive. Il caso verrà discusso in modo collegiale e affidato al chirurgo che dispone della specializzazione necessaria per quel tipo di intervento e in quel distretto corporeo. Una modalità di approccio, questa, che per la chirurgia ortopedica elettiva come anche per la traumatologia (pensiamo alla protesi dell’anca, per esempio, o del ginocchio, o della spalla) è ora prassi consolidata anche in EOC come in altri centri ortopedici riconosciuti a livello nazionale e internazionale.