La fuga dalla polizia (con sparo) vale un anno di carcere

Quanto avvenuto tra le vie di Chiasso e Balerna, nella notte tra il 20 e il 21 agosto dello scorso anno, poteva tranquillamente sembrare la scena di un film: un’auto rubata in fuga, l’inseguimento della polizia, lo speronamento dell’automobile, un colpo di pistola esploso. Ingredienti classici per un lungometraggio stile Fast&Furious.
Di finto, però, quella notte non c’è stato nulla. E così, l’uomo alla guida della Fiat rubata è comparso questa mattina davanti alla Corte delle assise correzionali di Mendrisio presieduta dal giudice Marco Villa. Si tratta di un 56.enne sedicente cittadino libico che all’epoca dei fatti soggiornava al Centro federale d’asilo di Chiasso. Quella sera, sotto l’influsso di alcol e dopo aver sottratto un’automobile insieme a un compagno di scorribande, ha avviato una vera e propria fuga dalla polizia, forzando due posti di blocco e resistendo ai tentativi di speronamento attuati dalle forze dell’ordine. Durante questi concitati attimi un agente ha anche esploso un colpo di pistola per cercare di fermare il fuggitivo (l’altro occupante se l’era precedentemente data a gambe, ma è stato individuato pochi giorni dopo ed è già stato raggiunto da un decreto d’accusa). Il grave episodio di quella notte è stato preceduto da altri reati – come ad esempio l’aver sottratto 4.000 franchi da un’altra auto, l’essersi introdotto nello stabile della Fondazione del Parco delle Gole della Breggia, l’aver tentato di rubare una bicicletta elettrica – per cui oggi la procuratrice pubblica Marisa Alfier non ha potuto fare altro che presentare il conto: ripetuto furto (in parte tentato), ripetuto danneggiamento, violazione di domicilio, furto d’uso, guida in stato d’inattitudine, grave infrazione alle norme della circolazione e impedimento di atti dell’autorità. Queste azioni sono valse all’uomo, difeso dall’avvocato Nicola Corti, una condanna a un anno di carcere, a una pena pecuniaria, a una multa e all’espulsione dalla Svizzera per 3 anni.
«Non sappiamo chi sia»
L’uomo, reo confesso, in aula ha ancora una volta ammesso tutto. Tranne la propria identità. L’imputato, senza documenti, si è sempre dichiarato cittadino libico. Questo sebbene le ricerche effettuate dalla Corte abbiano portato a scoprire che l’uomo, in realtà, potesse essere di origine algerina. Difficile, ad ogni modo, ricostruire il percorso di vita dell’uomo. Quel che è certo è che prima della sua entrata in Svizzera ha vissuto in Francia. Nazione con la quale ha già dovuto fare i conti con la giustizia essendo stato condannato a 8 mesi sospesi per furto («mi hanno trovato in una casa a dormire, poi mi hanno accusato di furto»). Poi, come detto, l’arrivo in Svizzera, la richiesta d’asilo (nel frattempo negata) e la notte in fuga dalla polizia balzata agli onori della cronaca. La procuratrice pubblica Marisa Alfier, sulla scorta delle ammissioni dell’imputato e delle risultanze dell’inchiesta, ha chiesto nei confronti dell’56.enne una pena di un anno interamente da espiare (l’imputato è in carcere dal 21 agosto 2020, dal 28 ottobre in espiazione anticipata della pena) e l’espulsione dal territorio per 3 anni.
Durante l’arringa, per contro, l’avvocato Nicola Corti ha avanzato la richiesta di una riduzione della pena, sebbene «la richiesta dell’accusa appaia comunque corretta e adeguata. Cerchiamo di essere clementi – ha aggiunto – e offriamogli la possibilità, altrove, di prendere in mano le redini della sua vita». La Corte, come detto, ha fatto sostanzialmente sua la tesi accusatoria. «La pena è tutta da espiare – ha sentenziato il giudice Villa – perché la prognosi è negativa: siamo di fronte a un cittadino di cui non sappiamo le generalità, che ha precedenti; un uomo che vive d’espedienti o comunque nell’illegalità». Infine, ha ravvisato, l’imputato «ha commesso in Svizzera reati che non vanno certo banalizzati».